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 2014  gennaio 25 Sabato calendario

NON SANNO QUELLO CHE FANNO


La verità è che noi i politici li sopravvalutiamo. Tutti. Pensiamo che dietro ogni loro parola, sguardo, scelta, proposta ci sia dietro chissà chi e che cosa. Invece, il più delle volte, c’è il sottovuotospinto, del resto facilmente riscontrabile nei loro sguardi persi nel nulla. È il principale difetto delle tesi complottiste: sono sempre molto affascinanti perché ogni complotto inizia regolarmente alcuni secoli fa, mette d’accordo centinaia di persone che manco si conoscevano, infila nella sceneggiatura potentissime banche d’affari, logge massoniche, potentati occulti e criminali, servizi deviatissimi e alla fine tutto torna. Poi uno guarda in faccia Enrico Letta, Fassina, Angelino Jolie o l’ultimo acquisto Toti, ma pure i tecnici tipo Fornero, Saccomanni o Cancellieri, e deve arrendersi a un’evidenza più prosaica: questi non li manda nessuno, nemmeno Picone; si mandano da soli e, quando non rubano, non sanno quello che fanno. Intendiamoci: non è un’attenuante, è un’aggravante, visto che hanno in mano le nostre vite e i nostri soldi. E più sono incapaci più diventano burattini delle lobby. La supertecnica Fornero allungò l’età pensionabile, poi si stupì molto perché aumentavano i giovani disoccupati e gli esodati, cioè i lavoratori espulsi in anticipo e rimasti senza più uno stipendio e senza ancora una pensione. Chi l’avrebbe mai detto, eh? Pure Saccomanni pareva questo granché, poi l’abbiamo visto all’opera con l’Imu. La Cancellieri ha passato la vita a fare il prefetto: se la macchina dello Stato non la conosce lei, siamo freschi. Invece conosce solo Ligresti. Ha fatto una legge svuotacarceri che non svuota una mazza, come le precedenti di Alfano e Severino (altri due geni). L’altro giorno, con l’aria di chi passa di lì per caso, ha spiegato (a noi) che abbiamo 9 milioni di processi pendenti, dunque ci vogliono l’amnistia e l’indulto. Come se uno avesse la casa allagata perché ha lasciato aperto il rubinetto della vasca da bagno e, anziché chiuderlo, svuotasse l’acqua col cucchiaino.
Pure il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce invoca l’indulto per mettere fuori “chi non merita di stare in carcere”. Ma poi non spiega chi, di grazia, sarebbe in galera senza meritarlo, e perché ci sia finito, visto che il carcere è previsto dalle leggi dello Stato ed è il risultato di sentenze emesse dalla Cassazione che lui presiede. Dopodiché, in lieve contraddizione con se stesso, chiede di riformare la prescrizione che garantisce l’impunità a 200 mila imputati l’anno: ma lo sa o non lo sa che, se i prescritti venissero condannati, i detenuti raddoppierebbero? Che si fa: si aboliscono direttamente le carceri? L’altroieri Enrico Letta, con tre mesi di ritardo, ha trovato il coraggio di pronunciare il nome di Nino Di Matteo e di inviargli la solidarietà per le ripetute condanne a morte emesse da Totò Riina (lui le chiama eufemisticamente “minacce”). Poi però s’è spaventato di averne detta una giusta e ci ha aggiunto una fregnaccia: la solidarietà a Piero Grasso. Ohibò, si son detti tutti quanti, Grasso compreso: Riina ha condannato a morte anche Grasso e non ne sappiamo nulla? Niente paura: semplicemente il pentito La Barbera ha raccontato al processo Trattativa un fatto noto da 15 anni, e cioè che nel ’92, dopo Salvo Lima, Cosa Nostra progettava di uccidere Mannino, Martelli, i figli di Andreotti e Grasso. Poi cambiò idea. Ma Letta non sa nulla, infatti fa il premier. Oppure non gli pare vero di associare all’impronunciabile Di Matteo un personaggio che piace alla gente che piace: Grasso. E ha posto sullo stesso piano l’ordine emesso tre mesi fa da Riina di uccidere Di Matteo con l’attentato a Grasso annullato 22 anni fa: “Profonda solidarietà al pm Di Matteo e al presidente Grasso oggetto di minacce terribili”. Ieri anche Vendola, altro esperto, ha tributato “affettuosa solidarietà a Grasso e Di Matteo”. Niente solidarietà, al momento, per Mannino, Martelli e i figli di Andreotti. Letta e Vendola provvederanno fra 22 anni.