Piero Bianucci, La Stampa 24/1/2014, 24 gennaio 2014
SE IL TEMPO NON È UN FIUME MA UN RUBINETTO CHE GOCCIOLA
Spaccare il secondo non è un modo di dire. All’Istituto nazionale di Ricerca Metrologica di Torino (Inrim) lo spaccano in 400 milioni di miliardi di parti. Questa oggi è la frontiera della misura del tempo. Siamo in un campo suggestivo per i suoi aspetti filosofici e per vari motivi pratici. A parte l’orologio che portiamo al polso, che non ha pretese, tanto ad arrivare in ritardo ci pensiamo noi, in ogni istante - a nostra insaputa, direbbe un ex ministro -, molti comportamenti quotidiani esigono misure di tempo precise al miliardesimo di secondo. Per esempio usare Internet, viaggiare con il Gps, parlare al telefonino. Anche dietro la tv digitale, i computer e la rete elettrica si nascondono orologi di alta qualità. Quanto agli scienziati, devono spaccare il secondo per pilotare sonde nello spazio, studiare le particelle subatomiche, spiare i segnali di remote galassie raccolti da radiotelescopi sparsi in continenti diversi, mettere alla prova la teoria di Einstein.
Davide Calonico, ricercatore dell’Inrim e docente al Politecnico di Torino, e il giornalista Riccardo Oldani ci accompagnano nel laboratorio surreale degli orologi ultra-precisi con un libro appena pubblicato dalla storica casa editrice Hoepli: Il tempo è atomico (pp. 250, € 18). Sono pagine di scienza attraenti ma su che cosa sia il tempo siamo ancora a Sant’Agostino, che diceva di saperlo benissimo solo fino a quando non gli ponevano la domanda. È vero, abitiamo nello spazio e nel tempo, ma si tratta di situazioni ben differenti. Nello spazio possiamo muoverci in tre direzioni: andare a New York e tornare a Torino, salire sul monte Bianco e scendere in riva al mare. Analogamente, abitiamo nel tempo, ma qui le cose sono diverse: non possiamo muoverci all’indietro, e neppure in avanti. Passato e futuro sono inaccessibili. Muri che ci imprigionano in un presente puntiforme. È su quell’istante fuggente che gli scienziati si accaniscono per dividerlo in frammenti sempre più piccoli.
Ma non infinitamente piccoli. I fisici non sopportano gli infiniti. Così hanno individuato un attimo (per favore non diciamo attimino) che più attimo non si può: è il «tempo di Planck», derivante dalla costante che porta il nome del grande scienziato. Il tempo di Planck, che sarebbe il più breve intervallo misurabile, vale all’incirca 5 per 10 alla meno 44 secondi, cioè mezzo decimilionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo. Su quella ipotetica soglia, il tempo risulta quantizzato, non è più un fiume che scorre ma un rubinetto che gocciola. Tra un tic e un tac dell’orologio estremo, non ci sarebbe un tic-tac più breve ma il nulla. Il tempo di Planck, insomma, sarebbe l’atomo di tempo.
La tecnologia è ancora lontanissima da quella soglia. Ma è già stupefacente che sia arrivata al miliardesimo di miliardesimo di secondo. Il progresso degli orologi scandisce il cammino della civiltà: meridiane, clessidre, «cronometri» basati sul consumo di una candela (con essi le cortigiane delimitavano la prestazione al «cliente»), pendoli, bilancieri, quarzi vibranti e infine orologi atomici, dove a oscillare sono elettroni di atomi di cesio, rubidio o idrogeno. Il primo funzionò nel 1952, una decina di premi Nobel sono andati a fisici che hanno contribuito a tagliare il secondo in fette sempre più sottili, fino ai recenti orologi a fontana di cesio, che hanno pure un nome poetico, e al «raffreddamento a laser» che nel 2012 ha dato il Nobel a Wineland. In futuro vibreranno nuclei atomici, non elettroni, racconta Calonico: saranno orologi a stato solido, li sincronizzeremo collegandoli con fibre ottiche.
Il contatto più diretto con gli orologi invisibili che scandiscono la nostra vita è il navigatore dell’auto. I 30 satelliti del Gps (Global Positioning System) sono carichi di orologi atomici: le misure di distanza che individuano la nostra posizione sono, in realtà, misure del tempo che le onde radio impiegano dal satellite al ricevitore. Il quale però deve tener conto della relatività di Einstein: gli orologi satellitari corrono a 8 km al secondo, e quindi rallentano di 7 milionesimi di secondo al giorno, ma si trovano in un campo gravitazionale più debole rispetto alla superficie terrestre, e quindi accelerano di 45 milionesimi; la differenza giornaliera è dunque di 38 milionesimi di secondo, se il navigatore non ne tenesse conto finiremmo a 10 chilometri dalla meta desiderata.
La precisione del Gps americano, nato per fini militari, sarà superata da «Galileo», sistema europeo per uso civile. Quando sarà operativo, nel 2018, agli utenti professionali garantirà una accuratezza di 10 centimetri. Gli aerei potranno quasi fare a meno dei piloti. «La nuova fisica è alla prossima cifra decimale», dice Stephen Chu, consulente di Obama, Nobel 1997. Anche i nuovi servizi.