Vittorio Sabadin, La Stampa 25/1/2014, 25 gennaio 2014
IL SECOLO SCOMODO DELLA LINEA AEREA
Cento anni fa, nel gennaio del 1914, più di tremila persone si radunarono a St. Petersburg, in Florida, per assistere alla messa all’asta di un biglietto di viaggio. Se lo aggiudicò per 400 dollari Abram C. Pheil, l’ex sindaco della città, che divenne il primo passeggero della prima linea aerea regolare della storia, che collegava St. Petersburg a Tampa, dall’altra parte della baia.
A differenza dei passeggeri che oggi si ammassano nei carri bestiame dei voli low cost, Pheil ebbe il privilegio di viaggiare da solo. Si accomodò su una piccola panca di legno di fianco al pilota Tony Jannus, nella cabina dell’idrovolante biplano costruito con abete rosso e tela di lino da un certo Thomas Benoist di St. Louis. C’erano 34 chilometri da percorrere tra una riva e l’altra della baia: Pheil si tenne forte, Jannus spinse al massimo il motore e l’idrovolante si sollevò di qualche metro tra gli applausi e l’entusiasmo della folla.
Tutti capirono subito i vantaggi di quella prima, traballante linea area. Per andare da St. Petersburg a Tampa, nel 1914, ci volevano 2 ore in battello, tra 4 e 12 ore in ferrovia e circa 20 in automobile. Jannus ti poteva invece portare da una parte all’altra della baia in 23 minuti, se avevi abbastanza fegato da volare a 90 all’ora 15 metri sopra l’acqua. E i temerari non mancavano.
La compagnia trasportò in quattro mesi 1205 passeggeri da una parte all’altra, con due regolari voli al giorno, sei giorni alla settimana. Bisognava prenotare il biglietto. che costava 5 dollari, con largo anticipo e non ci furono mai incidenti di rilievo. Jannus lasciò la Florida in aprile, chiamato in Russia ad addestrare i piloti dello Zar. Scomparve nel 1916, a 27 anni, mentre volava sul Mar Nero e il suo corpo non venne mai ritrovato.
Nel ricordare i 100 anni del primo volo di linea passeggeri, il giornale di Londra «The Guardian» ha messo online un grafico con gli aerei passeggeri che in ogni momento sono oggi in volo nel mondo: un’impressionante ragnatela che quasi ricopre la terra e il mare. Ora che l’aereo è diventato un mezzo di trasporto sempre più comune e sempre più scomodo, rivangarne gli anni d’oro mette un po’ di nostalgia, perché è sicuro che non torneranno.
È vero che si vola più sicuri e più in fretta, ma nessun aereo ha mai avuto il fascino dei grandi, comodi idrovolanti transoceanici, come il Martin M-130 (il China Clipper), o il Boeing 314 (il Pacific Clipper), quelli che usava Indiana Jones per spostarsi e che solo a vederli fanno pensare all’avventura del viaggio e danno un brivido di emozione.
Il 1957 è stato l’anno in cui per la prima volta i passeggeri degli aerei hanno superato quelli dei transatlantici e sono stati gli Anni 50 e 60 i due decenni irripetibili che Ian Fleming battezzò quelli del jet-set. I giornali tenevano un fotografo fisso negli aeroporti perché da ogni aereo scendeva qualche personaggio: un giorno Richard Burton con Liz Taylor, un altro la Callas, un altro ancora Grace Kelly e il marito Ranieri di Monaco. Volavano con decine di valigie al seguito, fumavano a bordo mentre bevevano champagne o cocktail in comodi salottini dove sfogliavano riviste patinate, assistiti da impeccabili hostess.
C’è un bel film del 1954, «Prigionieri del cielo» di William Wellman, che mostra quanto fosse piacevole essere passeggeri di un aereo in quell’epoca: al check-in si veniva accolti da persone cordiali e sorridenti, che ti chiamavano per nome quando era il momento di imbarcarsi. Anche le hostess conoscevano il nome di ogni passeggero e a bordo del DC6 Douglas nel quale è girato il film c’erano attenzioni e comodi spazi per tutti.
Volare oggi, tra ritardi continui, sovrapprezzi nascosti, bagaglio sacrificato, hostess stressate, pasti di qualità scadente, perdita totale di identità tra centinaia di altre persone, fa persino invidiare un po’ Abram Pheil, seduto trepidante da solo a fianco del pilota sulla panca di legno, a guardare l’altra riva che velocemente si avvicinava.