Francesco Bei e Roberto Mania, la Repubblica 26/1/2014, 26 gennaio 2014
LA CARICA DEI CINQUANTENNI. RENZI IN PRESSING SU LETTA PER LA RIVOLUZIONE DEI MANAGER
Sarà sulle nomine per la guida delle grandi aziende pubbliche, Eni, Enel, Finmeccanica, la prossima tappa dello scontro tra Renzi e Letta. Una vera partita di potere, con due strategie diverse: il segretario del Pd vuole dare un segno visibile di discontinuità, fare tabula rasa dei vecchi boiardi, sapendo comunque che le scelte spettano al governo; il premier si muove con cautela e punta a non far saltare tutto. «Forse è per questo - ha confidato nei giorni scorsi Renzi ai suoi più stretti collaboratori che Letta non me ne ha ancora parlato. Se Enrico dovesse consultarmi gli suggerirei di mandare tutti a casa». Così dopo quasi dieci anni Paolo Scaroni e Fulvio Conti potrebbero non essere più i capi di Eni e Enel, le due grandi multinazionali controllate dal Tesoro. Cambiare che poi è solo un po’ meno aspro di rottamare - è la parola d’ordine a Largo del Nazareno, dove il segretario vorrebbe anzitutto conoscere, sempre che ci sia, ’il Progetto Paese’ che sta dietro le scelte dei manager. I Renzi boys puntano comunque a ridisegnare la mappa del potere. Portare una nuova generazione di manager, quaranta-cinquantenni con esperienze internazionali, capaci di muoversi sui mercati globali, sulle poltrone che contano di Eni, Enel, Finmeccanica, Terna, Poste e le altre quasi 30 aziende rimaste ancora a partecipazione pubblica.
Un turnaround. Che partirà ad aprile con la presentazione delle liste dei candidati per i consigli di amministrazione delle assemblee di maggio. La lunga primavera delle nomine, insomma. E i nomi cominciamo a circolare: Vittorio Colao, Andrea Guerra, Francesco Caio, Giuseppe Giordo, Claudio Descalzi, Paolo Bertoluzzo, Francesco Starace, solo per indicarne alcuni.
Un ricambio di un gruppo di potere ormai invecchiato (Scaroni e Conti hanno rispettivamente 67 e 66 anni) che si è insediato nel 2005 con Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, Giulio Tremonti in Via XX settembre, e Gianfranco Fini vicepresidente del Consiglio, cioè in un’altra era politica, e che da allora non ha più mollato, conferma dopo conferma, per ben tre volte.
Matteo Renzi ha deciso di giocarsela questa partita. Il premier Enrico Letta pensa che non tutto debba saltare. Che prima di sostituire Scaroni e Conti (entrambi due settimane fa hanno accompagnato Letta nel viaggio in Messico) ci si debba pensare bene, perché chi guida l’Eni conta molto più di un ministro. Che ci possa essere gradualità, senza escludere che i due amministratori delegati possano fare i presidenti dei rispettivi gruppi. Continuando dunque ad esercitare il loro potere. Sarà un braccio di ferro. E allora se crolleranno gli imperi di Scaroni e Conti, verrà giù tutto, un pezzo dopo l’altro. Un clamoroso effetto domino. «Se al contrario dovessero restare, vorrà dire che il sistema-Bisignani sarà rimasto intatto», ragiona Massimo Mucchetti, senatore pd, presidente della Commissione Industria di Palazzo Madama.
Il grande corteggiato è Vittorio Colao, classe 1961, amministratore delegato di Vodafone, colosso mondiale della telefonia mobile. È il manager che con la cessione agli americani della Verizon ha portato nelle casse della multinazionale britannica un bottino da 130 milioni di dollari. Un successo per Colao, riconosciuto in tutto
il mondo. Riportarlo in Italia, metterlo al posto di Scaroni, sarebbe un colpaccio per i giovani renziani. Colao dovrebbe rinunciare a svariati milioni se accettasse. Ma certo dopo aver a lungo conversato con chi sta preparando la possibile lista dei candidati per la partita delle nomine, l’identikit del nuovo manager pubblico è quello di «un cinquantenne che abbia lavorato anche all’estero, con buoni risultati o che provenga da una delle tante multinazionali tascabili del nostro quarto capitalismo che hanno accettato la sfida della globalizzazione». E ce ne sono. C’è, per esempio, Andrea Guerra, classe 1965, il manager (ad della Luxottica dopo esserlo stato della Merloni) che ha sedotto il popolo dell’ultima Leopolda parlando proprio delle aziende italiane che hanno imparato a muoversi ’sul palcoscenico del mondo’. C’è Paolo Bertoluzzo, classe 1965, oggi il numero due della Vodafone mondiale dopo essere stato il capo in Italia. E c’è anche Francesco Caio (57 anni), ad di Avio (gruppo aerospaziale), ’Mister digitale’ per decisione di Enrico Letta che l’ha chiamato per definire (gratuitamente) la nostra agenda digitale. Caio potrebbe andare all’Enel, ma soprattutto alle Poste dove Massimo Sarmi, 66 anni, ha già ottenuto quattro mandati.
Ma ci sono manager che sono già tornati in Italia. Al posto di Alessandro Pansa, amministratore delegato di Finmeccanica, potrebbe arrivare Giuseppe Giordo, classe 1965, amministratore delegato di Alenia, dopo aver guidato la divisione del nord America. L’identikit, appunto.
Per l’Eni non c’è solo l’ipotesi Colao. È possibile anche un
upgrading di Claudio Descalzi (1955), responsabile della divisione strategica dell’esplorazione, scaroniano di ferro tanto che sarebbe anche il candidato dell’attuale ad nel caso riuscisse a farsi nominare presidente. Descalzi è considerato un manager di notevoli qualità. Ha lavorato moltissimi anni all’estero, ha una forte rete di relazioni globali, è sposato con una principessa congolese. E se dovesse essere interna al gruppo anche la soluzione per l’Enel potrebbero giocarsela in tre: Francesco Starace (1955), amministratore delegato di Enel Green Power; Gianfilippo Mancini (1965), responsabile dell’area di produzione e della vendita; Luigi Ferraris (1962), responsabile dell’area finanza. E al grande valzer delle nomine primaverili potrebbe partecipare pure Luigi Gubitosi (1961). Il direttore generale della Rai non è in scadenza, ma pare abbia fatto sapere che potrebbe lasciare Viale Mazzini in cambio di un’altra poltrona, come Poste o Terna.