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 2014  gennaio 26 Domenica calendario

POSTE, COSÌ ANDREMO SUL MERCATO UN’OCCASIONE PER CLIENTI E DIPENDENTI


[Massimo Sarmi]

Privatizzare le Poste italiane: se ne parla da almeno dieci anni. Ma questa volta ci siamo: le azioni delle Poste andranno in Borsa tra luglio e settembre ed entreranno nei portafogli di molti italiani e di 145 mila dipendenti del gruppo. Potrebbe essere la “democratizzazione” definitiva di Piazza Affari visto che, probabilmente, molte di queste famiglie non hanno mai posseduto un’azione. Per Massimo Sarmi, 65 anni, amministratore delegato del gruppo, questo non rappresenterà un rischio: «Anche chi non avesse familiarità del mercato azionario e volesse fare la prima esperienza troverebbe in Poste italiane un soggetto ideale, con una garanzia di solidità e crescita».
Si sta pensando a un lotto minimo di azioni ridotto e accessibile per tutti. Forse anche 500 euro, ben più basso di quanto venne scelto per le privatizzazioni di Eni ed Enel. Non teme che magari l’ex Bot-People, per inesperienza, possa non percepire che, Stato o non Stato, siamo di fronte a un titolo di “rischio”?
«No. Il nostro cliente, si sente garantito da un’azienda con cui ha un rapporto continuo, in cui ha fiducia e che ha dimostrato di saper crescere mentre i gruppi postali nel mondo sono in piena crisi. La nostra è una delle aziende che in questi anni ha saputo creare più valore: e tutto questo è avvenuto in controtendenza, con il sistema postale in estrema difficoltà. Anche la recente privatizzazione delle poste inglesi, la Royal Mail, è costata allo Stato oltre 9 miliardi di pound e non ha riguardato gli uffici postali in quanto non redditizi. Noi abbiamo dimostrato il contrario: si privatizza perché siamo in ottima salute».
Sempre per fare l’avvocato del Diavolo: non è che avete toccato il picco del vostro valore e raggiunto il culmine della redditività?
«No, perché abbiamo molte altre aree di sviluppo. Oggi oltre il 15% dei nostri ricavi deriva da nuovi servizi, cioè da attività che pochi anni fa non esistevano. Pensiamo ad esempio alle nostre nuove attività nell’ambito del cloud, l’ecommerce, la gestione dei big data, e ci stiamo preparando per l’Internet delle cose».
Dunque quella che va in Borsa è una società destinata a lasciarsi alle spalle le lettere e a diventare sempre più multipiattaforma e multiservizio?
«Certamente, la nostra caratteristica distintiva risiede nella capacità di integrazione dei servizi: in altri termini è il cliente che sceglie la modalità di fruizione che gli è più congeniale, sia recandosi all’ufficio postale, o tramite web, smartphone o con il postino telematico che porta a domicilio e nei luoghi di lavoro i nostri servizi. Grazie proprio alla nostra capacità di integrazione siamo diventati leader anche in settori verticali come le assicurazioni e abbiamo creato spazi nuovi come nella telefonia mobile. Il nostro modello ci porta a confrontarci e competere con soggetti del calibro di Google e Amazon. Abbiamo intuito in anticipo il calo irreversibile del mercato postale tradizionale e ci siamo aperti quindi a nuove aree di attività avendo fatto leva sull’innovazione tecnologica. La capacità di innovare ci viene riconosciuta a livello internazionale tanto che nell’ultima classifica di Fortune siamo al quarto posto mondiale nel settore delivery. Le nostre aree di eccellenza ci stanno portando a un rapido sviluppo internazionale: l’ecommerce in Cina, la prospettiva di telefonia mobile in Brasile, la logistica in Russia solo per citare alcuni casi».
Il confronto con gli altri operatori postali vi vede, in termini di bilancio, saldamente in testa alla classifica. Ma il core business delle lettere è comunque in caduta libera. Gli altri business potranno sostenere l’occupazione del più grande bacino di lavoro in Italia?
«Ce l’abbiamo fatta fino a ora anche nei momenti più difficili ed è un nostro punto di orgoglio. Poste trova la sua forza proprio dall’essere vicina alle persone e nel proporre le nostre persone come interlocutori: infatti oltre 2 milioni di clienti entrano ogni giorno nei nostri uffici. Consegniamo 15 milioni di pezzi postali e 250 mila pacchi al giorno. La nostra presenza sul territorio è capillare e non intendiamo retrocedere. Il nostro scopo è offrire sempre più servizi ai clienti, nei luoghi dove risiedono attraverso gli uffici postali, e dove vivono o lavorano tramite i nostri portalettere, e possiamo farlo proprio grazie al modello di integrazione e all’infrastruttura tecnologica di cui siamo dotati».
La partecipazione alla governance delle rappresentanze sindacali è una novità importante nel panorama delle relazioni industriali in Italia. Non ci saranno delle difficoltà?
«Questo è il percorso che costruiremo insieme. La partecipazione ai momenti importanti dell’attività dell’azienda è una modalità che fa parte del nostro Dna e che abbiamo più volte messo in campo. E quindi costruiremo insieme un modello innovativo di partecipazione ».
Massimo Sideri

msideri@corriere.it