Federico Varese, La Stampa 28/1/2014, 28 gennaio 2014
L’EFFETTO-CORRUZIONE DELLE PREFERENZE
Chi ha seguito la campagna elettorale dell’anno scorso sarà giunto alla conclusione che un problema gravissimo di quella tornata fosse il traffico di influenze. Quando ad esempio La Stampa suggerì una serie di proposte minime per ridurre il potere della criminalità organizzata nel Paese («Serve un’agenda contro le mafie», 5/2/2013), Piero Grasso, allora candidato del Pd e oggi presidente del Senato, rispose che il problema centrale era «il voto clientelare»: con 320 Comuni sciolti per infiltrazione mafiosa, un argine alla presenza della criminalità organizzata in politica può venire solo da regole di voto che eliminino una volte per tutte lo scambio corrotto tra politico e cittadino. Stupisce non poco che questo tipo di considerazioni sia del tutto assente nel dibattito di questi giorni. Quale occasione migliore se non l’introduzione di un nuovo sistema elettorale per ridurre corruzione politica e infiltrazioni mafiose?
La scelta di un sistema di voto piuttosto che un altro non è priva di conseguenze. Se si adotta il modello giusto, si può fare a meno di introdurre nuove e complesse norme sul traffico di influenze e fenomeni simili, spesso sfuggenti e difficili da definire. Nel corso degli ultimi trent’anni, gli studiosi del rapporto tra voto, corruzione e mafia hanno raggiunto conclusioni piuttosto robuste su quale sia il modo migliore per aumentare l’onesta dei nostri politici. In particolare i saggi di Mirian Golden (alcuni dei quali scritti con l’econometrico Lucio Picci dell’Università di Bologna) sono una guida indispensabile per chiunque voglia orientarsi in questa materia complessa. La Golden, che insegna all’università Ucla in California, studia da decenni il sistema politico italiano ed ha costruito delle banche di dati che le permettono di testare una serie di ipotesi in maniera quantitativa, attraverso regressioni multiple e simulazioni. Senza dubbio la corruzione ha molte cause, scrive la Golden, ma sistemi diversi la rendono più o meno diffusa. Un suo studio sulle preferenze raccolte dai candidati della Democrazia cristiana dal dopoguerra al 1993 e le richieste di autorizzazione a procedere, mostra che più aumenta la competizione intrapartitica, più aumenta la corruzione. Il sistema delle preferenze in vigore in Italia nel dopoguerra ha prodotto l’effetto paradossale di far crescere la competizione tra candidati dello stesso partito. Per vincere tale lotta fratricida, il politico aveva bisogno di raccogliere fondi per la sua campagna personale, costruirsi pacchetti di preferenze e promettere favori.
In un saggio del 2006 la Golden mostra inoltre come un fattore significativo per predire il livello di corruzione sia l’ampiezza dei collegi. Il peggiore dei sistemi possibili consiste in un proporzionale con le preferenze spalmato su colleghi elettorali grandi. In tale sistema gli eletti non sentono alcun legame col territorio e, per raggiungere i loro clienti, sono costretti a spendere ancora più risorse a causa della grandezza dei collegi. Chiaramente, le liste bloccate hanno altri svantaggi. Esse incoraggiano la fedeltà del candidato nei confronti del leader di partito, che controlla chi viene messo in lista. In teoria il leader dovrebbe aver a cuore la reputazione collettiva del partito, e quindi dovrebbe guardarsi dal candidare personaggi chiacchierati, ma sappiamo che questo non sempre avviene in Italia. Senza dubbio, il sistema migliore per ridurre corruzione e aumentare il senso di responsabilità degli eletti sono i collegi uninominali dove minoranze organizzate non possono determinare l’esito finale.
Vi è una lezione cruciale che si apprende dallo studio del rapporto tra mafia e politica. Per la criminalità organizzata, la democrazia è un mercato, nel quale i politici corrotti comprano il consenso, e le mafie sono in grado di venderlo. Il loro lavoro è molto facilitato quando i voti da raccogliere sono relativamente pochi, come appunto nel caso dei sistemi basati sulle preferenze. Infatti i piccoli comuni sono più a rischio di infiltrazioni mafiose, come ho mostrato nei miei studi.
Quali sono dunque le lezioni per l’oggi? Chi ha cuore l’integrità del sistema politico dovrebbe riflettere sul rischio che comporta introdurre di nuovo il sistema delle preferenze in un paese con partiti deboli e rissosi, i quali diventerebbero dei treni sui cui salire e scendere per farsi eleggere. Per una volta i nostri leader farebbero bene ad imparare la lezione della nostra storia recente.