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 2014  gennaio 27 Lunedì calendario

COWBOY MESTIERE FINITO ADDIO AL MITO DEL WEST


Se continua così, i cowboy resteranno solo nei fumetti e nei pochi film che ancora raccontano il loro mito. Perché il numero dei bovini allevati negli Stati Uniti è sceso al livello più basso dal 1952, e questo crollo sta ridimensionando le attività dei ranch, condannando quasi all’estinzione un mestiere diventato simbolo dell’America.
Nel nostro immaginario i cowboy sono tipi come John Wayne o Tex Willer, sempre impegnati a dare la caccia a indiani o criminali, piuttosto che inseguire le mucche per prenderle al lazo. La verità però è un’altra. L’allevamento del bestiame è stato al centro della conquista del West, sul piano fisico, economico e anche politico, e l’abbondanza di carne sulle tavole di tutto il Paese era uno degli elementi che rendeva tangibile il sogno americano. Per realizzare tutto questo, però, servivano persone disposte a svegliarsi alle quattro del mattino, salire sul cavallo per inseguire le vacche, e tornare distrutte al ranch dopo il tramonto. Grosso modo per 365 giorni all’anno, col variare stagionale dei compiti, senza ferie pagate o giorni di malattia.

È un lavoro durissimo che poche persone vogliono continuare a fare, anche perché non paga più come un tempo. L’allarme è arrivato sulle pagine del New York Times, che visitando il National Western Stock Show, ossia la grande fiera bovina annuale vicino Denver, ha raccontato un mondo al crepuscolo.
Il prezzo della carne negli ultimi anni è aumentato molto, ma per le ragioni sbagliate. La crisi economica ha ridotto i consumi, e il calo della domanda ha spinto gli allevatori a diminuire la produzione. Secondo lo United States Department of Agriculture, il primo gennaio del 2013 in America c’erano 89,3 milioni di bovini, cioè il livello più basso dagli 88,1 milioni di 1952. Sembrano molti, ma c’è stato un calo annuale del 2%. Oltre alla crisi economica, che si spera stia finendo, gli altri fattori da cui è dipeso il crollo sono la siccità, che ha diminuito i pascoli e aumentato i costi, e il mutamento delle abitudini alimentari degli stessi americani. Meno carne rossa, per ragioni salutiste, e più attenzione all’impatto ambientale di allevamento, agricoltura, e produzione di energia attraverso il mais che un tempo serviva solo come mangime.
Risultato: se fino a qualche anno fa una famiglia di quattro persone riusciva a vivere in maniera decente con 250 mucche, adesso ha bisogno del doppio per sopravvivere. Molti non ce la fanno e quindi mollano.
Il mestiere del cowboy, poi, è minacciato da come funziona oggi l’allevamento. La tecnologia ha preso il sopravvento, e quindi le operazioni sono industrializzate. Il bestiame non vaga più nelle praterie alla ricerca dell’erba, dove servivano uomini a cavallo per seguirlo, e la selezione dei capi viene fatta su base genetica, non grazie all’occhio di un esperto ranchero.
Dunque aumentano i costi, diminuiscono le opportunità di lavoro e i ritorni economici, ma la fatica resta la stessa. Anche John Wayne, in queste condizioni, scenderebbe da cavallo.