Roger Cohen, New York Times (ripubblicato da la Repubblica 23/1/2014), 23 gennaio 2014
“NYT”: “CARI BABY BOOMER, I SOCIAL NETWORK NON SONO IL DEMONIO. FATEVENE UNA RAGIONE” – “SIAMO SOPRAVVISSUTI ALLA STAMPA, AI LIBRI E PERFINO AI LORO FOGLI NON TAGLIATI. SOPRAVVIVREMO ANCHE AL KINDLE”
Viviamo nell’epoca noiosa di chi critica Twitter di continuo. Se si appartiene a una data generazione, non è affatto facile evitare la conversazione a tavola quando vira verso le lamentele sul calo di attenzione, sulla costante schiavitù dagli aggeggi elettronici, sulla triste superficialità e l’esibizionismo online di una generazione più giovane dedita a una vita in 140 caratteri o meno.
Ci si deve nascondere sotto il tavolo mentre monta l’ennesima geremiade sulle depravazioni dei social media. Sui monitor che hanno preso il sopravvento. Sui flirt che non sono più come una volta. Sulle esperienze vere ormai scomparse. È come se i
baby boomer fossero tutti caduti vittime di un’amnesia collettiva sul fatto che i nostri genitori, nello stesso modo, non capivano proprio nulla di come comunicavamo noi.
Sono più le cose che restano uguali di quelle che cambiano.
Nella categoria delle prime ricade il pensiero scontroso e irritante di chi invecchia, a prescindere da quanto larghe siano le vedute che crede di avere. Ammaliati dalla bolla de «i sessant’anni sono i quaranta di una volta», quelli che invecchiano non riescono a rendersi conto che la loro irritazione per Twitter, Snapchat e tutto il resto in sostanza è semplice irritazione per tutto ciò che è nuovo.
L’avvento della stampa e del libro di sicuro lasciò i monaci scombussolati nell’isolamento delle loro celle a bofonchiare che niente avrebbe mai potuto sostituire per profondità e importanza la lettura di un manoscritto miniato. Non è trascorso poi molto tempo da quando il poeta francese Stéphane Mallarmé vergò queste parole sulle pagine non tagliate: «La piega non tagliata del libro invita ancora a quel genere di sacrificio che fece sanguinare i bordi rossi degli antichi volumi; l’uso di una lama o di un tagliacarte ne sancisce l’appropriazione». Ebbene: siamo sopravvissuti alla stampa, ai libri e perfino ai loro fogli non tagliati. Sopravvivremo anche al Kindle.
L’intera faccenda dei 140 caratteri, naturalmente, è in ogni caso soltanto l’aspetto più superficiale. Peggio: tradisce ignoranza. La peculiarità di Twitter è la sua istantaneità, la sua densità. È solipsismo, una forma di narcisismo, certo, ma allo stesso tempo è il non plus ultra per raggiungere chiunque. La sua essenza è il link e tramite i link i tweet diventano in realtà molto lunghi, così lunghi che Twitter è un modo fantastico per perdere tempo. È anche una maniera molto sommaria per imbattersi in cose impreviste o che arricchiscono.
Certo, l’assuefazione ai monitor può essere sconcertante. Philip Roth probabilmente aveva ragione quando l’anno scorso ha detto a Le Monde: «Prevedo che tra trent’anni, se non prima, le persone che leggeranno narrativa in America saranno quante ve ne sono oggi che leggono poesia latina».
Possiamo sempre ricorrere alle verità immutabili, come queste righe di Walter Benjamin nelle quali mi sono imbattuto l’altro giorno: «Il lavoro su una buona opera di scrittura procede su tre livelli: quello musicale della sua composizione; quello architettonico della sua costruzione; e quello tessile della sua trama». Anche loro, col tempo, lo scopriranno. E se non accadrà, andrà bene lo stesso.