Paolo Ziliani, Il Fatto Quotidiano 24/1/2014, 24 gennaio 2014
L’EPOCA DEI DIAMANTI AL VENTO
Diciamolo subito: gli amanti del calcio che alla notizia del possibile passaggio di Diamanti al club cinese del Guangzhou (allenato da Lippi) hanno scosso la testa pensando: “Ma dove va a cacciarsi, Alino, che in quanto a classe in Serie A mette ancora sotto tutti”, considerino alcuni fatti. Primo: il Guangzhou pagherebbe al giocatore uno stipendio da 4 milioni l’anno, netti, per tre anni. Secondo: il Bologna ne incasserebbe 9,3 di cui 6,3 subito. Terzo: Diamanti è un giocatore scoperto tardi; a 20 anni giocava nel Fucecchio in Serie D, a 23 anni si arrabattava nel Prato in C2. Provate a mettervi nei suoi panni, i panni di allora, e a chiedervi: “Se a 30 anni qualcuno mi offrisse 12 milioni per 3 anni, anche in capo al mondo, io che faccio: vado?”. Forse avremmo detto tutti di sì. Lui lo ha fatto e – sebbene il mancato accordo sulle modalità di pagamento stia rallentando l’ufficialità – tra poco volerà dall’ex Ct azzurro.
Ma tornando a bomba: dopo la tragicommedia dello scambio abortito Guarin-Vucinic, la notizia – dal fronte calciomercato – è che Diamanti, uno dei migliori giocatori italiani, 17 volte nazionale dopo il debutto (tardivo) il 17 novembre 2010 in Italia-Romania 1-1, giocherà in Cina. Tecnicamente parlando è un delitto perché a 30 anni Diamanti avrebbe potuto calcare palcoscenici prestigiosi e in squadre di grido; ma visto che il calcio italiano è nelle condizioni del Paese, cioè ha le pezze al culo, la dipartita di Diamanti ha i caratteri dell’ineluttabilità. Peccato, perché vedere Diamanti in Cina è come vedere Bocelli a Castrocaro: sprecato.
E DUNQUE, dopo l’America, dopo l’Australia, dopo il Giappone, dopo la Russia, dopo gli Emirati Arabi, ecco la Cina proporsi come ultima ribalta di un calcio sempre più senza frontiere . All’inizio furono i Cosmos. Per l’esattezza i New York Cosmos che due fratelli turco-americani, Ahmet e Nesuhi Ertegun, proprietari della casa discografica Atlantic Records, e Steve Ross, boss del colosso editoriale Time Warner, fondarono nel lontano 1970. Cinque anni dopo, a chiudere nei Cosmos una carriera leggendaria dando lustro, immenso, alla North American Soccer League, andò Pelé, mica uno qualsiasi: e sulle sue orme si gettarono in tanti, da Beckenbauer (che aveva 32 anni) a Carlos Alberto (33), da Chinaglia (29) a Neeskens (28). Più timidamente, un vecchio campione italiano tutto genio e sregolatezza, Bob Vieri – il papà di Bobo –, scelse a 31 anni di andare a svernare in Australia, al Marconi Stallion; senza sapere che una vita dopo il più popolare giocatore italiano, Del Piero, lo avrebbe imitato scegliendo Sydney.
POI FU LA VOLTA del Giappone che, come l’America, si scelse un testimonial eccellente: Zico, che a 38 anni firmò prima per il Sumitomo Metals e poi per il Kashima Antler: lo stesso club in cui avrebbe giocato per due stagioni, addirittura a 25 anni, Leonardo, fresco di titolo di campione del mondo a Usa 94 (Leo tornerà poi in Europa, vincendo col Milan uno scudetto). E mentre sceicchi arabi e nuovi ricchi russi cominciano a sfidarsi nell’ingaggiare stelle – magari un po’ cadenti – del firmamento mondiale, vedi Cannavaro che a 37 anni sceglie l’Al-Ahli di Dubai, Toni che a 35 firma (e poi scappa) per l’Al-Nasr sempre di Dubai; mentre Eto’o a 30 anni strappa all’Anzhi (campionato russo) l’ingaggio più alto di sempre, 20,5 milioni a stagione dopo che Roberto Carlos a 38 anni gli ha fatto da apripista, ecco la Cina. Che prima chiama Drogba (34 anni) e Anelka (33) nello Shanghai Shenua promettendo loro ingaggi lunari: soldi che non arrivano mai, tant’è vero che i due se la danno a gambe riparando il primo al Galatasaray e il secondo alla Juventus; poi, sulla scia di Lippi allenatore, che dopo il flop a Sudafrica 2010 è a tal punto alla canna del gas da trovarsi costretto a emigrare 64enne in Cina, al Guangzhou, ecco farsi avanti lui, Diamanti. Da Fucecchio alla Cina, di strada Alino ne ha fatta. In bocca al lupo ragazzo.