Giuliano Ferrara, Il Giornale 26/1/2014, 26 gennaio 2014
IL SEGRETO VINCENTE DI BERLUSCONI
Le fotografie di Berlusconi con l’età e la faccia che ha, ritratti concordati e pubblicati oggi nel magazine del Sunday Times , sono il miglior regalo che il Cav poteva fare a coloro che, con animo diverso e modi diversi,gli sono andati appresso per vent’anni. Sono una epifania, una manifestazione di verità e di realtà che non ha alcunché di malinconico: eccomi qui, senza maschera, senza quella che gli spregiatori chiamarono “ plastica”,forte di tutto quello che sono al culmine dell’avventura, comprese le rughe, gli occhi impensieriti della vecchiaia, lo sguardo reso più intenso e significativo ed elegante, perfino maestoso e regale, dall’assenza di trucco. Ben scavato, vecchia talpa.
Berlusconi è il re del populismo democratico. Il tratto autoritario o falso è sempre stato un’invenzione parodistica e maligna dei suoi Arcinemici. Tendenzialmente autoritarie e false sono le oligarchie finanziarie fondate sul denaro vecchio, le famiglie che contano solo per lo stile che incarnano o credono di incarnare al riparo dalle verifiche del mercato, delle elezioni, dell’agorà. Autoritaria e falsa è la loro lingua di legno, con il riserbo snobistico e narcisistico dell’ovatta di società che circonfonde e attenua le asprezze dell’esperienza. Autoritaria e ideologica è la spersonalizzazione della politica, la presunzione di non dover piacere a quelli della folla che se ne sta lì di fuori a farsi educare e rieducare dal galateo dei potenti irresponsabili: establishment, alte burocrazie, media.
Il “Cavaliere mascarato”, quello con il poncho che dice “sono invincibile”,è una geniale invenzione televisiva di Antonio Ricci per Striscia la notizia .
Come tutte le invenzioni satiriche di talento, dice la verità politica intorno al suo oggetto di amichevole scherno. Il populismo democratico di Berlusconi nasce prima del leader politico, del fondatore di Forza Italia. È parte del suo essere e del suo essere restato sempre, anche nelle funzioni pubbliche di maggior rango, un uomo privato sulla scena pubblica, uno specialissimo e unico campione dell’uomo comune, del cittadino che esercita potere e responsabilità senza nascondere la sua difettosa, imperfetta e, appunto, invincibile libertà. Come tutte le immagini autentiche, questa performance, ventennale e più, ha avuto bisogno di esprimersi anche in una maschera.
Questo ha concesso ai produttori di equivoci banali, ai manipolatori dell’opinione pubblica, il vantaggio di lavorare indisturbati in quella zona franca del conformismo che è il rispetto mandarino delle convenzioni del potere. Ma a loro scorno l’operazione non è riuscita mai a incidere il nucleo di una certa Italia nuova, che si adopera a vivere, a ridere, a piangere fuori del ricatto della rispettabilità perbenista, e che all’identificazione con un fenomeno che incanta e diverte, anche quando faccia arrabbiare, non ha mai rinunciato. Ci vuol altro che uno stuolo di untorelli togati, di editori, raider finanziari e giornalisti in fregola di dominio e sempre a caccia di rivincite a buon prezzo: i berluscones, razza ferrigna, corazzata di plastica indistruttibile, non si lasciano babbiare, non si fanno prendere in giro.
Il populismo democratico di Berlusconi, fin dai tempi in cui battagliava per la libertà di antenna e rompeva l’odioso monopolio di stato dell’informazione e della cultura, fondato sulle brache imposte all’economia e al libero commercio, ha sempre osservato le regole senza subire la lezioncina morale in esse incorporata, secondo la versione infida o canone dei custodi delle regole. La maschera dell’eccesso e la logica del marketing hanno fatto esplodere l’ipocrisia insensata delle nostre vecchie classi dirigenti e hanno introdotto nella politica e nell’arte di vivere significati molto più profondi della correttezza politica e civile di superficie alla quale s’aggrappano gli stenterelli del demi- monde che si vuole impeccabile. Matteo Renzi, con il suo giovanilismo anche pasticcione e la sua palese insofferenza alle solite gabbie burocratiche delle nomenclature costituite, un brillante fenomeno imitativo ma non solo, risulta a tutt’oggi un buon vendicatore della realtà di questo ventennio di delizie che Berlusconi ci ha assicurato, spacciato per epoca del declino e del tramonto dei valori dai cultori arcigni, mesti, della trasformazione in reato dei peccadillos e della fantasia personale sulla scena pubblica.
L’italietta dei pensatori corretti ha mediato nel mondo dei media internazionale, perché ne ha avuto il potere e l’abilità luciferina, l’immagine truccata di un anomalo mostro, di un Arcinemico della democrazia repubblicana. Ma le belle bandiere non sono prerogativa di quelli che credono di avere il monopolio del cuore e dell’intelligenza. Qualcuno di loro, in tutta la sua maniacalità militante, li ha traditi. Il bardo dell’antiberlusconismo, quel sublime maniaco del giurista Franco Cordero, ha elevato al Cav un monumento equestre in bronzo che nessun leader politico prima di lui aveva avuto in sorte. Berlusconi è di volta in volta, nella prosa dello scrittore di Repubblica , articolo dopo articolo, libro dopo libro, un pirata, un re, un piazzista, ma sempre se ne sta, e resta, come il simbolo di quel pianeta sconosciuto e lucente che è la vitalità. Nelle fotografie del Sunday Times di quella vitalità, di quel tratto indiscutibilmente superiore anche dal punto di vista morale, si vedono i solchi bellissimi di una vecchiaia ben spesa e ben vigile, celebrazione perfetta di un grande anniversario di fondazione. Gli sono amico ed è perfino ovvio che lo faccia: gli dico grazie a nome di tutti quelli che lo servono senza servilismo, nella loro compiuta libertà, per avere finalmente indossato anche la maschera dell’uomo che non conosce maschere.