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 2014  gennaio 30 Giovedì calendario

ECCO LE IMPOSTE CHE PERDEREMO


Il gruppo sorto dalla fusione tra il Lingotto e il colosso di Detroit avrà sede legale in Olanda, ad Amsterdam, e la residenza fiscale a Londra. Un modello già sperimentato con Cnh Industrial (trattori, camion, scavatrici).
Da Torino, come già avevano fatto per l’altra azienda, assicurano che il gruppo continuerà, come è ovvio, a pagare le tasse nei Paesi dove opera (per esempio, ciò che deve allo Stato per gli stabilimenti). Ma il trasferimento nella capitale britannica godrà di significativi vantaggi fiscali. Un esempio? Il pagamento dei dividendi, la cui tassazione è decisamente inferiore nel Regno Unito. Fra le tante regole di favore anche il fatto che per le cedole non esiste la ritenuta alla fonte. Vuol dire che il loro valore potrà essere compensato con altre perdite azzerando o riducendo l’imposta. Ma non solo: tutto ciò che Londra potrà tassare grazie allo spostamento della residenza fiscale di Fiat, sarà soggetto a un tax rate (il carico fiscale complessivo) pari al 23%, che diventerà il 21% nel corso del 2014 e il 20% nel 2015. E in Italia? Da noi è del 31,4% (Ires al 27,5% + Irap intorno al 3,9% di media). Per inciso, al Fisco italiano Fiat ha dato 536 milioni di euro, un conteggio dal quale è escluso l’esborso Irap.
Con la sede legale in Olanda, Fiat potrà adottare un sistema che assegna un diritto di voto doppio ai soci stabili: di fatto l’operazione serve ad agevolare il mantenimento del controllo da parte della cassaforte Exor, la holding della famiglia Agnelli, che detiene una quota di Fiat poco superiore al 30 per cento. Insomma senza sborsare un centesimo la dinastia sarà al sicuro da eventuali scalate ostili.
Fiat spiega: «Il sistema ha come obiettivo quello di facilitare la costituzione di una base azionaria stabile e di premiare gli azionisti a lungo termine, fornendo contemporaneamente al gruppo una maggiore flessibilità nel perseguire opportunità strategiche». Infine le novità dal fronte azionario: Fiat chiederà la quotazione a New York, mentre a Milano resterà una quotazione secondaria.
Enrico Letta invece di annunciare interventi urgenti per rendere la legislazione italiana competitiva con quella di Paesi avanzati come Gran Bretagna, Olanda e Stati Uniti, si limita ad un battimano di circostanza: «Fiat Chrysler è un attore globale e credo che la questione della sede legale sia secondaria: contano i posti di lavoro, il numero di auto vendute, la competitività e la globalità». Secondo Letta la cosa importante è la capacità di «un grande marchio italiano di essere attore globale». È la stessa posizione del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. «Sembra che si siano messe insieme due aziende che si adattano molto bene l’una all’altra».
L’unica perplessa è, come al solito Susanna Camusso perché un gruppo come Fiat decide di andare a pagare le tasse in un altro Paese «facendo un’operazione anche qui di impoverimento ». Nemmeno il sindacato, così come la politica, che faccia uno sforzo per convincere, con adeguate riforme, Marchionne a restare.