Alex Saragosa, Il Venerdì 24/1/2014, 24 gennaio 2014
FA PIÙ DANNI LA MARIJUANA O L’ALCOL?
Dopo la legalizzazione della vendita dei derivati della canapa indiana (cannabis) in Uruguay e Colorado, anche in Italia si è riacceso il dibattito: che cosa succederebbe se alle migliaia di persone che fumano marijuana (fiori essiccati) o hashish (resina, germogli e fiori pressati insieme) si permettesse di farlo senza più rischiare problemi con la giustizia e stigma sociale?
I molti contrari a questo passo sottolineano che la cannabis non è affatto la droga innocua dipinta dai favorevoli alla legalizzazione, ma una sostanza pericolosa sotto molti aspetti, che uno Stato non può vendere liberamente. In realtà lo Stato consente già la vendita di sostanze che creano dipendenze molto pericolose. Il tabacco, per esempio, provoca in Italia circa 80 mila morti l’anno, mentre nessuno (o pochi, considerando i casi indiretti, come gli incidenti stradali) resta vittima della cannabis. E il tabacco non è neanche la cosa più pericolosa.
Nel 2010 il neurofarmacologo e psichiatra David Nutt, dell’Imperial College di Londra, stilò su Lancet una classifica delle venti droghe più pericolose usate nel Regno Unito. Ebbene, prendendo in considerazione ogni tipo di danno, dalle morti provocate al crimine indotto, dai problemi familiari ai costi sanitari, Nutt stabilì che, con un punteggio di 72, la droga più pericolosa è l’alcol, che precede persino eroina (55 punti) e crack (54 punti). La cannabis, in questa «gara dell’infamia», si piazzava solo ottava, a 20 punti. Il tabacco sesto, con 26 (classifica completa al sito http://bit.ly/LjEJPh/). Conclusione di Nutt: «Da un punto di vista scientifico, l’attuale divisione fra droghe legali e illegali non ha alcun senso». Per capire se questo vale anche per l’Italia, abbiamo sentito i due massimi esperti sul tema dell’Istituto superiore di sanità, Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol, e Roberta Pacifici, direttore del Reparto farmacodipendenza, tossicodipendenza e doping.
«L’alcol» dice Scafato «è una sostanza che provoca euforia e disinibizione, e quindi viene usata come “lubrificante sociale”. È però anche una sostanza tossica, soprattutto per il cervello. Perciò il fegato, altro organo bersaglio, è deputato a distruggerla il più rapidamente possibile. Il fegato di un adulto, però, non può metabolizzare più di 6 grammi di alcol l’ora, cioè mezzo bicchiere di vino circa, e questa capacità è ancora inferiore nelle donne, nei giovani e negli anziani. Basta quindi superare il proprio limite di quantità in un certo tempo, per far circolare l’alcol nel sangue, innescando danni a vari organi del corpo e provocando, nei casi più gravi, coma etilico e morte. Nelle persone sotto i 20 anni, l’abuso di alcol ostacola inoltre la completa maturazione del cervello, che resterà quindi in modalità “giovanile”, eccessivamente emotivo e poco razionale, anche da adulti. Se costante, l’uso eccessivo di alcol (cioè, in media, sopra ai due bicchieri al giorno per un uomo adulto, uno per donne e anziani, zero per i minorenni, per chi assume farmaci e donne incinte) alla lunga causa danni al fegato e al sistema digerente e circolatorio, tanto che ogni anno in Italia è responsabile di 18 mila morti».
Naturalmente c’è poi l’alcolismo, che, sui sette milioni di italiani che bevono troppo, si stima interessi circa un milione di persone, di cui però solo 60 mila (e 600 minori di 19 anni) si sono rivolti a strutture di recupero. Ma liberarsi dalla dipendenza da alcol, in un mondo che lo offre ovunque e fa sentire escluso chi non «beve in compagnia», è particolarmente difficile. «In totale l’Oms stima per l’Italia 22 miliardi di euro l’anno di costi sociali e sanitari dovuti all’alcol» dice Scafato. «Sono dovuti per esempio ai 120 mila ricoveri in ospedale l’anno, un sesto dei quali di minori di 14 anni, ma anche agli incidenti stradali e ai crimini che l’alcol favorisce».
Il quadro della cannabis, illegale, è meno definito. Il rapporto 2013 al Parlamento del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio stima che nel nostro Paese abbiano fumato cannabis nel 2012 circa 1,5 milioni di persone tra i 15 e i 64 anni, mentre il 22 per cento degli italiani afferma di averla provata almeno una volta nella vita. Il rapporto stima inoltre che 189 mila persone abbiano bisogno di un trattamento di recupero contro la dipendenza, ma nel 2012 solo 9.921 persone lo hanno chiesto.
«Il principio attivo della cannabis, il Thc si sostituisce nel cervello a neurotrasmettitori di struttura analoga, provocando un effetto rilassante, di distacco dalla realtà, che aiuta l’introspezione e l’evocazione di ricordi piacevoli» dice Pacifici. «Se un adulto ne fa un uso occasionale non sembra ci siano conseguenze negative fisiche o psichiche rilevanti, se non, finché dura l’effetto del Thc, un calo della memoria e una percezione distorta di spazio e tempo, che rende rischiosa la guida. I pericoli emergono nei consumatori abituali pesanti (10-15 canne al giorno): la cannabis in questi casi provoca dipendenza ed effetti negativi come la sindrome amotivazionale, che comporta scarso interesse per le relazioni sociali e per la cura di sé stessi e disturbi del sonno. Inoltre, in persone predisposte, la cannabis può anche scatenare episodi psicotici e paranoici, anche violenti. Non è possibile però indicare dosi limite, dato che, nelle condizioni attuali di mercato senza controlli, il contenuto in Thc di quello che si fuma può variare fra il 5 e il 30 per cento. Fumare cannabis, infine, provoca ovviamente anche danni al sistema respiratorio, dalla tosse persistente ai tumori, anche se l’uso saltuario che normalmente se ne fa la rende meno dannosa del fumo di sigarette».
La relativa innocuità della cannabis usata saltuariamente, però, vale solo per gli adulti, il suo uso precoce presenta invece rischi gravi. Nel 2010 una ricerca condotta a Verona dal neurologo Franco Alessandrini scoprì alterazioni nelle aree cerebrali del piacere, della memoria e dell’autocontrollo in adolescenti che usavano cannabis tutti i giorni. Uno studio effettuato in Nuova Zelanda dalla ricercatrice della Duke University Madeline Meier ha rivelato invece effetti sulle capacità cognitive: su 1.037 giovani, seguiti fin dal 1972, il 5 per cento che aveva usato cannabis da minorenne presentava a 38 anni capacità cognitive inferiori agli altri del gruppo, compresi quelli che avevano usato la cannabis, ma solo da adulti. «Il problema dunque» ha detto la Meier «è l’uso prima del completo sviluppo del cervello, quando è ancora vulnerabile perché si sta completando la rete delle connessioni».
Dando per scontato il divieto per i minorenni di uso di ogni tipo di droga, sembra quindi che se si ripartisse da zero a decidere se legalizzare cannabis o alcol, non si saprebbe cosa scegliere. Ma naturalmente, essendo l’alcol il nostro mezzo da sballo preferito da migliaia di anni, fulcro di una complessa cultura, parte dell’arte di vivere e persino simbolo religioso, la sua proibizione è impensabile. «Però» dice Scafato «si potrebbero almeno adottare misure analoghe a quelle prese per il tabacco, per esempio aumentare la percezione del rischio, comprimere la pubblicità delle bevande alcoliche, che oggi vale 300 milioni l’anno, e aumentare gli investimenti sulla prevenzione, soprattutto fra i giovani».
Ma aggiungere la cannabis al novero delle droghe legali non porterebbe a un’esplosione del suo uso, come molti temono? In realtà già oggi quelli che vogliono fumarla possono procurarsi senza troppe difficoltà quel che serve per le strade, e comunque l’esperienza dell’Olanda, dove dal 1976 la cannabis si può consumare in locali appositi (dove è l’alcol a essere vietato) ci dice che la legalizzazione non provoca incrementi nell’uso. «Dagli anni 80 il numero di consumatori olandesi di cannabis» ha ricordato Wayne Hall, professore di igiene pubblica all’Università del Queensland «non è variato in modo diverso che nel resto d’Europa». In compenso la legalizzazione permette di tassare la sostanza, facilita il divieto di vendita ai minori e assicura il controllo del contenuto in Thc». E infatti in Olanda non si ammette un contenuto di Thc nella cannabis sopra al 15 per cento, il suo consumo è vietato ai minori e non è permesso aprire locali per fumarla vicino alle scuole.