Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 25 Sabato calendario

IN SVIZZERA I DETENUTI ZAPPANO


Carceri affollate? In Svizzera hanno un rimedio: mandano i detenuti a zappare la terra. «È peggio che stare in cella», dicono i diretti interessati, ma il sistema riservato ai giovani funziona. I ragazzi, dopo il primo sconforto per il lavoro duro, si appassionano al mestiere del contadino. Se vogliono, possono rifiutarsi di andare in fattoria, ma quasi tutti accettano, all’inizio per stare all’aria aperta e per la promessa di un forte sconto sulla pena. Dopo, magari restano in campagna. Gli agricoltori mancano nella Confederazione elvetica, e sono pagati bene.

A Kalchrain, nel Cantone di Thurgau, la giornata dei detenuti comincia all’alba, nelle stalle, e finisce con il calar del sole. I giovani hanno commesso anche reati gravi, rapine, lesioni, stupri, spaccio di droga, e gli psicologi del tribunale li hanno spesso giudicati «difficilmente recuperabili». L’idea della fattoria-prigione all’inizio ha trovato qualche difficoltà, i sociologi e i giudici avevano dei dubbi, scrive la Neue Zürcher Zeitung. Sembrava un’idea buonista. «Ma i ragazzi fanno un’esperienza inattesa, dice il direttore del centro di rieducazione, Armin Malär, e si cerca di venire incontro ai desideri individuali. C’è chi ama gli animali, altri vogliono dedicarsi al giardinaggio o vengono impiegati come maniscalchi. In una fattoria bisogna svolgere tutti i mestieri».

Qualcosa che piaccia si trova sempre. E si lavora sempre duramente. Kalchrain non ha l’aspetto d’una prigione, a parte le sbarre alle finestre nelle camere. Ma i detenuti poi si muovono in piena libertà nei campi, non ci sono recinzioni, né filo spinato, le guardie sono discrete. Il controllo è ridotto al minimo. Evadere è facile, e inutile. Si spreca soltanto la chance della riabilitazione. Finora non ci sono state fughe. I giovani sono ammessi nella fattoria di rieducazione dopo tre mesi di colloqui in un carcere normale. Quelli prescelti sono motivati.

Dopo la giornata sui campi, si seguono corsi con psicologi e sociologi, per preparare i detenuti al ritorno in libertà. «Il soggiorno in campagna è sul serio più duro che in una normale cella», dice la psicologa Monika Egli, «le nostre prigioni non saranno un albergo a tre stelle, ma sono tra le migliori d’Europa. Qui il lavoro è intenso, e bisogna pensare che quasi tutti i nostri ospiti non hanno mai svolto un’attività regolare prima di venire condannati».

Perché tenere in galera, condannati che dimostrano di voler cambiar vita? E mandarli a zappare la terra serve anche a svuotare le carceri. Sono troppo affollate, anche se la situazione non è paragonabile a quella italiana. Su una popolazione di 8 milioni, i detenuti sono poco oltre 6 mila, all’80% stranieri. Le prigioni sono occupate al 90%, però, in certe zone si registra un sovraffollamento, con detenuti costretti a dormire su un materasso steso sul pavimento. A Champ-Dollon presso Ginevra i detenuti sono circa 500 mentre nelle celle c’è posto per la metà. Da vent’anni non sono stati costruiti nuovi penitenziari, mentre anche nella Confederazione è aumentata la delinquenza giovanile.