Mario Deaglio, La Stampa 29/1/2014, 29 gennaio 2014
EUROPA IN CERCA DI PRODUTTIVIT
Tre dispacci di agenzia che si sono quasi incrociati negli ultimi giorni danno un’idea delle difficoltà di fondo dell’Italia e dell’Europa.
Il primo è l’annuncio da parte della multinazionale svedese Electrolux, uno dei grandi nel settore mondiale degli elettrodomestici, di un drastico piano di riduzioni salariali e di aumento della flessibilità del lavoro nei suoi stabilimenti italiani. Poche ore più tardi, a Washington, la Casa Bianca faceva trapelare alcune anticipazioni del discorso sullo Stato dell’Unione, che il presidente Obama ha pronunciato ieri sera. La principale riguarda un sensibile aumento del salario minimo negli Stati Uniti da 7,25 a 10,10 dollari l’ora, che ridurrebbe di un terzo il numero delle famiglie povere. Per superare le resistenze parlamentari, Obama potrebbe emanare un «ordine esecutivo» ossia imporre subito questo minimo a tutti i fornitori dell’amministrazione pubblica.
Sulla riva occidentale dell’Atlantico, quindi, si progetta di aumentare i salari mentre sulla riva orientale molto spesso i salari vengono ridotti: quello dell’Electrolux non è certo il primo caso di sensibili riduzioni salariali, realizzate spesso con contratti di solidarietà. Una terza notizia è però arrivata in quella concitata serata, e cioè l’annuncio della multinazionale coreana Samsung, riportato da «La Stampa» di ieri, del lancio di una nuova serie di elettrodomestici «intelligenti». Se dovessero davvero mantenere le promesse, le nuovi lavatrici e i nuovi televisori sarebbero una generazione avanti a quelli prodotti da europei e americani. Sulle rive di un altro oceano, qualcuno minaccia così di spiazzare un settore industriale che ha rappresentato uno dei pilastri dei miracoli economici europei. E non lo fa abbassando i salari, in relativa crescita in tutta l’Asia, ma a suon di innovazioni e di nuove tecnologie, ossia come facevamo noi ai tempi belli.
Se le innovazioni della Samsung sono credibili – come lo sono state molte volte nel recente passato - la riduzione del costo del lavoro richiesta dall’Electrolux potrebbe quindi salvare i posti di lavoro solo per un periodo di tempo relativamente limitato: non basta rendere più flessibile il lavoro e ridurne il costo per far crescere l’occupazione così come, in un’economia globale di mercato, non basta mandare la sinistra al potere per risolvere i problemi dell’occupazione. Ieri sera il presidente francese, François Hollande, ha ammesso di non essere riuscito a mantenere la promessa di far scendere la disoccupazione in Francia nel 2013. In molti settori che producono beni di consumo, gli europei stanno rapidamente perdendo la capacità di innovare, come dimostrano gli insuccessi recenti della finlandese Nokia e il successo (ancora una volta) della coreana Samsung nei telefoni cellulari
Perché il presidente degli Stati Uniti può permettersi di aumentare i salari minimi mentre il presidente Hollande (e non solo lui) vede aumentare la disoccupazione? La risposta sta in una sola parola: produttività. Obama può oggi lanciare un segnale forte di aumento salariale precisamente perché la produttività del lavoro nell’economia americana è significativamente aumentata durante la crisi. Attraverso salari più elevati, l’America potrà far crescere la domanda interna (e ottenere una maggiore equità nella distribuzione dei redditi) e ridurre la semplice stampa di moneta sulla quale si è insistito fin troppo, con scarsi risultati. Al contrario, la semplice crescita dei salari nelle più ingessate economie europee, tra le quali si colloca quella italiana, porterebbe soprattutto a inflazione e perdita di quote di mercato.
Per provare a «fare gli americani», gli europei, e soprattutto i francesi e gli italiani, dovrebbero domandarsi perché in Europa la produttività del lavoro aumenta così poco, e troverebbero una perversa molteplicità di cause. Si va dalla riluttanza del sindacato a cedere terreno su conquiste del passato alla riluttanza delle banche a concedere credito a imprese in situazioni finanziarie dubbie; per continuare con i tempi lunghissimi delle burocrazie che frenano i nuovi investimenti e della giustizia civile che talvolta può render quasi impossibile il recupero dei crediti commerciali; e per finire con il cuneo fiscale troppo grande e con il carico fiscale troppo alto che tendono a frenare i consumi. Altri anelli di questa catena infernale riguardano, soprattutto in Italia, l’inefficienza di molte infrastrutture, la scarsità dell’istruzione professionale e dell’istruzione degli adulti, una rarità nel nostro paese, mentre altrove è un fatto normale della vita.
Ciascuno degli anelli di per sé appare spesso ragionevole, addirittura inevitabile. Non si può, però, affrontare un anello per volta senza ottenere soluzioni ancora peggiori di quelle attuali. Per questo motivo chiunque si trovi a governare deve prendere in considerazione non solo singole azioni mirate ma, più in generale, un sistema coordinato di interventi che non può non estendersi anche ad altri aspetti dell’attività di governo. I cittadini-elettori dovrebbero aver diritto a vedersi proporre programmi di governo; troppo spesso al posto dei programmi ci sono soltanto istanze confuse. Così non si sfruttano i piccoli rimbalzi congiunturali, come l’attuale. E l’economia, non adeguatamente sostenuta e indirizzata, recupera qualche colpo ma perde il proprio futuro.
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