Virginia Lori, l’Unità 26/1/2014, 26 gennaio 2014
QATAR, IL PREZZO DELLA WORLD CUP: 185 OPERAI MORTI
«In Qatar si giocherà un Mondiali degli schiavi». Era stata questa la denuncia lanciata nei mesi scorsi da Amnesty International con il suo rapporto «Il lato oscuro dell’emigrazione». Sotto accusa erano le condizioni di lavoro cui erano obbligati i lavoratori stranieri, in particolare nepalesi, impegnati nella realizzazione degli impianti e delle infrastrutture per i Mondiali di calcio del 2022 che si terranno nel Paese del Golfo. Ora sono arrivate le conferme. Secondo le autorità locali solo nel 2013 sono stati ben 185 gli operai nepalesi impegnati nelle opere per i Mondiali di calcio morti per incidenti sul lavoro. Nei due anni 2012-2013, stando ai dati riportati dal quotidiano inglese Guardian, solo tra i nepalesi si sono contate 382 vittime e di queste almeno 36 dopo il settembre scorso.
Se le condizioni di vita e di lavoro delle maestranze non dovessero cambiare e se di vedessero confermate le stime della International Trade Union Confederation (Ituc), prima del calcio d’inizio dei Mondiali potrebbero essere ben 4.000 le vittime di incidenti nei cantieri dedicati all’evento. La World Cup del 2022 potrebbero essere macchiata di sangue e non solo per i lavoratori nepalesi.
SFRUTTATI
Le opportunità di lavoro offerte dai grandi lavori per allestire le infrastrutture necessarie, hanno attirato due milioni di lavoratori provenienti dai paesi più poveri dell’area, come l’India, lo Sri Lanka e il Pakistan.
«I nostri risultati indicano un preoccupante livello di sfruttamento della manodopera utilizzata nel settore delle costruzioni in Qatar» ha denunciato il segretario generale di Amnesty, Salil Shetty che ha chiamato in causa direttamente la responsabilità della Fifa. «Avrebbe il dovere – ha affermato – di inviare un messaggio forte, avvertendo che non tollera alcuna violazione dei diritti umani sui progetti di costruzione relativi alla Coppa del Mondo». Per Amnesty è «semplicemente ingiustificabile che in uno dei Paesi più ricchi del mondo ci siano così tanti lavoratori migranti spietatamente sfruttati, privati della loro retribuzione e che lottano per sopravvivere». La Fifa ha risposto «di non essere responsabile e di non poter cambiare le cose».
Parla chiaro il rapporto di Amnesty, frutto anche di duecento interviste tra i lavoratori stranieri impegnati nell’emirato nelle costruzioni. «I datori di lavoro in Qatar – vi si osserva – hanno mostrato un disprezzo sconvolgente per i diritti umani fondamentali verso i lavoratori emigranti. Molti stanno approfittando di una legislazione permissiva e lassista delle tutele del lavoro per sfruttare i lavoratori». Tra gli abusi vengono segnalati «il mancato pagamento dei salari, le dure condizioni di lavoro e gli standard scioccanti delle condizioni di alloggio, con i lavoratori che vivono in squallidi stanzoni sovraffollati, senza aria condizionata e con le fosse biologiche scoperte». Sono state rilevate condizioni di sistematica «schiavitù», di abusi e di «lavoro forzato». Il rapporto sostiene, inoltre, che il sistema «Kefala» per il quale i migranti devono avere uno «sponsor» nel Paese d’origine, dà ai datori di lavoro il potere di impedire agli operai di cambiare lavoro, lasciare il Paese o denunciare la loro condizione.
Che vi sia un 30% di violazioni delle norme di sicurezza da parte delle aziende lo conferma anche il ministero del Lavoro del Qatar. Ora le autorità del Qatar si sarebbero impegnate a modificare le normative sul lavoro e a migliorare le condizioni di vita degli operai immigrati. Ma per ora l’unico problema che pare scuotere l’opinione pubblica internazionale è quello della data di inizio dei mondiali di Calcio del 2022: visto che per il caldo eccessivo, invece che in giugno-luglio, potrebbero tenersi d’inverno. Se questa ipotesi fosse confermata, per il 2022 potrebbero essere rivoluzionati i calendari dei campionati di calcio nazionali: Non pare, invece, vi sia una particolare attenzione al dramma vissuto in Qatar da chi sta lavorando alla costruzione degli undici stadi e alle altre infrastrutture. Ma quei morti sul lavoro sono già una realtà.