Mauro Tassotti, Sport Week 25/1/2014, 25 gennaio 2014
IL “TASSO” COME ALDRIN GRANDE NELL’OMBRA
Mauro Tassotti ha iniziato la sua carriera con piedi ruvidi da terzino e l’ha conclusa con piedi soffici da trequartista. Se Chiellini avesse fatto gli stessi progressi, oggi avremmo il difensore più forte del mondo. E in questi anni, il Tasso, da allenatore ombra, ha educato moltissimi altri piedi. Sa come si fa. Avesse voluto, sarebbe stato un grande primo allenatore. Lo si capisce da come l’hanno sempre consultato i mister al suo fianco, da come si voltavano a cercarlo in panchina nei momenti più duri, come il comandante di una nave cerca il faro in mezzo alla tempesta.
Lo si intuisce dalla stima e dal profondo rispetto che gli hanno sempre riservato i giocatori, un fratello maggiore che, anche attraverso un’esperienza di profondo dolore (la morte prematura della moglie), ha maturato una saggezza superiore all’età, così preziosa per i giovani. Preparato, serio, misurato, sensibile: Mauro Tassotti sarebbe stato un grande primo allenatore. Ma, grazie a Dio, esistono anche persone così, che vivono paghe del proprio lavoro, fatto con discrezione e coscienza, senza bisogno di ribalta e che, anzi, dalla ribalta fuggono. Come Mattias, protagonista di Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?, bel romanzo del norvegese Johan Harstad. Mattias aveva un grande talento, la voce, ma la fece esplodere una volta sola, al liceo, per fare innamorare Helle, la ragazza che adorava. Per il resto, nonostante le richieste dell’amico rocker, si accontentava del suo lavoro di giardiniere, spaventato dalle attenzioni. La sua canzone preferita era How to disappear completely dei Radiohead. Mollato da Helle, chiuso il vivaio, Mattias provò a sparire rifugiandosi nel paesaggio lunare delle isole Far Oer. Mattias era nato la notte storica del ’69, quella dell’Apollo 11. Ma il suo eroe non era Neil Armstrong, la leggenda del primo passo sulla luna, bensì il capitano Edwin Buzz Aldrin, quello che scese dalla scaletta 20 minuti dopo, il secondo che pochi ricordano, se non forse per l’astronauta giocattolo del film Toy Story: Buzz Lightyear. Lasciata la Nasa, Aldrin ebbe problemi di depressione e alcol, produsse un gioco strategico per computer Buzz Aldrin’s Race into space, prese a pugni il regista Bart Sibrel che sosteneva che l’Apollo 11 non fosse mai atterrato sulla Luna. Mauro Tassotti ha sconfitto lo Spezia in coppa Italia, dopo il k.o. con il Sassuolo e la cacciata di Allegri. Ha raccontato che è stato triste vedergli svuotare l’armadietto e ha concluso: «Il mio futuro non conta. Ho scelto io di fare il secondo». Poi ha passato la navicella a Neil Armstrong. Al primo passo da allenatore del Milan, Clarence Seedorf, l’amico di Mandela, il simil-Obama, l’uomo del presidente, quello “nato pronto”, ha annunciato: «È arrivato l’antivirus». Ma anche lui si volterà a cercare il faro, gli occhi profondi di Mauro “Buzz” Tassotti.