Antonio Massari, il Fatto Quotidiano 30/1/2014, 30 gennaio 2014
«HO DORMITO CON CHIODI, MA L’ADULTERIO NON È REATO»
«Non mi dimetto». Può sembrare paradossale, ma non sono le parole del governatore dell’Abruzzo Gianni Chiodi, bensì della donna che, nel marzo 2011, dormì con lui, nella stanza 114 dell’hotel Del Sole di Roma. Quel conto fu pagato con soldi pubblici. Due mesi dopo – come ricostruito nei giorni scorsi dal Fatto Quotidiano – la signora fu nominata, su indicazione della giunta Chiodi, nell’organismo regionale sulle Pari Opportunità. Il presidente Chiodi – dopo aver minacciato querele – ieri ha integralmente confermato al Corriere della Sera la ricostruzione della nostra inchiesta giornalistica: «È stato un errore, ma non ho favorito la sua nomina, chiedo scusa alla mia famiglia». E – mentre la procura inizia i primi interrogatori convocando i consiglieri regionali Costantini e Verì, che ieri hanno esposto le loro tesi difensive – il M5s chiede le dimissioni di Chiodi. Per ora in totale solitudine. La commissione Pari Opportunità vuole, invece, la testa della signora. Soltanto la sua. Il Fatto Quotidiano – garantendo il suo anonimato – l’ha intervistata.
L’organismo regionale di parità – composto solo da donne – chiede le sue dimissioni ma non quelle del governatore Chiodi. Che ne pensa?
«È singolare che chiedano soltanto le mie dimissioni: come mai non chiedono anche quelle del governatore? Faccio sommessamente osservare che sono coinvolta – e a questo punto vittima – in una situazione che, per quanto riguarda me, non comporta alcuna responsabilità penale. Vorrei ricordare che l’adulterio non è più considerato reato e per le considerazioni morali rispondo solo alla mia coscienza e alla mia famiglia. Però mi rendo conto della cultura che ancora domina in questo Paese. E di come, purtroppo, le donne siano nemiche delle donne, ossequiose del potere maschile: ciò accade anche tra coloro che dovrebbero aver compreso interamente il ruolo, le funzioni e le competenze che sono chiamate a svolgere come membri di organismi di parità».
Qui non si discute dell’adulterio, però, ma delle ombre sulla sua nomina. Si dimette?
«No».
Per la sua nomina è stata aiutata da Chiodi?
«Assolutamente no. Non ne avevo alcun bisogno. La selezione è avvenuta pubblicamente vagliando i titoli e i curricula delle candidate. Una commissione esterna ha selezionato una rosa, che poi è stata rimessa alla giunta regionale, per la valutazione, quindi inviata al ministero per la nomina. Nessuna delle mie concorrenti poteva vantare, tra i titoli, un insegnamento universitario nella disciplina delle pari opportunità. Che avessi più titoli è un fatto dimostrato e dimostrabile. E nessuna ha presentato ricorso».
La notte trascorsa con il governatore getta un’ombra sulla sua nomina. Questo però è incontestabile.
«Nessuna ombra: né per la mia nomina, né per il lavoro svolto, perché non ho avuto facilitazioni personali e non sono stati facilitati i miei progetti. Ho sempre agito in piena autonomia, come il mio ruolo richiede, prendendo anche decisioni scomode per la giunta, provando a recuperare il ritardo, in Abruzzo, rispetto agli obiettivi che ci pone la comunità europea in temi di pari opportunità».
Quindi non si dimette.
«No. Stiamo finalmente portando a termine un progetto che ci ha impegnati per un anno intero: una rete attiva su tutto il territorio, che tuteli le potenziali donne vittime di violenza domestica, riuscendo a salvarle prima che si giunga a una tragedia. Fermarmi adesso sarebbe assurdo. Quando avrò realizzato quest’obiettivo – quando potrò dire: ‘ecco, questa sono io’ – potrò anche decidere di cambiare mestiere».
Quanto guadagna?
«Di certo non mi arricchisco: la mia è indennità è di 180 euro lordi al mese. Ai quali vanno aggiunti, di volta in volta, 30 euro come gettone di presenza per le eventuali riunioni in commissione. Fino al 2011 l’indennità era di 360 euro, quando sono arrivata s’è dimezzata e queste cifre, da sole, sono sufficienti a dimostrare che non v’è paragone tra quanto mi pagano e l’impegno necessario».
La commissione chiede soltanto le sue dimissioni. E Chiodi definisce quella notte insieme come un “errore”. Sembra che alla fine debba pagare solo lei. O no?
«Che definisca il nostro incontro come un errore non m’importa. Comprendo la sua situazione personale. Ho una sensibilità che mi consente di guardare oltre».
Le sembra corretto addebitare il conto di quella notte alle casse regionali?
«Non è concepibile che questa spesa sia stata rimborsata con soldi pubblici: non può e non deve essere così. Nel caso in cui quest’ipotesi venisse confermata, se anche riguardasse un solo centesimo, andrebbe immediatamente restituito alle casse della Regione. Però le assicuro che resto sorpresa: conosco Chiodi come una persona onesta e corretta, non so cosa sia avvenuto, posso soltanto pensare che si sia trattato di un errore. Sono stata sua ospite all’hotel Del Sole di Roma, ma non sono certa che si tratti proprio di quella data, sto verificando tra i miei documenti perché intendo essere precisa se e quando la magistratura intenderà convocarmi».