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 2014  gennaio 26 Domenica calendario

28 GENNAIO 1875 E GARIBALDI DIVENTÒ DEPUTATO DEL REGNO D’ITALIA


IL 26 gennaio 1875 Giuseppe Garibaldi, all’età di 67 anni, è a Roma per prendere possesso del suo scranno in Parlamento come deputato del Regno d’Italia; è stato eletto nella XII legislatura con 348 voti su 359. Due giorni prima ha lasciato la sua Caprera con il figlio Menotti imbarcandosi per Civitavecchia, dove sono ad aspettarlo amici ed ammiratori, e da lì si è trasferito nella capitale. Il giorno stesso del suo arrivo eccolo a Montecitorio, accolto dai deputati della Sinistra con grandi applausi, che s’interrompono solo quando il generale pronunzia il giuramento. E’ chiamato al balcone dagli applausi della folla e allora pronuncia la famosa frase: «Italiani, siate seri!». L’Eroe dei Due Mondi però è indiscutibilmente in uno stato precario di salute, tanto che l’artrosi rende lenti i suoi movimenti e in seguito Garibaldi sarà costretto a farsi portare a braccia o in carrozzella. È la terza volta che siede in Parlamento, ma la prima volta, nel 1860, si è dimesso due settimane prima di intraprendere la grande avventura della spedizione dei Mille; una seconda volta, nel 1863, ha rinunciato al seggio dichiarando che la politica non era il suo mestiere. Detesta i dibattiti, lui uomo d’azione, e non sopporta di essere contraddetto; ma questa volta, in barba al precario stato di salute, è deciso a restare. Oltretutto il 29 gennaio è anche andato a far visita al Quirinale al re Vittorio Emanuele II, che lo ha accolto con grande cordialità, e il giorno dopo è venuto a salutarlo il principe Umberto. Quindi tutto è in armonia anche con i reali, nonostante la sua chiara tendenza ad una fede repubblicana.
Ma sono i “colleghi” del Parlamento che non lo ritengono nel pieno delle energie per le battaglie parlamentari e giudicano la sua carica solo onorifica, ma non produttiva per i dibattiti delle leggi. Tanto che il deputato Pasquale Stanislao Mancini il 2 dicembre 1874, prima che Garibaldi fosse eletto per la terza volta, ha proposto di assegnare una rendita vitalizia all’ex condottiero, proprio per evitare che si presentasse in Parlamento; il 19 dicembre la proposta è stata approvata alla Camera con 307 voti a favore e 25 contrari, mentre il Senato l’approverà il 21 maggio 1875, quando Garibaldi è già stato eletto. Ma il deputato la rifiuta per ora e, votato in pieno all’attività parlamentare, il 26 maggio del 1875 propone in un discorso appassionato di progettare la deviazione del corso urbano del Tevere per bonificare l’Agro Romano. Il progetto inizialmente viene approvato, ma poi si blocca nell’attuazione, cosicché Garibaldi ritiene gli ostacoli posti all’opera come un insulto personale. Ne è indignato. «Tutt’altra Italia io sognavo nella mia vita, non questa miserabile all’interno ed umiliata all’estero », scriverà nelle sue Memorie.
Ma il municipio di Roma apprezza ugualmente il suo impegno per la capitale e fa coniare a futura memoria una medaglia raffigurante un busto di Garibaldi e, nel retro, una veduta prospettica del Campidoglio. E l’Eroe dei Due Mondi non si dimette per ora, proprio per non darla vinta a quanti hanno fatto naufragare il suo progetto; finché nel 1876 finisce per accettare la pensione di 50 mila lire annue, alla quale si aggiungerà una rendita annua da deputato. È amareggiato però e ad amareggiarlo ulteriormente gli giunge la notizia dell’arresto del genero, Stefano Canzio, marito della terzogenita Teresita, anche se verrà rilasciato pochi giorni dopo grazie al suo interessamento. Ma non significa la fine del suo impegno parlamentare, che incrementa con l’appoggio di personalità di fedi politiche diverse, come Bertani, Cavallotti, Lemmi, Pantano, Saffi, Campanella; con loro approda ad un programma quanto mai ardito, che contempla il suffragio universale maschile, l’abolizione del giuramento di fedeltà dei deputati alla monarchia, la laicizzazione dello Stato, la confisca e la distribuzione dei beni ecclesiastici, oltre alla bonifica dell’Agro Romano, che appunto era saltato. Si costituisce così il partito “Lega della Democrazia”, della cui istituzione egli stesso dà notizia in Parlamento il 26 aprile 1879 con la contemporanea nascita di un giornale dal titolo “La Lega della Democrazia”.
Nel progetto elettorale Garibaldi mira al suffragio universale e all’abolizione del giuramento dei rappresentanti in Parlamento, ma prevedendo la non attuazione dei suoi ideali politici, il 27 settembre 1880 si dimette in segno di protesta, ritirandosi definitivamente a Caprera. Nella lettera di dimissioni dichiara che non intende più far parte dei «legislatori in un Paese dove la libertà è calpestata e la legge non serve nella sua applicazione che a garantire la libertà ai gesuiti e ai nemici dell’unità d’Italia».