Ugo Magri, La Stampa 25/1/2014, 25 gennaio 2014
IPOTESI DOPPIA PREFERENZA UN’IDEA PER “TENTARE” FORZA ITALIA
Basta spostare una virgola, o aggiungere un cavillo, perché qualcuno vinca e qualcun altro se ne vada a casa. Ecco spiegata l’attenzione (degna di miglior causa) con cui i partiti accompagnano la riforma elettorale. Qui di seguito, i punti bollenti del negoziato aggiornati alle ore 22 di ieri.
La pianta dei collegi
Va tutta ridisegnata per poter «calzare» il nuovo modello. Ma chi sarà il «calzolaio»? In passato aveva sempre provveduto il governo onde evitare un indegno tira-e-molla tra parlamentari, ciascuno interessato ad allargare o stringere il proprio collegio a seconda delle convenienze. Però stavolta Forza Italia s’è messa di traverso, nel timore che la pratica potesse finire in mano all’odiato Alfano (ministro dell’Interno), dal quale non si aspettano favori. Toni concitati in Commissione affari costituzionali. Alla fine, vittoria del presidente Sisto (Fi). Il quale ha estratto dal cilindro una bozza di ripartizione dei collegi ricavata dal vecchio «Mattarellum». È stata accolta come base di discussione; con il sottinteso che, se il Parlamento dovesse trasformarsi in un suk (immagine promettente della Bindi) allora tornerebbe in auge la delega al governo.
Preferenze oppure no
L’accordo Renzi-Berlusconi non prevede che i cittadini si esprimano sui candidati, ma solo su «listini» con 3-6 nomi da prendere o lasciare in blocco. Forte però è la spinta per far rivivere le preferenze. Il Nuovo centrodestra ha escogitato un emendamento assai astuto da lanciare in Commissione e poi in Aula. La malizia consiste nel lasciare invariato l’impianto generale, proponendo una semplice rettifica: eleggere metà dei parlamentari attraverso collegi uninominali (dove le candidature se le scelgono i leader, che sarebbero così tacitati) e l’altra metà nei listini però con due preferenze, da destinare a candidati di sesso diverso. Verrebbe tra l’altro garantita pure la parità di genere su cui, al di là delle chiacchiere, rimane un forte e diffuso pregiudizio maschile. Altra formula suggerita stavolta da Violante (Pd vecchia scuola): si esprimano 2 preferenze scegliendo tra tutti i candidati tranne che il capolista. Da Palazzo Chigi, Letta segue la faccenda con grande interesse. Ma la delegazione Boschi-Guerini, spedita ieri mattina da Renzi a Forza Italia per sondare il terreno, ha sbattuto contro un muro. Su questo, minacciano i berlusconiani, «davvero salta l’accordo».
Premio al vincitore
Scatta a favore della lista o coalizione che supera il 35 per cento. In sé la percentuale, osserva il costituzionalista Francesco Clementi, «non contraddice gli standard europei». Però potrebbe determinare situazioni paradossali, tipo quella denunciata dal ministro Quagliariello: un partito del 20 per cento, alleato con quattro formazioni del 4 per cento ciascuna, riuscirebbe a catturare il premio. Ma poiché nessuno dei partitini verrebbe rappresentato in Parlamento (causa sbarramento piazzato strategicamente al 5 per cento), il premio al partito del 20 diventerebbe conti alla mano pari al 33 per cento. Un’enormità. Gli alfaniani avanzeranno una controproposta non priva di logica: ai fini del premio si sommino esclusivamente i partiti che riescono a superare la soglia, gli altri vengano «scorporati» (vocabolo orrendo). Anche perché, si sostiene, sarebbe ingiusto negare la rappresentanza parlamentare ai partitini e poi calcolarli quando fa comodo... Altra ipotesi carezzata nel Pd e, stando alle voci, dallo stesso segretario: elevare la soglia al 38 per cento, in maniera «da risolvere serenamente il problema», per dirla con Clementi. I berlusconiani al momento rifiutano di metterci mano perché una soglia così elevata renderebbe inevitabile il ballottaggio per l’assegnazione del premio. Nel qual caso partirebbero sconfitti, come dimostra l’esperienza dei sindaci.
Sbarramento su e giù
È stato il Cavaliere a pretendere che venga piazzato al 5 per cento. E non per caso. Facciamo un esempio: se La Russa si alleasse con Forza Italia, ma dovesse fermarsi appena sotto la soglia, quel milione e mezzo di voti li acchiapperebbe tutti Silvio. Se però in commissione o in aula dovesse passare l’emendamento Ndc sullo «scorporo», Berlusconi non potrebbe più mettere le mani sul gruzzolo dei Fratelli d’Italia, oppure di Alfano, e addio speranze di conquistare il premio. Ecco perché, nonostante i dinieghi, l’ipotesi di ridurre la soglia al 4 o al 3 non è del tutto tramontata. Anzi, potrebbe tornare in auge la prossima settimana durante le votazioni in Aula: se sterminare i «nanetti» non fosse utile al Cavaliere, tanto varrebbe a quel punto tenerli vivi...