Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera 25/1/2014, 25 gennaio 2014
SULL’UCRAINA IN RIVOLTA SI RIAFFACCIA IL RISCHIO SECESSIONE
La decisione del presidente Viktor Yanukovich di far varare dal Parlamento rigide misure contro la libertà di espressione si è rivelata un boomerang. In una Kiev che potrebbe riesplodere in qualsiasi momento, ieri Yanukovich ha annunciato che la legge sarà rivista, che gli arrestati saranno quasi tutti liberati e che ci sarà un rimpasto di governo. In attesa di vedere martedì prossimo se le cose andranno veramente così e se le misure saranno ritenute soddisfacenti dall’opposizione, l’attenzione è tutta puntata su quello che il premier polacco Donald Tusk ha definito il «rischio concreto di una secessione» dell’Ucraina. I segnali ci sono tutti e preoccupano seriamente la comunità internazionale che tarda a impegnarsi in una attiva opera di mediazione e comunque ieri, per scongiurare che la parte occidentale del Paese, filoeuropea, e quella orientale che guarda a Mosca si separino in un bagno di sangue, Roma, Parigi e Berlino hanno convocato gli ambasciatori ucraini per manifestare loro tutta l’allarme dell’Ue. Mentre nella capitale i dimostranti hanno occupato il ministero dell’Agricoltura, a ovest migliaia di persone hanno preso d’assalto e ora controllano gli uffici dei governatori in numerose importanti città. A Leopoli, dove il partito del presidente si è pure dissociato dalla direzione nazionale. A Rivne, Ternopil, Khmelnitski, Tchernivtsi, Ivano-Frankivsk. Fatti assai seri che si sommano alle violenze di questi giorni senza precedenti nella storia recente del Paese. In passato, a cominciare dalla rivoluzione arancione del 2004, il confronto era sempre stato pacifico, anche se aspro. Dimostranti con pistole in mano e che fanno ricorso a catapulte e tentano di bruciare vivi i poliziotti non si erano mai visti.