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 2014  gennaio 27 Lunedì calendario

INTERVISTA A GABRIEL GARKO PER VISTO TV

«Ormai è così, qualsiasi cosa io faccia vengo stroncato. La gran parte dei critici ha la puzza sotto il naso, e credo che neanche abbia visto la fiction. Un tempo questo mi feriva, oggi no». È polemico Gabriel Garko, l’attore torinese che insieme a Manuela Arcuri sta riscuotendo un’enorme successo di pubblico con la seconda stagione della fiction Il peccato e la vergogna. Un successo anche eccessivo a volte.
Ha raccontato di aver ricevuto lettere minatorie e di essere stato quasi aggredito per strada da signore che le rinfacciavano di essere troppo malvagio nella fiction (dove interpreta Nito Valdi). Si è mai pentito di aver accettato il ruolo?
«No, assolutamente. Se c’è qualcuno che confonde la finzione con la realtà è un problema suo. Per il resto ho capito che la gente segue la fiction con trasporto vero. Certo, arrivare a spaccarmi il parabrezza della macchina è un po’ esagerato… Se questa è la conseguenza per il personaggio che interpreto, finché non riescono ad ammazzarmi, e spero di no (ride, ndr), continuo a farlo».
Nito, il suo personaggio, è ossessionato da Carmen (Manuela Arcuri) e la perseguita. Ha mai provato una tale ossessione per una donna?
«Nito è veramente malato, vuole lei perché gli ricorda la madre che lo aveva abbandonato da piccolo. È una forma ossessiva che secondo me, purtroppo, è diffusa tra gli uomini. Ma se l’avessi avuta io mi sarei vergognato e mi sarei fatto curare».
Ammetta comunque che le piace fare il cattivo…
«È vero, stuzzica di più l’appetito rispetto a un ruolo da buono, che dopo un po’ stufa. Con Nito ho dato sfogo a tutto quello che pensavo fosse più scorretto, spietato e sadico: la cattiveria per il puro gusto di infliggere del male».
Nel Peccato e la vergogna non mancano le scene di sesso con la Arcuri. Mai provato imbarazzo nel girarle?
«Beh, un po’ sì, devo ammettere. C’è una troupe davanti e generalmente ti mettono una tavola rigida sotto il materasso perché sennò sprofondi. Non è la cosa più comoda da fare… Senza dimenticarci che le scene con Manuela sono state scene di sesso violento. C’era molta violenza, la prendevo da dietro… L’imbarazzo nasceva anche da quello…».
Con la Arcuri ha avuto anche una relazione in passato. Tutto bene sul set?
«Sì, io e Manuela siamo stati bravi a trasformare la nostra storia in una grandissima amicizia. Nella vita privata non è che ci frequentiamo e andiamo sempre fuori insieme. Ci sentiamo con molto piacere ogni tanto e sappiamo sempre dov’è uno e dov’è l’altro, ci teniamo d’occhio ma io ho la mia vita e lei ha la sua».
Dicono che quando lavora lei diventa intrattabile?
«Nella vita privata sì, perché ho bisogno di studiare. Magari sono a casa davanti alla televisione ma ho lo sguardo perso nel vuoto perché sto ripassando le battute. Quando sto preparando un personaggio è difficile starmi accanto, me ne rendo conto».
Quest’anno, a luglio, compie quarant’anni. Non sarebbe l’età giusta per diventare padre?
«Ho pensato spesso a questo ultimamente. Da una parte mi pento di non aver fatto un figlio prima perché ora mi ritroverei con un figlio già abbastanza grande con cui divertirmi. Il figlio, però, non è un divertimento e dovrei improvvisamente crescere con un figlio davanti. Non mi sento pronto. Dovesse accadere, lo accetterei benissimo. Dovessi programmarlo, avrei delle difficoltà».
Scartato il figlio, parliamo allora del matrimonio…
«Vedo tantissimi amici che stanno divorziando, quindi mi chiedo doversi affossare su un pezzo di carte che toglie la magia della coppia. Non voglio andare contro chi ci crede».
E i suoi genitori com’erano? Hanno appoggiato nella scelta di fare l’attore?
«Mia madre sognava per me il lavoro di Carabiniere o avvocato, tutto tranne questo lavoro. Oggi, però, è contenta ma mi bacchetta sempre. I miei genitori non mi hanno mai viziato, mi è servito molto, non sono cresciuto con la testa fra le nuvole».
Per finire, ci rivela un suo peccato e una sua vergogna?
«Spero non ci siano cose di cui vergognarmi anche perché non mi piace tanto. Peccati tanti, troppi, ma lasciamo perdere che è meglio…».