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 2014  gennaio 25 Sabato calendario

COGLIE UN FIORE, RISCHIA 3 ANNI


Si può finire a processo per aver rubato un fiore e rischiare tre anni di galera. Succede in Italia. Specie se sei un giovane immigrato e un’ipotesi così assurda fai fatica persino a immaginarla, e declinarla nella lingua del Paese dove hai scelto di ricominciare da capo. El Israel è nato in Etiopia e vive a Roma da tanti anni. Ne ha trentanove. La sua vita il 4 giugno 2011. Sta passeggiando in centro, vicino a via Cavour. La sua attenzione è catturata da una macchia di colore in un’aiuola. El Israel osserva l’oleandro, allunga la mano e coglie i fiori, spezzando involontariamente un paio di ramoscelli della pianta. È un regalo per la fidanzata. Hanno un appuntamento: lei lo aspetta di fronte alla stazione Termini. L’avrebbe raggiunta in pochi minuti. Non fa in tempo, due agenti assistono alla scena e lo fermano: lo identificano e scatta la denuncia a piede libero.
IL DIRITTO – per quanto possa sembrare assurdo – non fa sconti: l’azione penale è obbligatoria. Cogliere fiori da un giardino pubblico non è un atto di cavalleria, né al contrario, di superficialità o maleducazione: per la legge è semplicemente un reato. “Danneggiamento aggravato”, spiega Gianluca Arrighi, l’avvocato di El Israel. “Sotto il profilo formale, il magistrato non poteva richiedere l’archiviazione: il codice di procedura penale per i maggiorenni non prevede l’irrilevanza del fatto, come avviene per chi ha meno di 18 anni. Il danneggiamento è ‘aggravato’ perché l’ ‘oggetto’ rovinato – la pianta di oleandro – si trova su una strada pubblica”. Un “reato” che prevede pene da sei mesi a tre anni di reclusione, secondo l’articolo 635 del codice penale. El Israel oggi vive a Firenze. Dopo la denuncia ha deciso di lasciare Roma. Fatica ancora a parlare italiano. È facile pensare che sia stato decisivo il suo essere straniero, di colore e incapace di farsi comprendere, di fronte allo “zelo” dei poliziotti che l’hanno denunciato. Ma questo nessuno potrà dimostrarlo.
In Italia, fiori a parte, non ha mai commesso un reato: è incensurato. A differenza di tanti connazionali che hanno sofferto e sfidato la clandestinità, è entrato nel Paese con le carte in regola. Ha lavorato ogni volta che ha potuto. Arrangiandosi, cambiando di continuo, ma sempre in modo regolare: ha fatto le pulizie in diverse case di Roma, è stato impiegato per un buon numero di ditte. Ora rischia di perdere tutto, compreso il permesso di soggiorno. Senza nemmeno capire perché. “Di certo le parole del diritto non aiutano – dice l’avvocato – e la legge, a volte, non coincide con il buon senso”. Come ha reagito? “Era incredulo e impotente. Ha detto che avrebbe affrontato il processo, altro non può fare…”. Nel Paese delle prescrizioni eccellenti e delle mille scappatoie per gli imputati facoltosi, se non sei nessuno, può rovinarti la vita anche una pianta di oleandro. “È grottesco. In quindici anni di processi penali non mi è mai capitato nulla del genere. Senza considerare lo spreco assurdo di tempo, energie e denaro pubblico per mettere in moto la macchina della giustizia; il coinvolgimento di pubblici ministeri, giudici, cancellieri e ufficiali giudiziari”. Il processo comincerà il 15 febbraio.