Renato Pezzini, il Messaggero 24/1/2014, 24 gennaio 2014
OLGETTINE STORY, QUELLE CONTINUE RICHIESTE DELLE OSPITI DI ARCORE
I PERSONAGGI
MILANO Le olgettine si chiamano così per via di un residence che sta alle porte di Milano. Vi svernavano le ragazze chiamate ad allietare i festini di Arcore. C’era pure passata Nicole Minetti che però una volta sistemata in Regione Lombardia potè permettersi una casa di rango più elevato in centro. Quando deflagrò il caso Ruby vi abitavano in quattordici, senza oneri poiché l’affitto lo pagava qualcun altro. Il residence si chiama «Dimora Olgettina» e così le sue briose occupanti diventarono le olgettine.
Quel nomignolo ora rappresenta una categoria professionale, ma per certi versi anche una categoria dello spirito. E’ sintesi di un’ambizione spregiudicata, ma anche di un modo di intendere le cose della vita come il successo, la politica, l’amore. La Minetti conversando al telefono con una vecchia compagna di scuola ne fece una descrizione cruda: «C’è la zoccola, le disperate da favelas, quelle un po’ più serie. E poi ci sono io...».
LE QUESTUANTI
A tenerle insieme era l’obiettivo comune: approfittare di colui che a tutte aveva aperto la porta di casa, o meglio il cancello della villa, in virtù della loro bellezza. Anzi, più che di bellezza bisognerebbe parlare di «procacità», vocabolo che oltre a indicare l’arte dell’essere «provocanti per l’appariscenza delle forme» indica anche «una sfrontatezza nel chiedere». Infatti le olgettine chiedevano ogni cosa, spudoratamente, quasi che la generosità di Silvio fosse un dovere.
Quante fossero non si sa. I magistrati di Milano ne hanno elencate una trentina. Ma è probabile che ne siano sfuggite alcune. Arruolate dai sensali del Cavaliere, affollavano - preferibilmente in abiti succinti - le cene di Arcore secondo una turnazione dettata dalla casualità e dai capricci del padrone di casa, contendendosi il privilegio di rimanere in villa per l’intera notte. «Si è fermata Aris e le ha dato novemila flowers» si raccontavano invidiose le escluse.
Le più scaltre non si accontentavano delle buste di denaro distribuite nei dopo cena. Preoccupate dal lento declinare del benefattore («vogliono sostituirlo con Tremonti») alzavano il livello delle pretese nella prospettiva di garantirsi un futuro nonostante lui. Non solo denaro spiccio, ma ruoli da soubrette in tv, contributi per gli studi universitari, posti in Parlamento, case, l’avvio di una beauty farm: «Se ci da 800mila euro, che gli cambia?».
IN FUGA A LONDRA
Quando avevano bisogno lo chiamavano direttamente, senza bisogno di passare dal centralino come un Gasparri qualsiasi. Sapevano come prenderlo: «tesoro», «love of my life», «le mie labbra ti pensano». Lui di rimando contattava il contabile Spinelli o qualche impresario dello spettacolo, e loro andavano all’incasso come fosse la cosa più normale del mondo. Fino a quando la faccenda non è diventata di pubblico dominio e l’esercito delle olgettine si è disperso in un’orgia di nostalgie, invidie, maldicenze nei confronti delle poche che una sistemazione l’avevano trovata o che si erano garantite un mensile da 2500 euro. Dicono che alcune in cerca di miglior fortuna si siano stabilite a Londra dove i «flowers» si contano non in euro, ma in sterline.
Renato Pezzini