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 2014  gennaio 27 Lunedì calendario

BUCHI NERI, HAWKING CI RIPENSA: NON ESISTONO


La fine di un mito? Sembra proprio che stia succedendo ai buchi neri, gli oggetti più strani del cielo, e che per di più il mito venga infranto da uno dei creatori della moderna teoria fisica dei buchi neri stessi.

Stephen Hawking, il settantenne fisico inglese gravemente malato di Sla, ma ancora lucidissimo, rivede la sua teoria.
E rende pubblico un lavoro nel quale sostiene che sia informazione sia energia possano non solo entrare, ma anche uscire da un buco nero. Esattamente il contrario di quanto sostenuto finora da Hawking e da tutti gli astrofisici del mondo.

Il buco nero, contrariamente alla immagine popolare, non è affatto un buco. Anzi, è un blocco di materia in uno stato incredibilmente denso, nato, per esempio, dal collasso gravitazionale di una stella pesante decine di volte il Sole. Talmente denso che neanche la luce può sfuggire alla sua attrazione gravitazionale, concentrata in un ristretto «orizzonte» vicino alla massa. Perciò è nero: non si può vedere (pensavamo finora).
Hawking ora sostiene che non è neanche nero, perché qualcosa ne può uscire. Lo ha annunciato prima a una conferenza nell’agosto scorso, e ora lo pubblica in un suo lavoro, intitolato spiritosamente «Conservazione dell’informazione e previsioni del tempo per i buchi neri».
In una rara intervista, attraverso la voce del computer, ha detto a Nature che la storia dell’orizzonte impenetrabile dall’interno verso l’esterno è vera solo nella teoria classica, ma che la teoria quantistica permette la fuga di informazione. E aggiunge: «La spiegazione del processo richiederebbe una teoria che metta insieme la gravità alle altre forze fondamentali della Natura». Cioè il Santo Graal della fisica che Einstein non raggiunse e alla quale Hawking e altri lavorano invano da decenni.
Proviamo a capire con un esperimento mentale. Un professore di fisica teorica manda un laureando-astronauta in un buco nero. Cosa succede all’infelice (che pur di fare una bella tesi si presta a tutto)? Si pensava finora che avrebbe felicemente passato l’orizzonte-del-non-ritorno senza accorgersene, per poi venire stirato verso l’interno riducendosi in un lunghissimo spaghetto prima di essere schiacciato sul nucleo infinitamente denso. O che avrebbe incontrato una densità di energia così alta da venire bruciato sul posto.
Hawking propone una terza soluzione. Il famoso orizzonte, almeno in qualche caso, non è una barriera insormontabile. La ragione sono le «fluttuazioni quantistiche dello spazio-tempo» (concettino non semplice, ammettiamolo) che ogni tanto passano. Ma allora, se in qualche caso l’orizzonte del buco nero è valicabile dall’interno, il concetto di buco nero scompare: non solo non è un buco, ma non è neanche nero…

Però quello che potrebbe uscire è tutto diverso da quello che è entrato, irriconoscibile come il testo della Divina Commedia nel mucchietto di ceneri nel quale l’abbiamo bruciata. Per non parlare del laureando. E le previsioni del tempo? C’entrano, perché prevedere cosa uscirà da un buco nero grazie alle fluttuazioni, dice Hawking, è un po’ come fare previsioni del tempo accurate e a lungo termine: possibile, in teoria, ma in pratica troppo difficile.
Quaranta anni dopo i suoi primi lavori sulla teoria dei buchi neri, siamo ancora qui ad imparare da Hawking la fisica degli oggetti più affascinanti (e mai visti) del cielo.