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 2014  gennaio 29 Mercoledì calendario

LA TELA DI RENZI PER L’ULTIMO SÌ “QUESTA LA MIGLIOR RIFORMA POSSIBILE COSÌ MAI PIÙ LE LARGHE INTESE”


ROMA — Due telefonate con Berlusconi — la prima lunedì notte, la seconda ieri mattina — e l’accordo ha bisogno solo dell’ultimo imprimatur. Ognuno cede e guadagna qualcosa. Grazie anche al pressing di Napolitano, Forza Italia molla sulla soglia del 35 per cento: bisognerà arrivare almeno al 37 per cento per ottenere un premio del 15%. In ogni caso nessuno potrà avere più del 55 per cento dei seggi, per evitarlo il premio si riduce all’aumentare dei voti della coalizione vincente. In cambio Berlusconi ottiene di tenere alte le soglie di sbarramento contro i partiti più piccoli: al 5 per cento per chi si coalizza, 8 per cento per chi tenterà l’avventura in solitario. E per uccidere nella culla ogni ipotesi di federazione di centro, ci sarà anche un ulteriore sbarramento del 12 per cento per le coalizioni di partiti. Se ne rende subito conto Pier Ferdinando Casini, appena appresi i dettagli dell’intesa: «Con questa legge - confida ai dirigenti del suo partito - si blocca il terzo polo e il progetto di rifondazione della Dc. O di qua o di là e noi dovremo scegliere».
La Lega invece è salva grazie a una norma ad hoc che premia le formazioni regionali. Così come è salvo Angelino Alfano, che premeva per potersi candidare in più circoscrizioni (saranno al massimo cinque) per poi optare per
una. Questo è l’impianto finale dell’Italicum e i collegi — come pretendeva la minoranza democratica e Ncd — saranno ridisegnati dal governo, con 60 giorni di tempo. Le preferenze? Non pervenute, sotto sotto nessuno dei due contraenti del patto le voleva.
Con l’aiuto di Gianni Letta e Denis Verdini — a cui anche il renziano Dario Nardella riconosce di essersi trasformato in una «colomba » — l’uomo di Arcore è pronto a dire sì. E in nessuna occasione, né nell’incontro alla sede del Pd, né nelle due telefonate con Renzi, ha mai chiesto le elezioni anticipate («Brunetta sbagliato a chiederle») o preteso contropartite sulla giustizia. Se sarà questa la storia da raccontare sulla legge elettorale che avrà cambiato l’Italia, bisognerà fissare il 28 gennaio come il punto d’arrivo della trattativa. Perché Renzi pensa davvero di aver portato a casa il risultato. «Che potevo fare di più? Abbiamo ottenuto — ha spiegato ai fedelissimi del Pd — persino il ballottaggio, una nostra richiesta storica, mentre negli anni scorsi il partito avrebbe accettato lo spagnolo. E comunque non ha mai ottenuto nulla. Se qualcuno dei nostri avesse portato a casa il ballottaggio gli avremmo fatto la “Ola”! Mi accusano di aver riportato in gioco Berlusconi... ma la verità è che lui dal gioco non è mai uscito».
L’ultima mano di poker tra i due campioni del tavolo verde si è giocata sul premio di maggioranza. Berlusconi fino all’ultimo si era inchiodato alla soglia del 35 per cento. Poi, con l’intervento del Quirinale e i ragionamenti di Gianni Letta, ha accettato di salire. Non fino a quel 40 per cento auspicato da molti costituzionalisti, l’asticella si è fermata infatti al 37 per cento. Del resto Napolitano aveva fatto sapere a tutti i leader impegnati nell’intesa di non ritenere accettabile un premio di maggioranza superiore al 15 per cento. Una soglia invalicabile, visto che la legge dovrebbe comunque passare un primo screening di costituzionalità da parte del Quirinale per poter essere promulgata. L’attuale premio, è la valutazione a caldo che filtra dal Colle, sarebbe invece «ragionevole». Niente da fare al contrario per il “barrage” al quattro per cento: Renzi ha insistito ma il Cavaliere non si è schiodato, vuole la fine dei partitini, a partire dal nuovo centrodestra.
Con tutte le cautele del caso, visto che uno dei contraenti è quello stesso Berlusconi che fece illudere D’Alema sulla Bicamerale e poi si sfilò in una notte, il segretario del Pd inizia a crederci davvero. Tanto da aver iniziato già a ricucire le spaccature interne al suo partito. Con Bersani anzitutto, che avrebbe spinto i suoi a non opporsi più di tanto, dando così una mano al giovane leader. Anche il capogruppo Roberto Speranza è stato coinvolto nella stretta finale. «Io ho voluto coinvolgere tutti i nostri - ha osservato Renzi con i suoi - senza mettere le dita negli occhi a chi non la pensava come noi». Certo, le vecchie liturgie del Pd, i caminetti, gli incontri al Nazareno tra i capicorrente, le mediazioni, sono stati spazzati via. Anzi, nel giorno della chiusura dell’accordo, quello più difficile, Renzi se ne è scappato via da Roma per andare a inaugurare una pista ciclabile a Firenze, proprio per mantenere una distanza anche fisica dai vertici e dalle riunioni. Nella serata decisiva, la soddisfazione al Nazareno è palpabile e filtra dalle parole con cui il leader si congeda dai suoi collaboratori:
«Magari non è l’accordo migliore, non è la legge ideale che avrebbe firmato il Pd. Ma l’abbiamo fatta in 15 giorni e, se verrà approvata, anche all’estero ora passerà l’idea che l’Italia è riformabile. E soprattutto avremo detto addio per sempre alle larghe intese».
Il Pd si impegna intanto farà da solo le primarie per la scelta dei parlamentari, compilerà le liste con l’alternanza uomo-donna, non farà candidare nessuno, nemmeno il segretario, in più collegi. E guai a chi si azzarda a notare una somiglianza troppo forte tra l’Italicum è il vecchio Porcellum: «È solo in malafede», sbotta Renzi.