Vittorio Zucconi, la Repubblica 30/1/2014, 30 gennaio 2014
JOHN, IL PIZZAIOLO MADE IN ITALY CHE RIVOLUZIONA LE PAGHE D’AMERICA
WASHINGTON
SU UN tappeto magico di pasta, mozzarella e pommarola, John Soranno è volato da una pizzeria di Milano agli onori del discorso sullo Stato dell’Unione in diretta a reti unificate. Non è un genio come Fermi e non è Faggin, il creatore del primo microprocessore.
HA AUMENTATO a 10 dollari l’ora il salario iniziale dei suoi pizzaioli e a 100 mila all’anno lo stipendio dei manager nella sua catena di 30 pizzerie in Minnesota. Li ha portati a quel livello minimo di retribuzione, 10,10 dollari che Obama imporrà a chi ha appalti governativi e che vorrebbe, e difficilmente otterrà, dal Parlamento, per tutti.
Ma la storia di questo alto e robusto signore di 52 anni, che torreggiava orgoglioso tra gli applausi dei dignitari sopra il minuscolo e intimidito pizzaiolo a 10 dollari l’ora che si era tirato dietro per l’occasione non è la solita ballata dell’emigrato italiano con la valigia di cartone e la cazzuola. La sua fortuna di bambino nato in America da genitori italiani è nel trasferimento a Milano per seguire il padre nel 1970. Nei nove anni vissuti nella città lombarda, John William Soranno jr scoprì la vera pizza, quella, ricorda, «con le bolle nella crosta, il profumo del forno e il pomodoro che sapeva di pomodoro», senza oscene variazioni con pezzi di ananas e bacon canadese, banditi oggi dai suoi locali. Come la facevano “Da Gino”.
Quando tornò nelle “Città Gemelle” del Minnesota lavorando dopo l’università per la compagnia aerea Northwest che a Minneapolis aveva sede, scoprì con raccapriccio che in quel grande nord le pizze di Gino non esistevano e che il suo avvenire di impiegato in un alveare aziendale gli era insopportabile. La nostalgia incrociò la vita di un altro profugo fuggito dal posto fisso, Jim Puckett, proprietario della catena di caffetterie “Caribou Coffee”, che condivideva la sua passione. Jim vendette i suoi caffè, volò, insieme con Soranno a Napoli per impadronirsi dei segreti della napoletana doc e al ritorno, con 50 mila dollari loro e un piccolo prestito aprirono il primo “Punch Pizza”. «Per fortuna John non insistette per qualche esotico nome italiano» dice Jim. «Punch Pizza suona bene, è un’allitterazione facile » e “Punch” per loro è “Pullecenè”, la maschera che adorna le pareti degli ormai trenta locali, affogati nel suono dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore.
La sua, nella amara ironia di un piccolo imprenditore italiano che deve andare nello stato più freddo degli Usa per poter aumentare salari e stipendi, è il paradigma di quello che Obama vorrebbe per tutto il Paese. Più reddito per chi lavora, dunque più consumi, Ma l’eccezionalità dell’italiano che volò in America sopra una pizza non è nel successo di una PMI, di una piccola impresa di 300 dipendenti. Ci sono 27 milioni e 500 mila imprese negli Stati Uniti, delle quali soltanto 18 mila hanno più di 500 impiegati. La forza dell’economia americana è dunque nelle medio piccole, come la catena delle pizze di Pulcinella dove il segreto del successo è la riproduzione autentica della “napoletana” e nella velocità dei servizio: 90 secondi per sfornarle.
La forza è nel metabolismo economico feroce ma vivo che vede 550 mila PMI morire ogni anno e 650 mila nascere nel 2013 spesso con finanziamenti famigliari, risparmi di genitori, collette fra amici e, raramente, prestiti e investimenti di rischio. Soranno e Pucket non trovarono sostenitori e investitori privati, dovettero usare i propri soldi e rischiare. Un rischio che oggi li ha portati ad avere 300 dipendenti e a scoprire una verità che il business, asfissiato dalle richieste di ridurre costi e personale per soddisfare i modelli della Borsa e della trimestrale, spesso ignora: per avere successo, è necessaria la qualità dell’offerta, e per la qualità dell’offerta è indispensabile mantenere al lavoro il personale esperto, che la qualità sa fornire.
La fortuna di “Big John”, del pizzettaro milionario, è la stessa che ha reso ricche due madri di famiglia che in California tagliano e cuciono in casa nastri per capelli che riuscirono a far indossare a Jenifer Aniston, incontrata per casa dal parrucchiere. Quella di George Vlagos, figlio di un ciabattino greco di Chicago che si è messo a fare scarpe su misura e oggi è milionario, dei due laureati in Business a New York che consegnano a casa “dim sum”, gli antipasti cinesi partiti con un furgone usato, di Erin Baker che, fedele al “nomen omen” (baker è il fornaio) sforna dolci e paste andando contro ogni corrente igienista e salutista.
Quattro anni or sono, nel discorso sullo Stato dell’Unione del 2011, Obama invitò ed elogiò una piccola imprenditrice di Chicago che aveva resistito e non aveva licenziato nessuno, pur accumulando debiti. Oggi, Obama beatifica il contrario, un piccolo imprenditore che non soltanto non licenzia, ma aumenta i salari, tra le note di una “Luna Rossa” divenuta per lui, e per i suoi pizzaioli, la Luna Verde dei dollari.