Francesco Chiamulera, Il Fatto Quotidiano 27/1/2014, 27 gennaio 2014
L’ITALIANO SENZA PROLETARI E REGGIPETTI
Quando è successof che in Italia “marketing” è diventato un termine più usato di “proletario”? Da quanto tempo utilizziamo la parola “CD” in luogo di “dischi”? Com’è cambiata la popolarità di scrittori, musicisti, artisti che hanno occupato la scena in questi anni? Lo spirito di un’epoca, quello che dal Romanticismo in avanti chiamiamo zeitgeist - l’insieme delle sensibilità e delle tendenze che danno il volto, l’odore a un momento storico - forse è misurabile. Alcuni siti web ci sono riusciti. Nell’epoca del trionfo delle statistiche e dei grafici che segnano con una linea l’andamento delle cose, Google ha riversato una parte dell’immenso patrimonio di venti milioni di libri digitalizzati e archiviati nella sezione Books in un’applicazione nuova: Ngram Viewer. Con risultati che - ammesso che se ne faccia un uso ponderato - si aprono a mille usi. Il programma funziona così. Si digita una parola, qualsiasi parola: un nome comune, un avverbio, un verbo, una locuzione, oppure il nome e il cognome di una persona. E Ngram ne ricerca in pochi istanti la ricorrenza in oltre cinque milioni di libri (dato 2010, riferito ai testi in lingua inglese, ma la ricerca è possibile anche presso un vasto repertorio in italiano), visualizzando i risultati sotto forma di un grafico a linea, che corre a ritroso dal 2008 fino ai primordi della stampa. Un servizio simile è offerto dal New York Times, che ha lanciato Chronicle, che si basa sugli articoli pubblicati dal quotidiano statunitense dal 1981 a oggi.
Dante batte Shakespeare
Facendo un primo tentativo con “William Shakespeare”, Ngram e applicazioni affini vengono subito messe alla prova: dopo una forte ricorrenza nella seconda metà del Seicento , la linea disegna la fortuna dello scrittore nei secoli, impennandosi nell’Ottocento (quando diventa poeta nazionale). Aggiungiamo “Dante” e scopriamo che, anche presso i testi in inglese, la ricorrenza del poeta fiorentino è nettamente superiore a quella del Bardo, che pure da cinquant’anni a questa parte è in forte recupero. Un lato estremamente gustoso Ngram lo rivela con i libri in lingua italiana. Mettendo “in competizione” Mussolini, De Gasperi, Craxi e Berlusconi scopriamo che il Duce rimane l’oggetto privilegiato delle attenzioni degli scrittori del nostro Paese, mantenendo una popolarità costantemente superiore a quella di ciascuno dei suoi successori repubblicani. Compreso il Cavaliere.
Trionfo degli anni ‘70
La “fotografia” di certi decenni si fa più nitida se si utilizzano chiavi di ricerca come “crisi economica”. Cosa succede? Ecco la curva in verticale dei primi anni Trenta, con la Grande depressione, e poi una lunga fase di discesa negli anni del benessere, che si spezza solo negli anni Settanta, quando si ricomincia a parlare di crisi, non solo petrolifera. Poi la linea scende di nuovo, e tocca un punto minimo nel 2008, ultimo anno consentito dalla ricerca. Ma cosa accadrebbe se Ngram arrivasse al 2013? “Ferie” è parola più usata di “vacanze” proprio negli anni del dopoguerra, quando milioni di italiani sperimentano i primi periodi di pausa retribuita dal lavoro di ufficio o in fabbrica; “minigonna” compare nei primi anni Sessanta e ha un picco ulteriore nei “laici” anni Ottanta. Il 1960, con l’Italia che scopre i consumi di massa, è l’anno in cui “Coca Cola” sorpassa “Chinotto”, mentre “discoteca” si impone a partire dal 1972/73, e poi sempre più con il successo della discomusic e dei film con John Travolta. Mentre gli italiani usano di più, nei libri, “stereo” di “grammofono” (sorpasso nel 1965), “CD” di “dischi” (sorpasso nel 1988), “DVD” di “videocassetta” (sorpasso nel 2000).
Addio crepacuore
Ngram racconta anche una lingua che evolve e cambia. “Lagrime”, ad esempio: dopo essere stato superato da “lacrime” già nel lontano 1930 ora è quasi scomparso. E così si dica di “crepacuore” , sorpassato da “infarto”, e di “reggipetto”, oscurato a partire dal 1963 dal più moderno “reggiseno”. Mentre l’oblio si stende su termini come “codesto”, “costoro”, “fanfaluche”, in costante declino durante il ‘900. In compenso, ecco registrato dall’applicazione di Google lo slang irritante che segna i vari decenni: “matusa” è in gran voga tra gli anni Sessanta e Settanta, poi (per fortuna) passa di moda e ora è prerogativa di qualche reduce di quell’epoca; a metà degli anni Ottanta, intanto, esplode “drittone”, negli anni Novanta è la volta di “figata”, tuttora in forte crescita. Mentre “corbezzoli” e “ohibò” erano molto usati tra le due guerre, e “grinta” va forte negli anni del boom, gli anni Novanta vedono l’esordio di brutti neologismi politico-mediatici come “ribaltone”, “larghe intese”, “inciucio”, “controesodo”. E se con la fine della Prima repubblica ci siamo quasi liberati di locuzioni come “governo balneare”, un nuovo flagello linguistico le ha prontamente sostituite: il “governo tecnico”, che esplode da Lamberto Dini in avanti.
I programmi di ricerca raccontano anche l’arrembaggio dell’inglese: “supermarket” vince su “droghiere” nel 1971, “pullover” e “jeans” si diffondono negli anni Settanta, “centralino” è sconfitto da “call center” nel 2002, mentre gli anni Ottanta e Novanta vedono la comparsa di termini come “loft”, “chat”, “outsourcing”, “project financing”.
Sinistra senza parole
Ngram Viewer descrive la storia di un intero vocabolario, quello della sinistra novecentesca, che dopo l’ubriacatura ideologica degli anni Settanta sta venendo messo in soffitta. E qui i “sorpassi” si fanno emblematici, acquistano il sapore quasi di una rivalsa. Il termine “proletario”, che aveva dominato buona parte del XX secolo, comincia il suo declino nel 1975, e nel 1982 è definitivamente superato da “marketing”, che si impenna nei nostri anni dominati dal vocabolario economico. “Marx”, che aveva sorpassato nell’uso letterario persino “Gesù” nel 1946, è di nuovo superato dal fondatore della cristianità nel 1986. Contemporaneamente, nell’82, “tecnologia” diventa più comune di “ideologia”, mentre “business” sorpassa “classe operaia” nel 1995 e nel 2002 persino “rivoluzionario”; il termine “mercato” supera “classe” nel 1983, poi ha la meglio anche su “partito” nel 1987. “Piccola impresa”, che fa parte del vocabolariopredilettodellanuovadestra,conosceilsuoexploit a partire dagli anni Settanta (ma in quest’ultimo decennio è tornata a scendere), mentre il termine “identità” nel 1985 sorpassa “progresso”, che aveva saldamente dominato tutto il XX secolo. L’85 è anche l’anno di un avvicendamento molto simbolico: per la prima volta “piacere” è usato nei libri più di “dovere”. Il New York Times conferma: usando il suo programma di ricerca, scopriamo che “yuppie” si impenna negli articoli del quotidiano newyorkese tra il 1984 e il 1985 e resta popolare fino al 2000, quando viene superato da “hipster”.
Politicamente corretti
Tornando in Italia, se gli anni Ottanta sono anche quelli in cui fiorisce tutto un lessico legato al mondo della moda (“stilista” vince su “sarto”, si impongono “spot”, “fashion”, “passerella”, “sfilate”), Ngram Viewer descrive un ulteriore novità linguistica: la diffusione del politicamente corretto nella lingua, che spinge a preferire “disabile” a “handicappato”, “neri” a “negri”, “domestica” a “servitù”, e soprattutto “gay” e “omosessuale” rispetto a “invertito” e “pederasta”. “Lesbica” a sua volta si afferma nel 1978 sull’aggettivo aulico “saffica”, da allora sempre più confinato alla letteratura, mentre negli articoli del New York Times cresce esponenzialmente negli anni Novanta l’espressione “climate change”, riscaldamento globale. In Italia intanto crollano espressioni vetuste come “plebaglia”, mentre anche il semplice termine “capo” è ormai insidiato dalla popolarità di “rete”. E sì che il fascismo ci aveva provato, a fare una sua riforma del vocabolario. L’autarchia linguistica però è stata sconfitta all’indomani della caduta di Mussolini: “garage”, sebbene superato di poco nel Ventennio da “autorimessa”, poi si impone definitivamente, e idem per “champagne” sulla sua brutta traduzione italiana “sciampagna”. Ugualmente accade per “ouverture” e “croissant”, che hanno un calo negli anni Trenta delle sanzioni e della crisi diplomatica con la Francia, ma che dopo il ’43 tornano alla popolarità antica. Lo stesso, significativamente, accade con termini “proibiti” quali “sciopero”, “democrazia”, “Matteotti”: banditi dal regime, tornano prepotentemente dopo il 25 luglio.
La gloria è breve
Ngram e Chronicle sono anche strumenti preziosi per misurare la popolarità di figure storiche e della cultura. Nel nostro Paese la grande fama di Alberto Moravia nel dopoguerra è sorpassata da quella di Umberto Eco nel 1980, non casualmente l’anno di pubblicazione del best-seller “Il nome della rosa”. Mentre sorge l’astro, sempre in quegli anni, di Dacia Maraini. Un mondo, quello della letteratura , che non è esente dalle mode, anzi: farà piacere ai fan di George Orwell sapere che lo scrittore britannico conosce una fortuna sempre in crescita, soprattutto dopo (guarda caso) il 1984, mentre autori cult di una generazione, come Eric Fromm dopo la fine degli anni Settanta, o Milan Kundera dopo gli anni Ottanta, conoscono un certo declino. Exploit come quello di Susanna Tamaro (un picco dopo l’uscita di “Va’ dove ti porta il cuore”) sono parzialmente compensati da scrittori con fortune più progressive come Alessandro Baricco, che cresce in modo costante; mentre la passione degli anni Ottanta per Marguerite Yourcenar e il suo “Memorie di Adriano” non regge al successo travolgente, nel decennio successivo, di Andrea Camilleri.
Addio mariuoli, solo stronzi
Difficile, infine, testare questi programmi sul turpiloquio, che naturalmente appartiene più alla lingua parlata che a quella scritta. Ma proprio per questo fa una certa impressione leggere che persino nei libri “culo” diventa più popolare di “natiche” nel 1969, stesso anno in cui “stronzo” sorpassa “mariuolo”. Mentre Ngram Viewer non può che registrare l’ascesa verticale, anche nel vocabolario stampato, dell’interiezione “cazzo”. Che dopo avere oltrepassato nel 1972 “diamine”, nel ‘98 diventa termine più popolare persino di “accidenti”. Per consolarci di fronte all’inevitabile imbarbarimento della lingua, non potremo che ricorrere alla nostra cucina. Ma anche qui le delusioni non mancano: se “tagliatelle” e “spaghetti” hanno un vero boom in questi vent’anni, tra i fornelli l’esotico avanza, inarrestabile. Meno “strutto” e più “sushi”, insomma, e meno “ravioli” e più “hamburger”.