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 2014  gennaio 29 Mercoledì calendario

GRAN BRETAGNA LOCOMOTIVA D’EUROPA

«And the winner is... il Regno Unito!». L’immaginaria gara disputata dai grandi partner dell’Unione per la palma da attribuire al miglior tasso di crescita l’ha vinta Londra, a mani basse. Il sospetto s’è fatto ieri matematica certezza con il comunicato dell’ufficio nazionale di statistica (Ons) che ha fissato in più 1,9 per cento, la progressione dell’economia del Regno nel 2013, la più alta dal 2007 ad oggi. Nessun Paese dell’Unione può vantare una performance che un anno fa gli economisti inglesi neppure immaginavano. La Gran Bretagna pareva afflitta da dinamiche recessive lente da risolvere per un Paese deciso a correggere il disavanzo pubblico con una gigantesca manovra sul lato della spesa. Tanta austerità non è bastata per frenare la ripresa, sulla scia di consumi interni in espansione e un boom immobiliare largamente maturato a Londra, locomotiva di un Paese che per il resto ha capacità assai più modeste. A quota 1,9%, l’Ons è arrivata ipotizzando con ragionevole certezza che l’ultimo trimestre del 2013 si sia chiuso a più 0,7%, appena al di sotto del consenso degli analisti che avevano indicato 0,8. La mini-frenata è da attribuire al cattivo tempo che ha pesato sulle costruzioni (meno 0,3), settore capace di contribuire per almeno l’8% al pil di Sua Maestà. Fetta significativa, ma nulla a che vedere con i servizi che rappresentano l’80% dell’economia. La crescita è stata, in questo caso, dello 0,8% mentre il manifatturiero è progredito dello 0,7.
«Tutto ciò conferma - ha commentato il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne - che il nostro piano di lungo periodo sta funzionando. Il lavoro non è finito e abbandonare oggi la strada intrapresa comporta grandi rischi». In altre parole non si allarga la borsa, i tagli alla spesa pubblica continueranno secondo un mantra da cui, il governo di David Cameron, non ha mai deviato. Le prospettive per il 2014 sono altrettanto buone. Lo suggeriscono gli analisti delle maggiori banche, lo dice anche il Fondo monetario che ha corretto al rialzo le sue previsioni immaginando un più 2,4% che era, fino a poco tempo fa, solo la stima di Goldman Sachs.
Chi non è del tutto convinta di una dinamica tanto virtuosa è la Banca d’Inghilterra che ha dovuto smentire sè stessa rinunciando ad alzare i tassi nonostante siano state centrate entrambe le condizioni che aveva posto nella forward guidance, ovvero la comunicazione ai mercati sulle intenzioni dell’istituto centrale. L’inflazione è al target del 2%, la disoccupazione è al 7,1% a ridosso di quel 7% che la BoE, nell’agosto scorso, aveva immaginato di poter raggiungere solo a fine 2015.
La caduta così rapida del tasso di persone senza lavoro non ha origini del tutto chiaro, mentre per il governatore della Banca d’Inghilterra la produttività debole resta elemento sufficiente per non cambiare le scelte di politica monetaria. Mark Carney è stato ancor più esplicito dicendo che tassi bassi sono destinati ad essere un elemento più presente del passato nel quadro economico del Regno. E tanto è bastato per ridare fiducia ai britannici convinti come mai prima d’ora di essere usciti dal tunnel della crisi.