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 2014  gennaio 29 Mercoledì calendario

SQUALI L’AUSTRALIA VA A CACCIA DELL’ULTIMO PREDATORE


È finita così, a pistolettate. Lui era in trappola, loro gli hanno sparato a sangue freddo e poi hanno buttato il cadavere al largo, in pasto ai pesci. Lo accusavano — lui e quelli come lui — di aver ucciso sette persone in tre anni, da quelle parti. Per questo il governo dell’Australia Occidentale ha detto basta, e il parlamento federale ha autorizzato la mattanza: tutti gli squali più lunghi di tre metri che si avvicineranno alla costa verranno sistematicamente sterminati.
Il primo era uno squalo Tigre appena più grande della taglia minima. Lunedì aveva abboccato all’amo appeso a un pallone rosso al largo di Old Dunsborough, nel sud dello Stato. Uno dei molti che le autorità hanno disseminato a un chilometro dalla costa davanti alle spiagge più frequentate.
Un pescatore commerciale autorizzato dal programma Bait and kill, prendilo all’amo e uccidilo, ha eseguito la condanna a morte. «Quando vicino ai bagnanti hai squali lunghi tre, quattro o cinque metri di specie conosciute da sempre come aggressive, il pericolo è imminente», dice il premier dell’Australia Occidentale, Colin Barnett, sostenendo che il Bait and kill non fa altro che rispettare il volere di Dio: «Mette l’uomo al centro. Non mi fa certo piacere vedere uccidere gli squali, ma ho una responsabilità più importante verso la nostra gente».
Il guaio, però, è che l’ultimo sondaggio effettuato da Umr e citato dai quotidiani locali dice che l’82 per cento degli australiani non è affatto d’accordo con lui. Oltretutto, la taglia del governo è stata messa su tre specie in particolare: oltre allo squalo Tigre ci sono il Toro e il Bianco, il pesce-cane per eccellenza, quello straordinario e terribile predatore che rischia l’estinzione. Una decisione che ha scatenato gli animalisti di mezzo mondo, ma che non ha impedito agli abitanti di Perth e dintorni di mettere in atto lo sterminio.
Nel 2013, in tutto il mondo gli uomini uccisi da squali sono stati 16, meno di metà degli americani uccisi ogni anno da un cane. È abbastanza per giustificare un abbattimento seriale? In tutto l’anno e in tutto il mondo ci sono stati 118 attacchi con 87 feriti, mentre più di quattro milioni di americani sono stati morsicati da un cane e in 31 sono finiti all’altro mondo. Perché, dunque, questa dichiarazione di guerra allo squalo?
Se lo domandano gli animalisti di ogni latitudine, aggiungendo dubbi sull’efficacia degli abbattimenti invisi agli stessi australiani. Secondo il sondaggio già citato, 83 australiani su cento non hanno cambiato affatto le abitudini in mare: continuano imperterriti a surfare, nuotare e divertirsi tra le onde dell’Oceano. I più spaventati sono i cittadini, ma solo 15 su cento sono d’accordo a uccidere gli squali invece di proteggere le spiagge più battute con i metodi tradizionali, come le reti al largo. Senza arrivare, magari, ai livelli di James Grant, il ragazzo neozelandese che ieri ha preso a coltellate lo squalo che gli stava azzannando una gamba, si è cucito la ferita profonda cinque centimetri con i kit di pronto soccorso ed è andato a farsi una birra al pub.
Se non finissero braccati da un pescatore di taglie, gli squali bianchi camperebbero 70 anni. Ma gli animalisti infuriati crescono, premono e manifestano. Tra i più accaniti c’è la mamma di Kyle Burden: aveva 21 anni, quando uno squalo bianco gli rubò la vita.