Lorenzo Nigro, Oggi 22/1/2014, 22 gennaio 2014
COS’È L’ALFABETO FENICIO USATO DA RIINA
È impossibile che un non specialista possa scrivere in fenicio, mentre chiunque può scrivere nella propria lingua utilizzando l’alfabeto fenicio, attraverso una delle tabelline che si vendono in tutte le località Euristiche siciliane con presenze fenicie, dove i segni latini sono posti accanto a quelli fenici.
L’alfabeto fenicio fu inventato negli ultimi secoli del II millennio a.C. nella sponda orientale del Mediterraneo dai mercanti delle città costiere (da Ugarit a nord fino a Biblo, Sidone e Tiro) come mezzo di rapida e più democratica comunicazione rispetto alle scritture geroglifica egiziana o cuneiforme accadica (assiro-babilonese) che necessitavano di uno scriba per poter essere scritte. Una delle prime attestazioni è l’iscrizione apposta dal re di Biblo Ittobaal sul sarcofago del padre defunto, il re Ahiram.
Il segreto della concisione della scrittura fenicia (da 29 a 21 segni) era la eliminazione delle vocali, che venivano indicate solo parzialmente, poiché nelle lingue semitiche (il fenicio, l’aramaico, l’ebraico, come successivamente nell’arabo) sono le radici consonantiche a trasmettere il significato delle parole. Chiunque poteva scrivere e questo portò a una diffusione amplissima della scrittura che fu sottratta all’élite politica e amministrativa e condivisa da molte più persone. Con la scrittura si diffusero le idee oltre a essere trasmessi e registrati i dati economici di una società che, per commerciare, si spinse a Occidente fino alle colonne d’Ercole e oltre, completando la navigazione nel Mediterraneo che era iniziata con i commerci dei micenei alla metà del II millennio a.C.
I Fenici fondarono nuove città nel Mediterraneo centrale a Mozia, in Sicilia, nell’attuale Tunisia e nella Penisola Iberica. Con loro portarono l’alfabeto che fu recepito e adattato dai Greci, abili a sfruttare uno strumento fondamentale nel commercio come nella vita sociale, attraverso cui ci sarebbe stato trasmesso in modo più semplice il profondo sapere dell’antichità.
Lorenzo Nigro, archeologo e docente all’Università La Sapienza di Roma