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 2014  gennaio 29 Mercoledì calendario

«IO E QUELLA RAGAZZA, UNA DEBOLEZZA»


Lo dice con la voce rotta e le lacrime agli occhi: «È stata una debolezza. Ho già parlato con mia moglie e con la più grande delle mie tre figlie, di 22 anni. Confido nella loro comprensione». Il governatore dell’Abruzzo Gianni Chiodi, 52 anni, pdl, ora dovrà raccontarla ai pm la sua verità. Spiegare che il 15 marzo 2011 dormì in hotel a Roma con una ragazza ma poi non l’ha favorita al concorso, da lei vinto, per un incarico pubblico alle Pari Opportunità regionali.
«È stato un errore. Ho già parlato con mia moglie Daniela e con la più grande delle mie tre figlie, Eleonora, che ha 22 anni e studia a Roma. Ci ho già parlato e ci riparlerò, confido nella loro comprensione e alla fine, malgrado tutto, spero di tenere unita almeno la mia famiglia. Poi, dopo l’incontro che avrò coi magistrati, parlerò chiaro anche ai cittadini...».
Mai visto Gianni Chiodi così. Il Governatore della Regione Abruzzo, 52 anni, sta soffrendo, la voce gli si incrina un paio di volte durante la nostra conversazione, citerà Terenzio («Homo sum, humani nihil a me alienum», nulla di ciò che è umano mi è estraneo) e poi anche Gandhi («Non bisogna aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia»), cercando conforto nella letteratura e così preparandosi all’interrogatorio del 4 febbraio prossimo davanti ai pm Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio, a Pescara, dov’è accusato insieme con altri 24, tra consiglieri e assessori, di truffa, peculato e falso nell’ambito dell’indagine sui rimborsi spese della Regione Abruzzo.
La «debolezza» del Governatore, spuntata dalle carte dell’inchiesta pescarese, risale alla notte del 15 marzo 2011, un soggiorno all’albergo Del Sole, a Roma, vicino al Pantheon, stanza 114, in compagnia di una donna che non era sua moglie e che due mesi dopo — attenzione — vedrà preferito il suo curriculum a quello di altre 22 concorrenti e otterrà così un incarico pubblico quadriennale alle Pari Opportunità regionali, con tanto di nomina del ministero del Lavoro. Insomma, è forte il sospetto che l’interesse privato, personale di Chiodi, abbia sconfinato in modo pesante nella sfera pubblica. E per questo motivo, siamo andati a chiedergliene conto direttamente a casa sua, a Teramo, dov’è stato sindaco dal 2003 al 2008 e dove vive, in un bel palazzotto, con le figlie e la moglie Daniela, che però sta di sopra e per tutto il colloquio non si vedrà mai comparire.
«Ho fatto un errore, lo ripeto, una cosa che è finita lì, ma ora provo pure una grande amarezza — si sfoga finalmente Gianni Chiodi —. Perché qui mi si vuol far passare per uno che ha fatto la cresta alle spese, che ha chiesto rimborsi che non gli spettavano e che si è approfittato in tutti i modi del suo ruolo pubblico, del suo potere. Ebbene, io qui lo posso dire, senza tema di smentite, che quello di cui si parla non era un concorso pubblico e che quella persona, che oggi prende 200 euro al mese per il suo incarico, 200 euro ho detto, io non l’ho mai favorita. Il suo curriculum, piuttosto, fu valutato da una commissione regionale di cui facevano parte pure i sindacati, dico la Cgil, capito?, cioè voi immaginate che io possa andare dalla Cgil a chiedere di favorire una persona...».
Chiodi è un fiume in piena, sembra vivere quest’intervista quasi come un lavacro, in vista delle prove dure che l’aspettano, specie in famiglia: «E nemmeno lei — continua il Governatore — la donna che ha dormito con me nella stanza 114 e che per rispetto adesso vorrei tenere fuori, mi ha mai chiesto niente, mai un aiuto, una protezione... Una relazione personale, di tre anni fa, sottolineo, che diventa pura macelleria, ecco quello che mi amareggia: famiglie massacrate, carriere esposte al pubblico ludibrio. E questo per un puro obiettivo politico, io lo so, perché il 25 maggio in Abruzzo si vota ed è chiaro che qualcuno mi vuole far fuori. Ma non s’illudano i miei nemici, saranno gli elettori a dirmi, quel giorno, se dovrò andar via...».
Chiodi è anche pronto a documentare il suo racconto, dice che la stanza d’albergo la pagò lui stesso in contanti (340 euro) e che poi presentò — come sempre — al suo ufficio in Regione la fattura per il rimborso, «ma il foglietto era chiaro — puntualizza il Governatore — indicava che la camera era stata occupata da due persone, perciò non so se la cosa sia sfuggita all’ufficio regionale o alla Ragioneria, stiamo ricostruendo, toccava a loro decurtare dal rimborso la spesa sostenuta per l’ospite».
Più in generale, però, fa davvero impressione questa brutta storia di assessori del centrodestra indagati, l’assessore al Turismo (Mauro Di Dalmazio), alla Salute (Nazario Pagano), all’Agricoltura (Mauro Febbo), il vicepresidente del Consiglio Alfredo Castiglione, quest’elenco di alberghi a cinque stelle, voli transoceanici, mogli, amanti e spese pazze sempre con la carta di credito regionale. Una storia dai tratti pure boccacceschi, se si pensa a quell’ex assessore talmente obnubilato dal sesso che arrivò a contrattualizzare la sua segretaria, chiedendole per iscritto di onorare quattro volte al mese il patto del talamo dietro lauto compenso (è l’accusa che pende su Luigi De Fanis). «No, vedrete, questa storia si sgonfierà come le altre — scommette però Mauro Febbo, assessore all’Agricoltura —. Non siamo mica una Giunta di mandrilli, anche se oggi, a Pescara, i colleghi mi prendevano in giro e mi dicevano: beato te che a casa non hai problemi, perché viaggiavi solo con tua moglie... Oh beninteso: le spese di mia moglie erano sempre a carico mio».
Il presidente Chiodi, però, non ha proprio voglia di scherzare: «Ho costruito tutta la mia vita politica sulla base della correttezza, del rigore, dell’attenzione ai conti — conclude amaro —. Ho dovuto combattere con lobby potentissime e antichissime per risanare la Sanità, abbattere il deficit di un miliardo di euro, tagliare i costi, abbassare le tasse regionali, limitare il budget per la rappresentanza, liquidare carrozzoni inutili, chiudere le comunità montane al livello del mare, eliminare 250 nomine di Cda, dimezzare le auto blu. Da solo, come commissario della Sanità e commissario per la ricostruzione del terremoto, ho gestito in questi anni 15 miliardi di euro. Uno stress tremendo. Una responsabilità enorme e un’assoluta solitudine nelle scelte che sicuramente pesò in quei giorni. Ma non mi posso fermare, ho un ruolo da svolgere. E, come Gandhi, ora provo a ballare sotto la pioggia».