Carlo Bonini, la Repubblica 24/1/2014, 24 gennaio 2014
SPALLONI DI RITORNO ALLE FRONTIERE FORTE RIENTRO DI VALUTA IN ITALIA
Di valuta clandestina alle nostre frontiere non se ne era mai vista e sequestrata così tanta. Infilata nelle scarpe, nelle cinture, nei calzini, negli slip, nei reggiseno, nel necessaire dei bambini, tra pannolini, scatole di latte in polvere e biscotti, nei pacchetti di sigarette “rollate” con banconote da 500 o, più semplicemente, dove viaggia da sempre, nelle intercapedini e doppi fondi delle carrozzerie di auto e camion. In un solo anno, il 2013, i sequestri di valuta e titoli della Guardia di Finanza hanno raggiunto i 298,3 milioni di euro, il 140,4 per cento in più dei 12 mesi precedenti. Ma la notizia è che gli “spalloni”, oggi, sono cavalli di ritorno. A Ponte Chiasso, valico con la Svizzera, il 90 per cento della valuta intercettata entrava nel nostro Paese (il 50 per cento in più del 2012). Solo il 10 prendeva la strada delle banche cantonali. E a riportare a “casa” il grano, gli italiani su tutti (8 su 10) e quindi i cinesi.
Seduto nel suo ufficio al Comando Generale, Giovanni Padula, colonnello del III Reparto della Guardia di Finanza, dice: «L’aumento di valuta clandestina che rientra in Italia dimostra almeno un paio di cose. La prima: il sistema finanziario che storicamente fa da cassaforte ai capitali sottratti al Fisco è sotto pressione e ha per altro reso più adeguate le sanzioni. Inoltre, si è andato sedimentando un senso comune per cui anche paesi patria del segreto bancario come la Svizzera non sono più considerati così sicuri come un tempo. Non fosse altro per la “minaccia” di annunciati accordi bilaterali che, nell’imporre un regime di tassazione sulle giacenze all’estero, di fatto ne censirebbero i beneficiari, esponendoli a verifiche qui in Italia». Ma, appunto, c’è anche un’altra considerazione. «A tredici anni dal primo scudo fiscale - prosegue Padula - l’aumento della valuta clandestina in entrata in Italia dimostra che le disponibilità all’estero degli italiani continuano ad essere consistenti e soprattutto alimentate. E ad alimentarle è certamente l’evasione, sono certamente le attività illecite tipicamente legate alla criminalità organizzata, ma è soprattutto la corruzione, il cui prezzo, come hanno dimostrato tutte le più importanti indagini in materia di appalti, viene regolarmente pagato estero su estero».
Che le parole del colonnello siano tutt’altro che una congettura è documentato del resto dai dati sugli scudi fiscali. Vale a dire sugli strumenti di rientro trasparente e non clandestino dei capitali all’estero. Quella che si vuole la metà sana di una mela altrimenti marcia. Ebbene, in un Paese come il nostro dove la corruzione è stimata dalla Corte dei Conti in 90 miliardi di euro l’anno, erano stati 52,5 i miliardi di euro rientrati nel 2001, 18, 5 quelli del 2003 e 104,5 quelli dello “scudo ter”nel 2009. Una curva ascendente che non ha contestualmente interrotto il traffico di valuta clandestina e che racconta una storia tutt’altro che di “ravvedimento” e che il maggiore Arcangelo Trivisani, ora al III Reparto dopo una lunga esperienza investigativa a Milano, sintetizza così: «Ad un certo punto, come hanno dimostrato le indagini, il cosiddetto “rimpatrio giuridico” di valuta è diventato lo strumento per creare plafond all’estero. Plafond in cui venivano dichiarate giacenze spesso fittizie o comunque difficilmente verificabili, ma utili a creare contenitori che, a un certo punto, si alimentavano di denaro di cui era necessario nascondere la provenienza. Nove volte su 10, denaro prezzo della corruzione ».
Gli “spalloni” di ritorno raccontano dunque di un mercato della corruzione e dell’evasione floridissimo che ritorna sistematicamente denaro ai suoi beneficiari. Fino a definirne anche una geografia esatta. Le banconote da 500 e 200 euro sono infatti i “fogli” tradizionali della valuta clandestina o che comunque ha le stimmate del riciclaggio. E la distribuzione dei sequestri di questi due tipi di tagli raccontano di tre regioni del Paese davanti a tutte: Campania (8 mila le banconote da 200 e 500 sequestrate nel 2013), Toscana (7.745), Lombardia (6.144).
E del resto è in Toscana dove le indagini della Finanza hanno tirato il filo di una storia esemplare. A Firenze, è stata infatti scoperta l’ultima delle molte società di gestione in grado di assicurare traffico di valuta “sartoriale”, cucito sulle esigenze della propria clientela (200 imprenditori del nostro Paese). La società, nei primi sei mesi dello scorso anno, ha movimentato 200 milioni di euro verso banche estere (la “Zarattini&co” di Lugano, le filiali della “Efg bank” e della “Rothschild” di Montecarlo) attraverso strumenti a scelta del cliente. Il tradizionale spallonaggio (con tariffe del 1% sul valore trasportato, che non poteva essere mai inferiore ai 500 euro), la creazione di società off-shore (Belize e Panama) necessarie alle triangolazioni sull’estero e l’uso di una fiduciaria in quel di Milano necessaria a schermare la titolarità effettiva dei conti correnti accessi presso le banche estere su cui affluiva la valuta.