Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera 26/1/2014, 26 gennaio 2014
SOCHI – [PISTE, TRENI, MAXI INVESTIMENTI COME OLIGARCHI E AMICI DI PUTIN HANNO MESSO LE MANI SUI GIOCHI]
La valle del fiume Mzymta che collega il mare vicino all’aeroporto di Sochi con le montagne innevate è assai stretta e attraversa gole profonde. La vecchia strada si arrampicava su da Adler tra mille curve e tornanti, passando di qua e di là del fiume fino ad arrivare a Krasnaya Polyana, la base da dove partono le piste di sci. Oggi invece i vagoni grigi e arancio costruiti dalla Siemens per le ferrovie russe uniscono i due punti con una linea quasi retta, lunga 48 chilometri. La ferrovia corre tra tunnel e ponti in buona parte sopra il fiume, come la parallela strada che ha richiesto la costruzione di 23 viadotti e 7 km di tunnel. Un’opera colossale, di alta ingegneria, che si apprezza stando seduti sui morbidi sedili rossi e blu dei convogli che la Siemens ha dovuto testare a +40 e a -40 gradi, in base al contratto con le ferrovie. Un’ora di viaggio, cento rubli di spesa (2,20 euro) e siamo alla base del centro olimpico dove si svolgeranno le gare di sci alpino e nordico, di bob, di slittino. Un’opera colossale, dunque, che è un po’ il simbolo di queste Olimpiadi, visto che da sola è costata 8,7 miliardi di dollari, più di quanto fu speso per l’intero evento di Vancouver nel 2010.
Ma d’altra parte queste sono le Olimpiadi dei record e non solo perché si è deciso di tenere la maggior parte degli eventi sulla costa del Mar Nero, in una regione subtropicale. Il budget iniziale di 12 miliardi di dollari, annunciato da Vladimir Putin in Guatemala nel 2007 quando si aggiudicò i Giochi per il suo Paese, ha continuato a salire: 17, poi 22, quindi 27 miliardi. Fino al balzo finale degli ultimi mesi: 51 miliardi di dollari, quanto nessuno si era mai sognato di spendere nemmeno per le Olimpiadi estive che prevedono il doppio degli atleti, molte più gare e molte più località coinvolte. Ma le autorità russe ci tengono a tranquillizzare il mondo: queste spese, ha spiegato il vicepremier Dmitrij Kozak nei giorni scorsi, sono in buona parte relative a infrastrutture che sarebbero state costruite comunque (anche la spettacolare ferrovia sul Mzymta?). E poi l’affermazione più importante: «Non sono stati scoperti episodi di uso non finalizzato dei mezzi per la costruzione dei siti olimpici»; niente corruzione, insomma. Un fatto assolutamente stupefacente, visto che siamo in Russia. E visto che, solo per citare un esempio, ben tre direttori della maggiore impresa statale incaricata dei lavori, la Olimpstroj, sono stati rimossi dal 2007 con l’apertura di inchieste penali per corruzione (ma nessun caso è mai finito in tribunale).
L’inesperienza e altro hanno fatto lievitare le spese in maniera esponenziale. Considerando la quota alla quale si svolgeranno le gare, si è pensato bene di immagazzinare l’inverno scorso milioni di metri cubi di neve. La pista di bob che parte da 836 metri d’altezza è coperta per proteggere il ghiaccio (che comunque è refrigerato) dal sole. Il cemento per le costruzioni in quota è dovuto arrivare con gli elicotteri mentre si realizzava la strada d’accesso.
Ma quanto sono costate veramente le Olimpiadi di Sochi non lo sapremo mai, perché una parte degli investimenti è stata fatta da privati che, comunque, hanno ottenuto amplissimi mutui agevolati dallo Stato. I principali gruppi impegnati sono l’Interros di Vladimir Potanin (con 2,1 miliardi di dollari) e la Bazel di Oleg Deripaska (con 1,7 miliardi), oligarchi legati al Cremlino. Secondo un rapporto dell’opposizione russa, hanno ricevuto mutui per più del 75% dell’investimento, ma ora chiedono il 100% e altri contributi perché convinti di non rivedere mai i loro quattrini.
Naturalmente sono state coinvolte anche le imprese statali controllate dagli uomini di Putin: Gazprom, la banca Vneshekonombank e le ferrovie, presiedute da Vladimir Yakunin, compagno di vecchia data del presidente russo (erano nella stessa cooperativa di dacie vicino San Pietroburgo).
I contratti d’appalto, è stato spiegato, sono andati a ditte di cui si conosceva la preparazione e l’integrità. I principali se li sono assicurati i fratelli Rotenberg, che casualmente conoscono Putin fin dall’infanzia (Arkadij praticava judo a San Pietroburgo assieme a Vladimir Vladimirovich). Ventuno contratti, per un totale di 7 miliardi di dollari, secondo la rivista New Times . Arkadij Rotenberg ha più volte affermato di non aver avuto alcun aiuto da Putin, che in altre occasioni lo ha definito «una persona mandata al nostro Paese da Dio».
Le Ferrovie hanno assegnato gli appalti più importanti alla Mostotrest dei Rotenberg e alla SK Most di Gennadij Timchenko. Il magnate conosce Putin da anni, ma ha sempre smentito i giornali che lo indicavano come socio o partner del presidente. Ha raccontato al Wall Street Journal che frequentava pure lui lo stesso club di judo di San Pietroburgo. Una curiosa combinazione. Tra tutti i personaggi coinvolti nella vicenda Sochi, ci sono altri insoliti e casuali legami che, naturalmente, non autorizzano a ipotizzare alcunché di poco corretto. La SK Most, per fare un esempio, controlla una banca, la Millennium. E nel consiglio della banca fino a poco tempo fa sedeva, secondo il settimanale Business Week , Natalia Yakunina, che è la moglie del presidente delle ferrovie Vladimir Yakunin.
Fabrizio Dragosei
@Drag6