Luisa Leone, Milano Finanza 28/1/2014, 28 gennaio 2014
PONTE, CONTO DA 300 MLN PER LO STATO
Costerà caro l’addio al Ponte sullo Stretto di Messina, forse anche più caro di quanto immaginato finora. Il perché è presto detto: oltre alle penali da centinaia di milioni di euro pretese dai costruttori, al conto si potrebbe aggiungere anche quanto richiesto dalla società promotrice dell’opera, la Stretto di Messina.
Si tratta della spa pubblica costituita nel 1981 per occuparsi della realizzazione del Ponte, controllata dall’Anas e partecipata anche da Ferrovie dello Stato e dalle Regioni Calabria e Sicilia. Dopo la decisione di non realizzare più il collegamento sospeso sullo Stretto, la società è stata messa in liquidazione e come commissario liquidatore nella primavera del 2013 è stato nominato l’ex capo di gabinetto del ministero dell’Economia Vincenzo Fortunato. Ora, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, Stretto di Messina avrebbe avanzato al ministero delle Infrastrutture la richiesta di indennizzo per la caducazione dei contratti, così come previsto dall’articolo 34 della legge 221 del 2012, che ha stabilito appunto che l’opera non si sarebbe più costruita. E il conto ammonterebbe a più di 300 milioni di euro, cui andrebbe aggiunta una maggiorazione del 10%, come previsto appunto dalla legge 221/2012.
Al di là delle indiscrezioni di certo per ora c’è che nei documenti presentati all’assemblea per l’approvazione del piano di liquidazione si legge che «si ritiene pienamente recuperabile (realizzabile) il valore dei cespiti capitalizzati relativi all’investimento principale, per l’insorgere in capo a SdM di un diritto all’indennizzo a seguito della caducazione ex lege del rapporto concessorio». Un indennizzo che, da quanto sembrerebbe dalla lettura del piano presentato ai soci, non verrebbe comunque utilizzato per i rimborsi pretesi dal consorzio Eurolink (guidato da Impregilo), che ha promosso due giudizi contro Stretto di Messina, né per quelli richiesti dalle altre società con cui erano stati siglati dei contratti. Sempre nei documenti per l’assemblea dello scorso novembre si legge infatti che la Stretto di Messina non prevede di accantonare somme per gli eventuali indennizzi legati ai «rapporti pendenti di SdM», in quanto «si giudica che tali indennizzi debbano trovare tutti copertura nelle risorse pubbliche individuate dalla normativa stessa». Non è tutto. Il commissario liquidatore ha anche avviato una serie di iniziative per ottenere altre risorse: innanzitutto ha sollecitato il versamento di oltre 20 milioni di euro di crediti fiscali (vantati per anni tra il 2004 e il 2009) e di circa 20 milioni di contributi pubblici assegnati per la progettazione preliminare e non ancora erogati. Insomma, se si dovessero davvero pagare alla Stretto di Messina tutti questi denari e in più rimborsare le società di costruzione, l’addio all’opera potrebbe costare davvero caro; senza contare quanto già speso negli anni passati per arrivare fino alla stesura del progetto definitivo. D’altro canto, nella storia infinita del Ponte sullo Stretto gli interrogativi non riguardano solo quanto costerà l’avergli detto addio ma anche i tempi che saranno necessari per chiudere definitivamente la vicenda. Infatti, sebbene la legge che ha stabilito lo stop all’opera preveda che le attività di liquidazione di Stretto di Messina debbano durare un anno, nei documenti della società in liquidazione si legge che, pur essendo stato formalmente rispettato nelle previsioni, questo termine viene considerato «inadeguato».