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 2014  gennaio 28 Martedì calendario

DALLA IBERIA ALLA SIEMENS, I PRECEDENTI UE


GLI ESEMPI
ROMA Dalla lotta per le «35 ore» al taglio dei salari e all’aumento della produttività per mantenere il posto. In pochi anni la filosofia che dovrebbe governare il mercato del lavoro è cambiata radicalmente, in conseguenza di una crisi globale che ha scombinato sistemi e assetti consolidati. Ne stanno facendo le spese soprattutto le imprese europee, meno quelle nordamericane. A guidare la rivoluzione il sistema industriale tedesco dove le buste paga sono tra le più remunerate del mondo e gli orari tra i più bassi. Non è più possibile. Tutto è iniziato in Spagna nell’aprile del 2012 con il taglio del 20% degli stipendi dei piloti dell’Iberia che avrebbe dovuto produrre in risparmio di 62 milioni di euro e aumentare, nel contempo, la produttività del 25%. Ma è in Germania, con la Siemens, che questa logica si è consolidata ed è divenuta lo strumento fondamentale, imprescindibile, per mantenere i livelli occupazionali: il gruppo tedesco, tra giugno e settembre dello scorso anno, ha ottenuto in alcuni stabilimenti un aumento dell’orario di lavoro a 40 ore a parità di retribuzione e, in altri, ha annunciato una riduzione dei salari accompagnata da una chiara minaccia di delocalizzazione. Subito dopo è stata la Volkswagen a chiedere il congelamento degli stipendi per evitare il taglio di un terzo i posti di lavoro. Nel compromesso firmato dal gruppo di Wolfsburg e il sindacato Ig Metall, l’azienda si è impegnata a garantire gli organici per sette anni, ma le buste paga resteranno congelate per 28 mesi e gli straordinari rientreranno in un piano di flessibilità che ne ridurrà i costi. Un accordo giunto quasi in contemporanea con la richiesta formulata da General Motors che possiede la tedesca Opel, l’inglese Vauxall e la svedese Saab: riduzione prevista di 12.000 unità complessive, di cui 10.000 solo nel vecchio Continente. Altro che «35 ore», e addio allo slogan che, a metà degli anni Ottanta, predicava il «lavorare meno, lavorare tutti».
LO SCENARIO
Gli anni successivi hanno visto, invece, il lento ma progressivo logoramento degli stipendi. Peraltro avvenuto anche negli Usa dove però il mercato del lavoro è sicuramente più flessibile: la General Electric si è impegnata formalmente a sostenere il rilancio della produzione americana, ma nell’ultimo lustro ha chiuso 42 delle proprie fabbriche e centri di assistenza, cancellando 6.000 posti di lavoro. Starebbe, inoltre, mettendo a punto un piano di risanamento e rilancio che prevede, tra l’altro, la riduzione del 50% dei salari negli stabilimenti del Paese. In Italia sta prendendo corpo il «Modello Cartiere del Garda» che dovrebbe coinvolgere i circa cinquecento lavoratori di Aquafil, i quali sarebbero chiamatati ad affrontare non meglio precisati «sacrifici economici» in cambio del mantenimento dei livelli occupazionali.