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 2014  gennaio 28 Martedì calendario

PERISCOPIO


I segretari Pd che hanno preceduto Renzi erano vittime del compromesso permanente. Vittime cioè di una cogestione permanente per cui, chi vince, non vince mai del tutto e chi perde non perde mai del tutto. Il suicidio perfetto della leadership. Fabrizio Rondolino. Il Giornale.

«Vanitoso. Incapace di autocritica. Con una concezione di sé troppo alta. Prepotente. Umorale. Impulsivo. Rancoroso. Vendicativo». Sono i giudizi che i suoi avversari hanno distillato contro Renzi. Ma, in questo caso, queste sono le valutazioni che fece, ma su Bettino Craxi, Giampaolo Pansa, in un articolo del Corriere della Sera del 1976. Mattia Feltri. La Stampa.

Renzi è un arrogante. Vuol comandare e basta. Cuperlo. Ansa.

«È probabile», osserva Gianni De Michelis, «che Renzi abbia studiato Berlusconi e applicato a sé le inclinazioni più utili». L’uno e l’altro sanno stare in tv, sanno parlare alla gente, soprattutto sono due seduttori. Ma, mentre Berlusconi dice sì a tutti e non maltratta (quasi) nessuno, ma poi fa come gli pare, e in questo modo dimostra l’insofferenza per i pareri difformi dai suoi, Renzi non dice di sì a nessuno: a chi obietta o addirittura contesta, risponde con sarcasmo («Fassina, chi?») e tracontante (a Cuperlo, di colpo bramoso di preferenze dopo essere entrato nel Parlamento dei nominati, senza nemmeno passare dalle primarie). Mattia Feltri. La Stampa.

Renzi è qualunquista e indecente. Anna Finocchiaro, senatrice Pd. Adnkronos.

Serve la responsabilità civile dei magistrati: se uno sbaglia per dolo deve essere chiamato a rispondere. Silvio Scaglia (ex ad di Fastweb, ndr) è stato assolto nel processo che lo vedeva accusato di maxifrode fiscale. Peccato che nel frattempo abbia scontato un anno di carcerazione preventiva. E succede a tantissime persone. Serve una gigantesca riforma della giustizia! Discorso di Matteo Renzi alla Leopolda. Ansa.

Arrivò in piena Commissione bicamerale nel 1994, quando si abbozzò una riforma della giustizia, e fu distribuito a tutti noi un fax intestato all’Anm e sottoscritto da decine di magistrati, che ci intimava di non affrontare la riforma della giustizia in Bicamerale. E il tema della giustizia sparì subito. Marco Boato, ex deputato con Verdi e Ulivo. Panorama.

Occhio, Renzi, il sistema non si lascerà cambiare senza aver combattuto e, come al solito, si servirà della magistratura per fare a pezzi chi lo minaccia. Negli ultimi vent’anni la magistratura si è abituata a primeggiare sulla politica e non intende rinunciare al proprio primato. E infatti a Firenze è in corso da tempo un lavoro per trovare un qualche ossicino nascosto negli armadi di Renzi. Claudio Velardi. Nazione.

La verità è che noi, i politici, li sopravvalutiamo. Tutti. Pensiamo che dietro ogni loro parola, sguardo, scelta, proposta, ci sia dietro chissà chi e che cosa. Invece, il più delle volte, c’è il sottovuoto, del resto facilmente riscontrabile nei loro sguardi persi nel nulla. È il principale difetto delle tesi complottiste: sono sempre molto affascinanti perché ogni complotto inizia regolarmente alcuni secoli fa, mette d’accordo centinaia di persone che manco si conoscevano, infila nella sceneggiatura potentissime banche d’affari, logge massoniche, potentati occulti e criminali, servizi deviatissimi e, alla fine, tutto torna. Poi uno guarda in faccia Enrico Letta, Fassina, Angelino Jolie o l’ultimo acquisto, Toti, ma pure i tecnici tipo Fornero, Saccomanni o Cancellieri, e deve arrendersi a un’evidenza più prosaica: questi non li manda nessuno, nemmeno Picone: si mandano da soli e, quando non rubano, non sanno quello che fanno. Intendiamoci: non è un’attenuante, è un’aggravante visto che costoro hanno in mano le nostre vite e i nostri soldi. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.

In questo paese siamo tutti indagati: non c’è un amministratore che non abbia un avviso di garanzia. Chi non ce l’ha, è una chiavica. Vincenzo De Luca, sindaco Pd di Salerno. la Repubblica.

Le si ruppero le acque mentre col rampino stava facendo forza per cavare una barbabietola grossa, le si ruppero le acque con quella barbabietola da zucchero mezza dentro e mezza fuori proprio come il bambino e lei disse: «E che è?», e lasciò la barbabietola così col rampino ancora attaccato. «Scusate un attimo» disse, e attraversando il campo, andò verso la scolina, si sedette all’ombra di una pianta e sfornò mio zio Temistocle. Alle altre donne - che appena capìta la situazione si erano sparsa la voce e si erano fatte tutte attorno - disse: «Ah, un’altra volta resto a casa», e subito alzatasi voleva ritornare in mezzo al campo a cavare la sua bietola. Riuscirono a portarla a casa solo con la scusa di dover lavare il bambino. Antonio Pennacchi, Canale Mussolini. Mondadori.

Durante la guerra era stato maggiore dell’artiglieria, come lui stesso usava ricordare, e direttore di una centrale di tiro. «Il proietto», amava dire, «se tutto è stato calcolato bene, deve arrivare sull’obiettivo al primo colpo, senza tiri di aggiustamento o di approssimazione». Come ogni ispettore delle cancellerie giudiziarie, era stato, a sua volta, cancelliere in varie preture per dieci o quindici anni, ottenendo poi, per chissà quali meriti, il passaggio nel ruolo degli ispettori, dei quali ce n’erano, in tutt’Italia, a quei tempi, non più di quattro o cinque. Conosceva quindi tutti i servizi a menadito ed era esperto d’ogni astuzia o espediente al quale può ricorrere un funzionario per arrotondare lo stipendio o anche soltanto per scansar fatiche. Piero Chiara, Viva Miliavacca. Mondadori. 1982.

Io ho conosciuto Bombacci soltanto cadavere, quando penzolava accanto a quello di Mussolini, in piazzale Loreto, e una fila messicana lo bersagliava bestialmente di sputi. Compaesano e compagno di scuola di Mussolini, maestro elementare e autodidatta come lui, ne era stato il grande amico quando entrambi militavano nel socialismo. Eppoi suo nemico giurato, la bestia nera degli squadristi. Esule con la famiglia, prima in Francia, poi (credo) in Russia, rimpatria col permesso del Duce, si affida alla sua generosità. Per ricambiarla, gli resta al fianco anche a Salò, e lo accompagna fin nell’ultimo viaggio verso la morte. Che volete che vi dica? Sul piano ideologico, censuriamolo pure. Ma su quello umano, lo preferisco a Ferruccio Parri. Indro Montanelli, I conti con me stesso. Rizzoli.

Il parassita vive alle tue spalle accarezzandoti la nuca. Roberto Gervaso. Il Messaggero.