Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 26 Domenica calendario

IL SEGRETO VINCENTE DI BERLUSCONI


Le fotografie di Berlusconi con l’età e la faccia che ha, ritratti concordati e pubblicati oggi nel magazine del Sunday Times , sono il miglior regalo che il Cav poteva fare a coloro che, con animo diverso e modi diversi,gli sono andati appres­so per vent’anni. Sono una epifania, una mani­festazione di verità e di realtà che non ha al­cunché di malinconico: eccomi qui, senza ma­schera, senza quella che gli spregiatori chia­marono “ plastica”,forte di tutto quello che so­no al culmine dell’avventura, comprese le ru­ghe, gli occhi impensieriti della vecchiaia, lo sguardo reso più intenso e significativo ed ele­gante, perfino maestoso e regale, dall’assen­za di trucco. Ben scavato, vecchia talpa.
Berlusconi è il re del populismo democrati­co. Il tratto autoritario o falso è sempre stato un’invenzione parodistica e maligna dei suoi Arcinemici. Tendenzialmente autoritarie e false sono le oligarchie finanziarie fondate sul denaro vecchio, le famiglie che contano solo per lo stile che incarnano o credono di incar­nare al riparo dalle verifiche del mercato, delle elezioni, dell’agorà. Autoritaria e falsa è la loro lingua di legno, con il ri­serbo snobistico e narcisistico dell’ovatta di società che cir­confonde e attenua le asprez­ze dell’esperienza. Autoritaria e ideologica è la spersonalizza­zione della politica, la presun­zione di non dover piacere a quelli della folla che se ne sta lì di fuori a farsi educare e riedu­care dal galateo dei potenti irre­sponsabili: establishment, al­te burocrazie, media.
Il “Cavaliere mascarato”, quello con il poncho che dice “sono invincibile”,è una genia­le invenzione televisiva di An­tonio Ricci per Striscia la noti­zia .
Come tutte le invenzioni satiriche di talento, dice la veri­tà poli­tica intorno al suo ogget­to di amichevole scherno. Il po­pulismo democratico di Berlu­sconi nasce prima del leader politico, del fondatore di Forza Italia. È parte del suo essere e del suo essere restato sempre, anche nelle funzioni pubbli­che di maggior rango, un uo­mo privato sulla scena pubbli­ca, uno specialissimo e unico campione dell’uomo comune, del cittadino che esercita pote­re e responsabilità senza na­scondere la sua difettosa, im­perfetta e, appunto, invincibi­le libertà. Come tutte le imma­gini autentiche, questa perfor­mance, ventennale e più, ha avuto bisogno di esprimersi an­che in una maschera.
Questo ha concesso ai pro­duttori di equivoci banali, ai manipolatori dell’opinione pubblica, il vantaggio di lavora­re indisturbati in quella zona franca del conformismo che è il rispetto mandarino delle convenzioni del potere. Ma a loro scorno l’operazione non è riuscita mai a incidere il nu­cleo di una certa Italia nuova, che si adopera a vivere, a ride­re, a piangere fuori del ricatto della rispettabilità perbenista, e che all’identificazione con un fenomeno che incanta e di­verte, anche quando faccia ar­rabbiare, non ha mai rinuncia­to. Ci vuol altro che uno stuolo di untorelli togati, di editori, raider finanziari e giornalisti in fregola di dominio e sempre a caccia di rivincite a buon prezzo: i berluscones, razza fer­rigna, corazzata di plastica in­distruttibile, non si lasciano babbiare, non si fanno prende­re in giro.
Il populismo democratico di Berlusconi, fin dai tempi in cui battagliava per la libertà di an­tenna e rompeva l’odioso mo­nopolio di stato dell’informa­zione e della cultura, fondato sulle brache imposte all’eco­nomia e al libero commercio, ha sempre osservato le regole senza subire la lezioncina mo­rale in esse incorporata, secon­do la versione infida o canone dei custodi delle regole. La ma­schera dell’eccesso e la logica del marketing hanno fatto esplodere l’ipocrisia insensa­ta delle nostre vecchie classi di­rigenti e hanno introdotto nel­la politica e nell’arte di vivere significati molto più profondi della correttezza politica e civi­le di superficie alla quale s’ag­grappano gli stenterelli del de­mi- monde che si vuole impec­cabile. Matteo Renzi, con il suo giovanilismo anche pasticcio­ne e la sua palese insofferenza alle solite gabbie burocratiche delle nomenclature costituite, un brillante fenomeno imitati­vo ma non solo, risulta a tutt’og­gi un buon vendicator­e della re­altà di questo ventennio di deli­zie che Berlusconi ci ha assicu­rato, spacciato per epoca del declino e del tramonto dei valo­ri dai cultori arcigni, mesti, del­la trasformazione in reato dei peccadillos e della fantasia per­sonale sulla scena pubblica.
L’italietta dei pensatori cor­retti ha mediato nel mondo dei media internazionale, perché ne ha avuto il potere e l’abilità luciferina, l’immagine trucca­ta di un anomalo mostro, di un Arcinemico della democrazia repubblicana. Ma le belle ban­diere non sono prerogativa di quelli che credono di avere il monopolio del cuore e dell’in­telligenza. Qualcuno di loro, in tutta la sua maniacalità mili­tante, li ha traditi. Il bardo del­l’antiberlusconismo, quel su­blime maniaco del giurista Franco Cordero, ha elevato al Cav un monumento equestre in bronzo che nessun leader politico prima di lui aveva avu­to in sorte. Berlusconi è di volta in volta, nella prosa dello scrit­tore di Repubblica , articolo do­po articolo, libro dopo libro, un pirata, un re, un piazzista, ma sempre se ne sta, e resta, co­me il simbolo di quel pianeta sconosciuto e lucente che è la vitalità. Nelle fotografie del Sunday Times di quella vitali­tà, di quel tratto indiscutibil­mente superiore anche dal punto di vista morale, si vedo­no i solchi bellissimi di una vec­chiaia ben spesa e ben vigile, celebrazione perfetta di un grande anniversario di fonda­zione. Gli sono amico ed è perfi­no ovvio che lo faccia: gli dico grazie a nome di tutti quelli che lo servono senza servili­smo, nella loro compiuta liber­tà, per avere finalmente indos­sato anche la maschera del­l’uomo che non conosce ma­schere.