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 2014  gennaio 28 Martedì calendario

Al primo incontro tra Electrolux e sindacati è subito tempesta. Tagli agli stipendi e, come se non bastasse, la prospettiva assai probabile della chiusura dello stabilimento di Porcia, in Friuli Venezia Giulia

Al primo incontro tra Electrolux e sindacati è subito tempesta. Tagli agli stipendi e, come se non bastasse, la prospettiva assai probabile della chiusura dello stabilimento di Porcia, in Friuli Venezia Giulia. La situazione è grave a tal punto che il governo, a lungo invocato in questa vicenda, potrebbe muoversi a brevissimo. A quanto si apprende, già domani potrebbe tenersi il tavolo al ministero dello Sviluppo Economico con il ministro Flavio Zanonato e i rappresentanti di azienda e lavoratori. Lavoratori frastornati da un bombardamento di cattive notizie. In sostanza il gruppo svedese degli elettrodomestici, sui quattro stabilimenti italiani, non vede più futuro per le lavatrici di Porcia. Marco Mondini, manager di Electrolux Italia, ai sindacalisti schierati all’hotel Quid di Mestre avrebbe detto senza giri di parole che il risultato dell’analisi su come garantire «competitività sostenibile» nella fabbrica friulana e generare «le migliori condizioni per attrarre futuri investimenti» per il cosiddetto «Project One» è «al momento insufficiente». Troppo alto il divario di costo tra Porcia e lo stabilimento di Olawa, in Polonia. Occorre risparmiare 30 euro a pezzo. Obiettivo irraggiungibile a Porcia. Ma necessario per competere con marchi come Samsung, Lg, perfino Bosch: nei grandi magazzini la differenza di prezzo è tutto. Quindi, o il costo scende, o «non oltre la fine di aprile» si deciderà il da farsi «tenendo conto degli eventuali nuovi contributi che dovessero essere posti al tavolo negoziale», inclusi eventuali interventi statali. Altrove, dove si producono lavastoviglie (Solaro, in provincia di Milano), fornelli e forni da incasso (Forlì) e frigoriferi (Susegana, in provincia di Treviso), c’è l’impegno a continuare, anzi a investire, di qui al 2017. Rispettivamente 40, 28 e 22,6 milioni di euro. Ma tutto ha un prezzo. E nell’ipotesi elaborata da Electrolux significa anzitutto un deciso taglio al costo ora lavorata, oggi pari a 24,45 euro: deve diminuire di 3 euro. Ecco dunque la sospensione di alcuni premi, dei pagamenti delle festività coincidenti con il sabato e la domenica, la riduzione al 50% dei permessi sindacali. Inoltre è previsto il congelamento degli scatti di anzianità e degli incrementi contrattuali per un triennio. Per tutti l’orario si riduce da 8 a 6 ore. Oggi è già così, con la solidarietà che colma per il 70% la retribuzione delle ore non lavorate. Al netto dei sussidi, qualcuno calcola una riduzione di stipendio da circa 1400 a 7-800 euro al mese. Electrolux smentisce tali cifre, «numeri ed evidenze - recita la sua nota - che possono fuorviare la serenità del confronto e generare inutili allarmi». Si sostiene che «il regime di sei ore assunto come base per tutti i piani industriali è da considerarsi con applicazione della solidarietà» come da accordi di cui il gruppo «auspica il prossimo rinnovo». L’impatto sul salario netto sarebbe dunque pari a circa l’8% al mese, pari a 130 euro in meno. Comunque il caos è assicurato, nonostante l’azienda assicuri «piena e ovvia apertura a considerare altre forme di riduzione del costo di lavoro con minori o, se possibile, nulle conseguenze sui salari». I sindacati preparano la battaglia. «Domani (oggi, ndr) terremo le assemblee, sono assai probabili gli scioperi negli stabilimenti», annuncia amaro Giovanni Piccinin, segretario generale della Fim-Cisl di Pordenone. Il governatore del Friuli, Debora Serracchiani, torna a chiedere l’intervento di Roma: «È inaccettabile - dice - che il governo assista inerte mentre accade quello che si temeva e che abbiamo denunciato. Per il Friuli Venezia Giulia la chiusura di Porcia è una prospettiva che non prendiamo in considerazione».