Elisabetta Ambrosi, Il Fatto Quotidiano 25/1/2014, 25 gennaio 2014
FEDERCULTURE 2013 LA CRISI ABBATTE ANCHE LA BELLEZZA
Per una triste coincidenza la notizia è arrivata poco dopo la scomparsa di Claudio Abbado: per la prima volta dopo vent’anni, la spesa degli italiani in cultura – che aveva resistito alla crisi economica, quasi funzionasse da risposta, crescendo dal 2002 al 2011 del 25,4% – è crollata, nel 2012, del 4,4%. In caduta libera proprio i concerti di musica classica (del 22,8%) e di altro tipo (8,7%); ma calano anche il teatro (8,2%), il cinema (7,3%), le visite a mostre e musei (5,7%), i siti archeologici (7%), gli eventi sportivi (10,6%). I dati sono contenuti nel Rapporto Annuale Federculture 2013 (Federculture è l’associazione che rappresenta i soggetti pubblici e privati impegnati nella gestione dei servizi culturali e turistici). Non solo, dunque, gli italiani spendono meno in cultura (solo il 7,1%), ma soprattutto aumenta, dal 36,% al 38,9% la percentuale di popolazione che non partecipa mai a nessun evento culturale, facendo precipitare il nostro indice di partecipazione culturale assidua all’8%, contro una media Ue del 18% (in cima, la Svezia, il 43%).
A SPIEGARE le ragioni di questi numeri non sono parole ma altre cifre: il nostro paese spende per la cultura come la Danimarca, visto che il budget per il MIBAC (lo 0,20% del bilancio dello Stato), ha perso 1,3 miliardi di euro dal 2008 e oggi che Cultura e Turismo sono accorpati ammonta a circa 1,5 miliardi. La vicina Francia – che ha 1.218 musei contro i nostri 3.847, 38 siti Unesco contro i nostri 49 – spende 3.966 milioni di euro, quasi tre volte tanto. La crisi è, anche, a livello locale (-18% dal 2005 al 2011): solo a Roma, il caso più eclatante, dal 2002 al 2012 si è passati dal 4,33% di spesa per cultura al 2,23% e per il 2014 sono previsti altri drammatici tagli tra il 30 e il 50%. Calano, inoltre, le risorse provenienti dai privati: -38% dalle sponsorizzazioni rispetto al 2008, -40,5% dalle fondazioni bancarie. Eppure, come ha spiegato il presidente di Federculture Roberto Grossi durante la presentazione del rapporto a Montecitorio, molte sono le politiche a basso costo che si potrebbero mettere in campo: la detrazione di tutte le spese culturali (non solo quelle dei libri, voluta saggiamente dal ministro Bray, che tuttavia ha lasciato fuori gli eBook); l’affidamento della gestione di siti minori a imprese di giovani (sull’esempio dell’ex monastero dei Benedettini a Catania), infine la valorizzazione dell’integrazione tra pubblico e privato, “che non va visto né come un nemico, né come una mucca da mungere, ma come un vero interlocutore”.