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 2014  gennaio 27 Lunedì calendario

TESTIMONIAL DI CARTONE


Sono stati impersonati da attori, sportivi, fotomodelle... Sono i testimonial: ovvero «i mediatori fra l’azienda e il consumatore» dice Antonio Foglio, autore di Il marketing comunicativo dell’impresa (Franco Angeli). Il testimonial guida le scelte d’acquisto dei consumatori tramite il proprio carisma. Del resto, alzi la mano chi non si lascia influenzare – nella scelta di uno smartphone o di un libro – dagli amici del cuore: potenza del passaparola. Ma per svolgere questo ruolo, un testimonial deve avere «notorietà, autorevolezza, credibilità, competenza, fascino, empatia, familiarità e soprattutto essere influente e coerente coi valori di un prodotto che incarna e coi valori apprezzati dai potenziali acquirenti».
Non è facile trovare tutte queste qualità in una sola persona. Così a volte, il testimonial è stato inventato di sana pianta: del resto, la pubblicità è un mondo di sogni, per quanto prosaici, e i sogni sono spesso popolati da personaggi immaginari. I più celebri sono stampati nella memoria come i protagonisti delle fiabe più amate. «Nessuno può sottovalutare lo smisurato potere della simpatica familiarità» diceva il pubblicitario Leo Burnett.
Vito Tartamella



La bimba Coppertone
Le lozioni abbronzanti della Coppertone furono inventate da un farmacista di New York, Benjamin Green, nel 1944. Per anni, la pubblicità della crema fu il profilo di un capo pellerossa, con lo slogan: “Non essere un viso pallido”. Nel 1953 l’azienda decise di voltare pagina, ma senza puntare sulle solite bellezze in costume. Scelse l’immagine di una bimba che mostrava la differenza di abbronzatura fra la schiena e il sedere, per merito di un cocker spaniel, che le abbassava il costume. La bimba usata come modella era Robyn Porter: la figlia del disegnatore del poster, Pete Porter. Negli anni l’immagine è stata più volte aggiornata, anche con spot televisivi: uno di questi ha segnato l’esordio come attrice di Jodie Foster all’età di 3 anni.

L’omino Michelin
All’inizio si chiamava monsieur Bibendum. Era stato creato alla fine dell’800 dal disegnatore francese Marius Rossillon per pubblicizzare una birreria di Monaco di Baviera con il verso di Orazio “Nunc est bibendum” (ora è il momento di bere). Il dipinto – un uomo imponente che reggeva un calice di birra – era stato però rifiutato dai committenti. Nel 1898, quando Edouard e André Michelin lo videro, chiesero a Rossillon di sostituire quella persona con un pupazzo di pneumatici: anni prima, all’Expo di Lione, avevano notato una pila di pneumatici che sembrava un uomo senza braccia. Così nacque il poster dell’uomo-gomma che reggeva un bicchiere pieno di sassi, in un brindisi, con lo slogan: “Lo pneumatico Michelin si beve l’ostacolo”. Da allora l’uomo Michelin rappresenta l’azienda in 150 Paesi, ed è uno dei simboli della pubblicità più longevi di tutti i tempi.


La linea
Creato da Osvaldo Cavandoli, è un uomo che percorre una linea infinita e di cui è parte. Pubblicizzò le pentole a pressione Lagostina dal 1969.


Il cowboy Marlboro
Correva l’anno 1954 e la Philip Morris, gigante del tabacco, aveva appena introdotto le sigarette col filtro, nel tentativo di compensarne gli effetti nocivi. Ma aveva un problema: fin dalla loro nascita, le Marlboro erano considerate sigarette per donne, e la Philip Morris voleva allargare il mercato agli uomini per competere con la Camel. La strategia, semplice quanto efficace, fu trovata dal pubblicitario Leo Burnett: dopo un weekend nella sua fattoria di famiglia, tornò alla sua agenzia pubblicitaria brandendo una rivista con un cowboy in copertina: «Conoscete qualcosa di più virile di un cowboy?». Così fu lanciata una campagna con un cowboy, intitolata “The sheriff”, e le Marlboro diventarono le più vendute al mondo. Per il ruolo del cowboy, furono reclutati vari attori, ma Burnett insistette perché fossero veri mandriani: il preferito fu Darrell Winfield, che aveva davvero lavorato nei ranch. Campeggiò nelle campagne Marlboro per 20 anni, fino alla fine degli Anni ’80: poi la Philip Morris spese 300 milioni di dollari per cercarne un degno erede. Ma 3 degli attori che apparvero nelle campagne Marlboro (Wayne McLaren, David McLean e Dick Hammer) sono morti di cancro al polmone, tanto che le Marlboro rosse furono soprannominate “killer dei cowboy”. E, prima di morire, McLaren fu testimonial per le leggi anti tabacco.


Lo zio Sam
Rappresenta un’intera nazione, gli Stati Uniti. Eppure, l’idea fu copiata da un altro Paese: il Regno Unito. La storia dello zio Sam – un attempato signore con capelli bianchi, barbetta e indice puntato verso lo spettatore – affonda le radici nella leggenda: si dice derivi da Samuel Wilson, un fornitore di carne dell’esercito nel 1812. I soldati si riferivano a lui chiamandolo Uncle Sam, zio Sam, sostenendo che le iniziali U. S. (United States) sulle razioni si riferissero a lui. Ma il trampolino di lancio di zio Sam fu un disegno realizzato nel 1916 da James Montgomery Flagg per la copertina della rivista Leslie’s Weekly: un uomo con l’indice puntato, e la domanda “Cosa stai facendo per prepararti?” (alla guerra). Flagg si era ispirato a un manifesto del Regno Unito del 1914: il generale Horatio Herbert Kitchener puntava l’indice sui britannici per spingerli ad arruolarsi. Per dare un volto allo zio Sam, Flagg fece il proprio autoritratto, aggiungendo barba e capelli bianchi.


L’omino coi baffi
Se la moka da caffè è diventata celebre, parte del merito lo deve a un buffo personaggio con cappello, nasone, baffi neri e papillon: l’omino coi baffi. Da dove salta fuori? La moka era stata inventata nel 1933 da un imprenditore bolognese, Alfonso Bialetti: ebbe l’intuizione osservando le donne che facevano il bucato sul lago d’Orta usando un mastello con fondo bucato. Sotto il mastello, in un altro contenitore, c’erano cenere e sapone, la “lisciva”, che a contatto con l’acqua produceva schiuma e saliva fino al contenitore dei panni. Ma per un ventennio la moka non riuscì a strappare lo scettro alla caffettiera “napoletana”. Così negli Anni ’50 il figlio di Alfonso Bialetti, Renato, si rivolse al disegnatore Paul Campani per creare un marchio riconoscibile: Campani decise di raffigurare un vero intenditore di caffè. E che cosa di meglio di una caricatura del baffuto Renato Bialetti? L’omino diventò poi anche un cartone animato, che debuttò a Carosello nel 1957 dicendo: «Eh sì, sì, sì... sembra facile (fare un buon caffè)!». E ancora oggi l’omino campeggia su tutti i prodotti Bialetti.


Ronald McDonald
Negli Stati Uniti è uno dei personaggi più celebri fra i bambini, secondo solo a Babbo Natale. Ronald McDonald è un clown speciale, ed è nato quasi per caso: alcuni McDonald’s di Washington avevano deciso di incrementare gli affari sponsorizzando, nel 1963, una trasmissione tv ispirata al circo, il Bozo’s Circus.
Uno degli autori del programma, l’attore Willard Scott, creò un clown con una parrucca rosso fuoco e una tuta a strisce gialle e arancioni, oltre a due vassoi apparecchiati usati come copricapo e come cintura. Il personaggio, grazie alla pressione dei bambini, fece decollare le vendite di hamburger del 30%. Nel 1967, grazie all’intervento del clown professionista Michael Polakov “Coco”, Ronald cambiò aspetto: viso bianco, guanti e tuta gialla (ispirata a un manichino d’un negozio di vestiti da donna), e maniche a strisce orizzontali bianco-rosse. Da allora il pagliaccio è diventato l’icona degli hamburger.


Gigante paffuto
Pippo, l’ippopotamo blu, un personaggio creato da Armando Testa e molto amato dai bambini: fu il testimonial dei pannolini Lines nei Caroselli dal 1961.


Ambrogio e la signora in giallo
Una Rolls Royce scivola nel traffico cittadino. Sul sedile posteriore, una aristocratica signora con un cappello giallo sfoglia una rivista e dice: «Ambrogio!». «Signora...» le risponde l’autista in livrea. «Avverto un leggero languorino... La mia non è proprio fame, è voglia di qualcosa di buono. Dovremmo tenere in auto qualcuno di quei Ferrero Rocher» dice lei. «Mi ero permesso di pensarci signora». Ambrogio schiaccia un pulsante, e nel sedile anteriore si apre uno scomparto da cui fuoriesce un vassoio pieno di luccicanti praline al cioccolato. La signora gradisce, e dice con garbata malizia: «Bravo Ambrogio, pensi proprio a tutto». Era il 1991: lo spot tv, di Rita Ferrieri con la Made production, fece furore, sia per la scelta dei due protagonisti (Beverly Lee Skelton, ex fotomodella e moglie di un vero principe, e Paul Williamson, celebre attore inglese), sia per la raffinata atmosfera, eroticamente ambigua. Da allora, Ambrogio è diventato l’emblema del maggiordomo servizievole e sempre pronto a soddisfare gli appetiti della sua signora. Lo spot è sopravvissuto fino al 1998, poi la Ferrero faticò a trovarne un degno erede: si dovette sostituire Ambrogio con il celebre attore Richard Gere, che appariva a un party.


Calimero
“Eh, che maniere! Qui ce l’hanno tutti con me perché sono piccolo e nero... è un’ingiustizia però!». Era il 1963 quando un tenero pulcino, con un guscio d’uovo rotto sulla testa, sbucò sui teleschermi per pubblicizzare i detersivi Mira Lanza. L’idea del cartoon era semplice quanto efficace: Calimero era il quinto pulcino della gallina veneta Cesira. Cadendo in una pozza di fango, diventava nero, e non era riconosciuto dalla mamma: dopo essere stato abbandonato dalla famiglia, incontra una massaia, l’Olandesina, che lo immerge in una tinozza piena di detersivo, restituendogli l’aspetto originario. La storia era stata creata dai disegnatori Nino e Toni Pagot. Si erano ispirati al Brutto anatroccolo di Hans Christian Andersen, ma anche alla propria infanzia nelle campagne venete. Il nome del pulcino viene dalla chiesa milanese di San Calimero, dove si era sposato Nino. Calimero fu contestato perché, in qualche modo, perpetuava l’idea che il diverso (il nero di pelle) dovesse essere emarginato. Ma ha avuto un successo planetario: il pulcino è diventato protagonista di 290 cartoni animati tradotti in varie lingue (soprattutto in Giappone). Presto debutterà sulla Rai Calimero in 3D: non usando più il detersivo, è rimasto nero.


Mastro Lindo
È l’uomo delle pulizie più famoso, tanto da avere un nome in ogni Paese: don Limpio (Spagna), Meister Proper (Germania, Russia), Mr. Propre (Francia)... Ma in origine, nel 1958, Mastro Lindo si chiamava Mr Clean: fu ideato da Harry Barnhart dell’agenzia Tatham-Laird & Kudner di Chicago. Calvo, sorridente, con un orecchino d’oro e le braccia conserte, Mastro Lindo sembra un genio delle favole: negli spot appariva magicamente per pulire lo sporco difficile. In realtà si ispirava a un marinaio di Pensacola (Florida): l’inventore del detersivo, infatti, era Linwood Burton, titolare di un’impresa di pulizie per navi. Dato che i solventi degli Anni ’50 erano così caustici da ferire i lavoratori, Burton ne aveva creato uno più delicato, che brevettò e vendette alla Procter & Gamble.


Coni animati
Caballero, pistolero messicano, e Carmencita la sua innamorata: reclamizzarono il caffè Paulista negli spot dal 1965 al 1973. Anche loro furono una creazione di Armando Testa, che, da grafico, amava i colori e le forme geometriche semplici. Si era ispirato a scialli e tappeti sudamericani.