Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 30 Giovedì calendario

MACCHÉ SUORE NEGATE AL VOLANTE ORA ALLA GUIDA FANNO MIRACOLI


Papa Francesco starà già scaldando la cornetta: «Brave sorelle, ho saputo che vi siete fatte onore. No, non in convento... Al corso organizza­to dall’Aci. La telefonata è finita, guidate in pace!». Sessanta suore (accompagna­te anche da preti, seminaristi, dia­coni e religiosi vari) dopo aver ri­cevuto la chiamata dal Signore, confidano ora in una chiamata del Pontefice argentino che tutto sa e tutto vede. Figuriamoci se Bergoglio non è al corrente del fatto che un gregge delle sue pe­corelle è stato nominato dall’Au­tomibile Club d’Italia «Amba­sciatore della sicurezza strada­le ». Una benedizione per una ca­tegoria- quella degli ecclesiastici - vittima di nefaste credenze mai codificate dal Codice della stra­da ma ben radicate nel laico mon­do degli automobilisti. Negli an­ni ’60 chi avesse mai incrociato in autostrada una Pritz verde gui­data da una monaca o da un pre­te, avrebbe certo fatto più scon­giuri­che se gli fosse stata attraver­sata la carreggiata da un gatto ne­ro; idem per la vecchia Fiat 600 fa­miliare (l’auto per la suora mo­derna che «non deve chiedere, mai!») di cui nei conventi si face­vano largo uso a causa degli im­precisati posti a sedere che con­sentivano trasferimenti di mas­sa per pellegrinaggi e messe fuo­ri porta. Oggi le cose sono cam­biate: di Prinz e Fiat 600 familiare non se ne vedono più, ma i religio­si continua­no a essere parte inte­grante della nostra motorizzazio­ne civile. Beh, civile si fa per dire, considerato che le liti tra automo­bilisti fanno più vittime di una guerra mondiale. Anche per sve­lenire questo clima di odio tra utenti della strada l’Aci ha pensa­to di invitare studenti e professo­ri dell’Università Pontificia Sale­siana di Roma, provenienti da 13 Paesi, presso il Centro Aci-Sara di Vallelunga. Obiettivo: un cor­so di guida sicura per i religiosi stranieri che guidano nel nostro Paese. I quali - questo almeno l’auspicio dell’Aci-«diffonderan­no in famiglia e nelle comunità nazionali il valore del rispetto del Codice delle strada».
Ma come se la sono cavata i cor­sisti provenienti da Egitto, Co­lombia India, Slovenia, Congo, Nigeria, Messico, Ecuador, An­gola, Haiti, Ciad, Romania e Polo­nia? Nella classifica - modello Giochi senza frontiere­i santi uo­mini e l­e sante donne hanno rag­giunto una sostanziale parità, an­che se- spiegano gli istruttori- le femmine si sono rivelate bravissi­me «nella fase di frenatura»,men­tre i maschi sono apparsi più a lo­ro agio nell’«evitare ostacoli im­previsti ». Ascanio Rozera, segretario ge­nerale dell’Automobile Club d’Italia alza gli occhi al cielo e, a mani giunte,afferma:«L’Aci si de­dica da sempre alle tematiche della mobilità e della sicurezza stradale, ma in questo corso non ci siamo limitati solo a parlare di regole, statistiche e comporta­menti- Abbiamo cercato di anda­re in profondità, di esaminare ed approfondire i valori come il ri­spetto della vita nelle sue varie de­clinazioni, ma anche l’integrazio­ne, la famiglia e l’amicizia».
Il progetto si basa sul fatto che gli stranieri rischiano il doppio sulle strade del nostro Paese, do­ve il 6,4% degli automobilisti ita­liani è coinvolto in un incidente all’anno mentre per gli stranieri la percentuale sale fino al 13,5%. Se argentini, francesi e tedeschi superano di poco la media italia­na, tunisini, ucraini, romeni, ma­rocchini e moldavi sono esposti a maggiori pericoli; i più a ri­schio? Egiziani, peruviani, alba­nesi e cinesi.
Per ognuno torna valido il con­siglio della mamma: «Prima di at­traversare, guardare bene a de­stra e a sinistra...»; monache e preti appena diventati «Amba­sciatori della sicurezza stradale» aggiungono: «...e farsi il segno della croce».
Basterà per salvare l’anima, ma- soprattutto - il corpo?