Maurizio Molinari, La Stampa 26/1/2014, 26 gennaio 2014
IL DESTINO DELLA SIRIA NELLA MAPPA SEGRETA TREGUA A HOMS, SI TEME LA SPARTIZIONE
Le forze di Assad sono in vantaggio ma non riescono a imporsi: si sono rafforzate ai confini col Libano, devono battersi per conservare i passaggi con Giordania e Israele ma soffrono il vulnus della frontiera turca, a ridosso della quale c’è una vasta area in mano ai jihadisti.
È questa la mappa degli equilibri militari in Siria che circola nei corridoi del Palazzo delle Nazioni perché costituisce - assieme ad analisi e dati che la accompagnano - la base concreta del negoziato fra Assad e l’opposizione non jihadista che ha visto ieri il mediatore Lakhdar Brahimi incontrare le delegazioni nella stessa sala. «Si sono parlati - ha detto Brahimi - vogliamo far arrivare aiuti umanitari a Homs, poi discuteremo dei prigionieri e della transizione». Durante i colloqui i ribelli hanno proposto di iniziare il cessate il fuoco da Homs mentre il regime ha ribattuto con Aleppo, facendo prevalere opposte necessità tattiche - sono le città in cui ognuna delle parti è più in difficoltà - che si spiegano proprio con la mappa delle operazioni che pubblichiamo.
È una radiografia nitida di quanto sta avvenendo dopo quasi tre anni di guerra civile, frutto delle informazioni che più Paesi trasmettono all’Onu. La situazione è fluida perché il regime si è rafforzato ma non riesce a tradurre il vantaggio in vittoria. I progressi di Assad si registrano in aree strategiche - Damasco, Homs, il confine libanese e la periferia di Aleppo - dove sono in corso vaste operazioni mentre a Est e Nord prevalgono i ribelli ovvero, in particolare, i jihadisti di Jabhat al-Nusra e «Stato Islamico dell’Iraq e del Levante» (Isis), espressioni rivali di Al Qaeda. In queste zone il regime mantiene contingenti limitati rimandando la riconquista a un secondo momento.
I progressi di Assad si spiegano con l’importante sostegno - in uomini e mezzi - di Hezbollah, Iran e Russia mentre la debolezza dei ribelli è difficile da mascherare. I ribelli sono divisi da lotte interne e alleanze rivali, non hanno una struttura unificata di comando e soffrono l’assoluta superiorità aerea e tecnologica del regime. Gli scontri diretti dell’ultimo anno tratteggiano la dinamica degli sviluppi militari.
Una delle aree dove si concentrano gli scontri è fra Homs e il confine libanese: qui il regime è riuscito a rovesciare la situazione a proprio favore grazie ai miliziani Hezbollah mentre altrettanto non è avvenuto a Damasco perché registra una situazione di stallo con Assad che tiene il centro ma è incalzato nella periferia. I governativi tengono anche le aree sulla costa e altre città, come Hama e Idlib. Ribelli e jihadisti hanno invece accresciuto il controllo del Nord e dell’Est, a cominciare dalla cattura di Raqqah e dei pozzi di Dayr Az-Zawr.
Al tempo stesso però queste fazioni ribelli devono vedersela con i gruppi curdi. Per esempio, il Partito curdo dell’unione democratica (Pyd) ha rafforzato in molte aree il controllo collaborando di fatto con Assad. Nel Sud e dentro Aleppo prevale invece l’instabilità, fino al punto da rendere difficile l’accertamento dei reali equilibri. Il regime ha ripreso l’iniziativa solo alla periferia di Aleppo, creando una via di rifornimento alternativa, mentre nel Sud i ribelli sono in grado di contendere ad Assad il controllo del confine con la Giordania e alcune aree del Golan a ridosso della linea di demarcazione con Israele.
La strategia di Damasco è controllare le città, bloccando i rifornimenti ai ribelli dai Paesi confinanti. Da qui l’importanza della riconquista di Qusayr, di Khalidiya di alcuni centri lungo la strada Damasco-Homs. La spina nel fianco di Assad resta però il confine con la Turchia - e l’adiacente Iraq - perché consente ai ribelli di consolidarsi nel Nord. Gli oppositori tuttavia non sembrano in grado di riconquistare le aree perdute, non avanzano e la maggioranza delle loro operazioni sono attacchi contro depositi di armi, aeroporti e siti di armi chimiche.
Per comprendere come sia stato possibile per il regime rovesciare a proprio favore l’equilibrio militare nel corso del 2013 bisogna tener presente tre elementi. Primo: la tattica «alla russa», con massicci bombardamenti che spianano la strada all’assalto della fanteria, spesso Hezbollah. Secondo: l’impiego di milizie, appartenenti a gruppi filo-Assad. Terzo: i rifornimenti da Teheran e Mosca.