Pierangelo Molinaro, La Gazzetta dello Sport 30/1/2014, 30 gennaio 2014
«VADO FORTE? MERITO DEL MOTOCROSS»
I 45.000 spettatori di Schladming l’hanno applaudito calorosamente, anche se aveva appena beffato due austriaci, consci che questo allampanato norvegese non avesse corso martedì sera la gara della vita, ma solo la prima pagina di una storia che si annuncia lunga. Perché Henrik Kristoffersen, sembra una predestinato. Non scia come gli altri, ha una rapidità straordinaria e fra le porte un’indipendenza di gambe che ricorda tanto un suo predecessore, Ole Christian Furuseth, avversario di Tomba. Ma la sua arma vincente sembra la testa, quell’aria volitiva di chi vede solo l’obiettivo senza tanti fronzoli.
Fucilata Martedì era secondo alle spalle dell’austriaco Matt alla fine della prima manche. Esordio con il primissimo gruppo di merito e subito una fucilata. Ma è stata la sua seconda manche a spaventare tutti, dopo che Hirscher e Neureuther avevano dato vita a un duello bellissimo a un livello nettamente superiore a quello degli avversari che li avevano preceduti. Austriaco avanti di un centesimo di secondo sul tedesco, ma ecco Kristoffersen: pareva indietro nelle prime porte, invece nel finale ha innestato una marcia incredibile e ha rifilato 18/100 a Hirscher e 19 a Neureuther. Dopo di lui Mario Matt, davanti a tali prestazioni è andato in fuorigiri e ha inforcato alla terza porta. Lui, Henrik non è andato fuorigiri. «E perché? — afferma quasi stupito — se ce l’avevano fatta loro potevo farcela anch’io». Capito il ragazzino?
Rampante Kristoffersen comunque non è stato affatto una sorpresa. In questa sua prima stagione a tempo pieno in Coppa del Mondo, in slalom si è già piazzato secondo a Kitzbuehel venerdì, terzo in novembre a Levi e terzo ancora nel gigante di Adelboden. Sarà l’uomo nuovo dell’Olimpiade? «Ai Giochi non ci penso, devo solo concentrarmi per sciare bene. Se poi la merito una medaglia arriva». Tutto normale. Diciannove anni, il mondo dello sci ha cominciato a conoscerlo nel gennaio 2012 quando ai Mondiali juniores di Roccaraso (Aq) vinse l’oro del gigante, l’argento dello slalom e della combinata. Henrick non viene da una famiglia ricca, papà Lars è allenatore della squadra femminile norvegese di Coppa Europa ed è stato il suo primo maestro. Vive a Lillestroem, a due chilometri dalla casa di Svindal a metà strada fra Oslo e l’aeroporto internazionale di Gardenmoen.
Fondamentali «Con papà siamo molto uniti e mi ha dato molto. Soprattutto nello sci mi ha dato i fondamentali, facendomi sciare con ogni tipo di neve e in ogni condizione sulle colline dietro a casa. Quando non sono con la squadra non uso le porte, solo tanto sci libero per allenare la sensibilità. Ma ho un consigliere speciale, un amico di papà, Andre Kjetil Aamodt. Non mi dice come devo sciare, a quello pensano gli allenatori, ma cosa devo pensare quando sono sugli sci. Sì, un allenatore della testa. Kjetil non è di molte parole, ma tutte importanti. Dite che sono un freddo? Se in pista ti emozioni è meglio che gli sci li lasci a casa», afferma Henrik ridendo di gusto. Se chiedete a Kristoffersen di descriversi, si prenderà qualche secondo per raccogliere i pensieri. Poi riaccende il sorriso, illumina gli occhi e dirà: «Ecco, forse sono un mezzo pigro. Non sugli sci, ma mi piace stare a casa, leggere libri, guardare la tv. Beh, un hobby ce l’ho, in estate, il motocross. A papà quella moto non andava giù, abbiamo discusso, ma gli ho detto: “Che paura hai che mi faccia male, questa paura non ti viene quando parto in una discesa... Poi ha capito che il motocross mi serve anche per lo sci. Perché è un modo straordinario per allenare l’equilibrio, per “sentire” il proprio corpo e il proprio mezzo quando sei nel vuoto. Ho un fratellino di 16 anni, vorrebbe provare pure lui, ma mi sembra che non abbia ancora la forza per domare la moto. Sì, d’inverno con il ghiaccio la moto la devo lasciare in garage, ma non vedo l’ora che torni la bella stagione. Intanto mi godo questa sulla neve».