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 2014  gennaio 25 Sabato calendario

DOVE VA IL MONDO


La crisi è davvero a una svolta? È il momento di porre fine alle misure straordinarie di politica monetaria, tornando a una situazione più normale? Dalle parole dei partecipanti al panel di Cnbc tenutosi venerdì 24 al forum di Davos, sembrerebbe che la situazione stia tornando sotto controllo.

Anche Europa e Cina non sembrano spauracchi come erano stati dipinti sinora. Ma non bisogna abbassare la guardia. Anzi è importante avere politiche credibili, fare riforme favorevoli al business, fare tesoro delle lezioni della crisi e puntare forte sullo sviluppo infrastrutturale. Ecco l’opinione di Larry Summers (ex ministro del Tesoro Usa e docente di Harvard), Haruhiko Kuroda (governatore della BoJ), Alexandre Tombini (banchiere centrale brasiliano), George Osborne (Cancelliere dello Scacchiere) e Thomas Jordan (governatore della banca centrale svizzera)

Domanda. Quali le prospettive per l’economia Usa nel 2014?

Summers. Oggi non siamo ancora sicuri che la ripresa sia sostenibile e che non generi ulteriori bolle finanziarie. Ecco perché c’è bisogno di promuovere gli investimenti pubblici.

D. Ottimista o pessimista su una soluzione della diatriba sul debito pubblico Usa?

Summers. I politici hanno imparato che le battaglie non servono. Sono meno ottimista sul fatto che il centro dell’attenzione si sposti dal deficit pubblico ad altri aspetti che frenano l’economia americana, come le infrastrutture.

Se non si spende per ristrutturare l’aeroporto JFK ora, che ci si può indebitare al 3% a 10 anni in una moneta che stampiamo, quando si farà? Inoltre, gli Usa oggi investono nella biomedica il 25% meno di quanto facessero cinque anni fa.

D. Ci sono vendite in massa sulle valute emergenti. In che misura il tapering della Fed può annullare i vostri sforzi di mantenere la stabilità dei prezzi e far crescere il Brasile?

Tombini. La Banca centrale del Brasile è stata tra le prime ad affermare che l’inizio della riduzione degli stimoli della Fed sarà positivo per l’economia globale, per il commercio, e quindi anche per i mercati emergenti, compresi noi. Non ci dovremmo far confondere dai cambiamenti implicati dalla normalizzazione dei mercati. Il Brasile ha reagito alle nuova situazione in modo classico, combattendo l’inflazione. La cosa sembra funzioni perché i prezzi sono scesi di un punto percentuale nel 2013.

D. Mister Jordan, lei ha affermato che le banche centrali non dovrebbero anticipare ai mercati la guidance sui tassi.

Jordan. Non c’è nulla di sbagliato nella forward guidance. Ma ciascuna banca centrale deve scegliere il modo più adatto di rivolgersi ai mercati. Nel nostro caso il punto di riferimento è il tasso di cambio, punto e basta.

D. E i rischi legati a un aumento eccessivo dei bilanci delle banche centrali?

Jordan. L’entità dei bilanci dipende dalla politica monetaria. Le banche centrali non dovrebbero preoccuparsi di questo. Importante è assicurare appropriate condizioni ai mercati monetari.

Se è necessario aumentare gli asset in bilancio, lo si fa. Il nostro mandato istituzionale non è fare profitti a beneficio dello Stato ma tenere in ordine i mercati. Se l’oro cala non è una buona ragione per cambiare la politica monetaria.

D. Mister Kuroda, la Bank of Japan si è spinta troppo in là negli acquisti asset? Pensate di fermarvi?

Kuroda. L’uscita dalle misure straordinarie di politica monetaria sottintende che queste hanno avuto successo. La nostra nuova politica monetaria, iniziata nove mesi fa, mira a un’inflazione del 2% entro due anni. Oggi siamo a metà strada, all’1,2%. Quindi per noi è ancora presto per parlare di exit strategy. Ma le assicuro che abbiamo discusso diverse possibilità e guardato con attenzione al modo con cui le altre banche centrali, inclusa la Fed, gestiscono il processo di normalizzazione. Quest’ultima lo ha fatto molto bene, visto che il tapering non ha nuociuto ai mercati.

D. Ci si chiede se la Fed abbia stretto i freni troppo presto. Yellen potrebbe essere costretta a fare marcia indietro se la crescita Usa è più debole del previsto?

Summers. La Fed ha fatto bene a espandere la politica monetaria quando la disoccupazione era molto superiore ai livelli storici e l’inflazione sotto le attese. Ma non si può escludere nulla.

D. Forse non ci sarebbe stato bisogno di politiche monetarie così aggressive se tante aziende avessero investito nell’economia reale. Perché, adesso che la Bank of England ha raggiunto l’obiettivo di disoccupazione, le imprese non tornano a investire?

Osborne. Ci sono due punti da chiarire. Sono d’accordo con Summers sul deficit infrastrutturale di cui soffrono i nostri Paesi, ma quando si parla di investimenti e spesa pubblica, bisogna avere ben chiaro che i fondi non vengono fuori dal nulla, e bisogna prendere decisioni difficili su altre voci di spesa. In altri termini, colmare questi gap strutturali non può andare a scapito della credibilità della politica fiscale, perché altrimenti la politica monetaria diventa del tutto inefficace nel mantenere stabili i tassi di interesse. Poi bisogna anche capire chi finanzierà tali investimenti. Ciò mi porta al secondo punto. Gli eventi che hanno colpito l’Europa continentale hanno reso le aziende dell’area molto avverse al rischio e vogliono tenersi stretti i liquidi piuttosto che investire. Dobbiamo quindi convincere le aziende che le politiche monetarie e fiscali sono credibili e fare riforme favorevoli al mondo del business. Non si possono costringere le aziende a investire, ma si possono creare le condizioni perché la cosa abbia senso.

D. Le banche centrali sono dunque pompieri, che intervengono quando si alzano le fiamme e poi vanno via quando l’incendio si è spento, lasciando spazio agli operai, assistiti dai governi, che ricostruiranno quello che le fiamme hanno distrutto. Molti anni fa il Giappone, invece di spegnere le fiamme, diminuì il volume della casa. Adesso siamo all’opposto.

Kuroda. Tokyo ha già avviato una politica di riequilibrio dei conti pubblici. Vuole rimuovere il deficit di bilancio entro il 2020.

D. Situazione opposta a quella descritta da Summers. In Giappone la banca centrale stimola l’economia mentre il governo pratica l’austerità.

Kuroda. In realtà la politica fiscale del Giappone prevede due fasi. Nel breve il governo stimola l’economia con investimenti pubblici e sgravi fiscali. Ma nel medio-lungo termine i conti vanno riequilibrati.

D. Come si possono prevenire le bolle finanziarie, soprattutto nel settore immobiliare, prima che comincino a formarsi?

Jordan. Noi avevamo visto che i prestiti immobiliari erano cresciuti molto più del pil nominale, ma non potevamo alzare i tassi di interesse perché ciò avrebbe rafforzato il franco. E allora abbiamo reso più costoso per le banche erogare mutui aumentando al 2% il requisito di capitale a fronte di questi prestiti.

D. Anche il Regno Unito possiede simili strumenti?

Osborne. I prestiti che la Bank of England estende agli istituti di credito perché a loro volta finanzino le imprese, il funding for lending, non valgono per i mutui immobiliari, in modo da non gonfiare le quotazioni. Inoltre, sono state inasprite le condizioni per la concessione degli stessi. Una lezione della recente crisi è che c’è tutti questi strumenti devono essere a disposizione della banca centrale.

D. In che misura Europa e Cina minacciano l’uscita dalla crisi e la stabilizzazione dell’economia?

Osborne. Il principale rischio per l’economia britannica è in effetti la debolezza di diverse economie dell’Eurozona. Dobbiamo capire cosa possiamo fare per questi Paesi, importanti per il nostro export, ma dove i livelli di disoccupazione sono elevatissimi. Quanto alla Cina, la sfida è la riforma dell’economia, e il rilancio dei consumi.

Kuroda. Credo che l’Eurozona abbia toccato il fondo e quest’anno possa crescere dell’1%, grazie anche alla ripresa della Spagna. Non penso ci sia un rischio deflazione, perché le aspettative di inflazione sono circa il 2%. La Cina non è un grosso pericolo, perché a Pechino si è compreso che il sistema finanziario va tenuto sotto controllo.

Summers. Io temo l’eccessiva fiducia dei governi nelle misure anticrisi, che hanno sempre fallito. L’enfasi deve essere sulla robustezza del sistema finanziario.

Tombini. Uno dei problemi è che l’uscita dalla crisi non è omogenea. È più forte negli Usa e nel Regno Unito, e ciò può comportare volatilità dei tassi di cambio, che può frenare la ripresa.

ha collaborato Giuliano Castagneto