Luca Misculin, Il Post 21/1/2014, 21 gennaio 2014
LA STORIA DI ESSAY ANNE VANDERBILT
Da qualche giorno negli Stati Uniti si parla molto di un caso nato da un lungo articolo del magazine online Grantland, intitolato Dr. V’s Magical Putter e pubblicato mercoledì 15 gennaio. L’articolo comincia spiegando la storia di una mazza da golf ma diventa poi un racconto umano pazzesco, che ha costretto il giornalista e la rivista a prendere decisioni delicate e complicate. L’articolo ha ricevuto prima molti complimenti e poi critiche durissime sia da parte dei lettori che da molti altri giornalisti. Alla sua pubblicazione sono seguite due lettere di scuse: una da parte del capo di espn.com, la testata che ospita Grantland, e una dal direttore stesso di Grantland, Bill Simmons.
La prima parte dell’articolo, scritto dal collaboratore e golfista amatoriale Caleb Hannan, parla del grande successo di un particolare putter, la mazza da golf che si utilizza nei tiri finali per imbucare la pallina, e della persona che lo ha inventato, Essay Anne Vanderbilt (chiamata dagli appassionati “dottoressa V.”). Il putter, che Hannan ha definito nell’articolo «diverso da tutti quelli sul mercato e costruito su un principio opposto a quello normale», si chiama “Oracle GX1″ ed è tuttora commercializzato dalla Yar Golf, una società fondata da Vanderbilt: ottenne grande popolarità nel maggio del 2012 quando fu definito «uno dei migliori putter del mondo» da Gary McCord, ex golfista e opinionista sportivo molto rispettato nell’ambiente.
Di Vanderbilt «era quasi impossibile trovare una foto, su Internet, eccetto una mossa», e si sapeva pochissimo: praticamente solo che era una fisica aeronautica laureata al MIT e che non aveva mai avuto nulla a che fare con il mondo del golf professionistico.
Una mazza diversa da tutte le altre
Hannan racconta di avere scoperto dell’esistenza di Oracle GX1 e di Vanderbilt a causa di un video trovato su internet, durante una notte insonne, nella primavera del 2013. Fu incuriosito dalla particolarità del putter, che di solito hanno una forma del genere, tozza e allungata. «Oracle invece aveva una parte anteriore molto ridotta, e un taglio circolare nella parte posteriore: sembrava una sorta di porta-tazza di metallo».
Anche il principio stesso che stava dietro alla sua forma era opposto a quello che seguivano gli altri fabbricanti di putter. Hannan racconta di aver ricevuto una spiegazione in merito da Gary McCord:
«La sigla MOI sta per “momento di inerzia” (in inglese moment of inertia), un concetto scientifico piuttosto semplice da capire. McCord spiegò che il MOI è la capacità di resistenza di un corpo rispetto alla velocità di rotazione. «Più alto è il MOI, più un corpo è resistente», raccontò. I fabbricanti di mazze da golf negli anni si sono impegnati a produrre mazze da golf con livelli sempre più alti di MOI, pubblicizzando la cosa come una qualità: serviva a rendere la mazza più “comprensiva”, cosicché anche se un giocatore non avesse colpito la palla nel punto giusto, il tiro non ne avrebbe risentito più di tanto. Ma McCord aggiunse che secondo la dottoressa V. l’intero concetto era folle: «mi disse che quello che avevamo fatto coi putter non era per nulla scientifico, che stavamo sbagliando strada. Mazze con MOI prossimo allo zero: ecco quale sarebbe stata la via giusta». E questo è esattamente ciò che la dottoressa V. disse di avere ottenuto producendo Oracle».
McCord rimase molto impressionato dalla dottoressa V., come confermò ad Hannan. Per prima cosa era una donna, in un ambiente prevalentemente maschile come quello del golf, e anche molto appariscente: era alta più di un metro e ottanta, portava dei capelli rossi cotonati. La dottoressa V., quando lo conobbe, gli raccontò di aver lavorato per gran parte della sua carriera come collaboratrice del Dipartimento della Difesa, su progetti secretati come quelli sui velivoli stealth (cioè potenzialmente invisibili ai radar). Aggiunse che per questo motivo il suo nome non sarebbe mai comparso su alcun documento ufficiale del governo americano. Anche il suo stesso cognome, Vanderbilt, era piuttosto familiare e riconoscibile: Cornelius Vanderbilt fu un ricco imprenditore ferroviario e filantropo americano vissuto nel 19esimo secolo.
«McCord ebbe un modo tutto suo di verificare queste informazioni. Mi disse che conosceva alcuni generali dell’esercito in pensione, e che loro definirono Vanderbilt «una di noi». McCord conosceva anche Dan Quayle [vicepresidente degli Stati Uniti con George H. W. Bush fra il 1989 e il 1993]. Una volta, durante una telefonata, gli passò la dottoressa V.: li vide chiacchierare riguardo vecchi progetti del Pentagono».
McCord apprezzò a tal punto il putter Oracle che lo pubblicizzò in diretta televisiva il 4 maggio 2012, durante il Wells Fargo Championship, un tappa del PGA Tour, il più importante torneo mondiale di golf. Quel giorno il putter era utilizzato da Aaron Baddeley, considerato uno specialista degli ultimi colpi. McCord citò la dottoressa V., raccontò che era una fisica che si occupava di aeronautica, e insomma la storia che aveva ascoltato da lei stessa. Hannan racconta che alcuni suoi colleghi si lamentarono poiché avevano l’impressione che stesse facendo uno spot pubblicitario. Baddeley andò male e finì il torneo al 65 posto, ma secondo la dottoressa V. nell’ora successiva alla telecronaca il sito dell’azienda andò offline a causa delle troppe visite. La voce si sparse e Oracle cominciò a essere utilizzato da vari golfisti del circuito professionistico.
Casi simili non sono rari nel business delle mazze da golf, spiega Hannan: nel 1994 Nick Price vinse il torneo PGA utilizzando un putter di una piccola azienda, la Grace. Nei due mesi successivi alla vittoria di Price, la Grace ottenne ordini per la stessa mazza da golf per circa 6 milioni di dollari.
Aiutato da McCord, Hannan si mise in contatto con Vanderbilt: le spedì una mail ad aprile del 2013 per concordare una intervista telefonica. Vanderbilt gli rispose per mail e acconsentì, a patto che che l’intervista riguardasse Oracle che e non si facessero riferimenti alla sua vita personale. Hannan rimase piuttosto stupito per l’utilizzo di alcune parole piuttosto ricercate e fuori contesto da parte di Vanderbilt – per esempio “communique” e “nuncupative”, traducibili rispettivamente come “comunicato stampa” e “espresse volontariamente” (McCord glielo aveva anticipato, spiegando che secondo lui questa era la parlata tipica degli scienziati).
Hannan riuscì a intervistare telefonicamente Vanderbilt, la quale oltre a parlargli di Oracle gli raccontò alcuni aneddoti della propria vita privata. Spiegò di essere nata in Pennsylvania e di essersi poi trasferita a Boston per frequentare l’MIT. Successivamente aveva vissuto per più di dieci anni a Washington, dove si era occupata di alcuni progetti coperti da segreto di stato. Hannan scrive che Vanderbilt aggiunse di essere «praticamente allergica al sole», e che nel caso avesse passato più di qualche ora all’esterno avrebbe sofferto pesanti emicranie.
Qualche settimana dopo la telefonata, Hannan ricevette un pacco: Vanderbilt gli aveva spedito una mazza Oracle con il suo nome inciso sopra. Hannan cominciò a utilizzarla e scoprì di apprezzarla moltissimo.
«Il concetto del MOI vicino allo zero rimase piuttosto astratto nella mia mente fino al momento in cui provai Oracle per la prima volta. Mentre altri putter traballavano dopo essere chiamati indietro dal movimento del braccio, Oracle no – un segno, pensai, della stabilità necessaria per progettare le ali dei velivoli stealth, che lei spesso citava come fonte di ispirazione durante la progettazione del putter. Mi sembrava che tutto quello che avessi da fare fosse tenere in mano la mazza, scegliere una traiettoria e colpire la palla; e che questa sarebbe andata esattamente in quella direzione. La mazza non si sarebbe opposta. La provai sul campo. Non riuscii a migliorare, ma non vedevo l’ora di sentire gli “ooh” e gli “aah”, dagli sconosciuti che mi vedevano estrarre la pallina dalla buca con Oracle. Mi piaceva un sacco raccontare la storia dietro l’invenzione della mazza. Aveva reso una normale partita di golf in un atto di seduzione. E questo perché Oracle mi aveva dato molta più fiducia in me stesso».
Nell’articolo non viene chiarito se Oracle funzioni davvero: ci sono in giro diversi pareri favorevoli e altrettanto contrari; Hannan stesso non ha saputo spiegare se la sua personale impressione non fosse dovuta alle proprie grandi aspettative.
Qualcosa però non torna
All’epoca Hannan era in procinto di sottoporre il suo articolo alla redazione di Grantland: scrisse una mail a Vanderbilt per ringraziarla, chiederle ulteriori spiegazioni riguardo un documento tecnico che aveva ricevuto riguardo il MOI e, infine, chiederle di confermare alcune cose riguardo la sua vita privata che aveva intenzione di includere nel pezzo. Vanderbilt se la prese molto. Gli rispose accusandolo, fra le altre cose, di aver «capovolto la parola data, in quanto neofita nel modus operandi della comprensione della scienza di Yar». Insospettito da questo improvviso cambio di atteggiamento, Hannan decise di indagare più a fondo.
Scoprì che non c’era traccia di alcuna “Essay Anne Vanderbilt” negli archivi dell’MIT, né in quelli dell’Università della Pennsylvania. Né negli archivi comunali di Boston o di Washington. In generale sembrava non esserci alcun documento riguardo una Essay Anne Vanderbilt precedente ai primi anni Duemila.
Hannan trovò però i documenti di una causa intentata da Essay Vanderbilt contro la città di Gilbert, Arizona, risalente al luglio del 2007. Vanderbilt aveva accusato tre dipendenti comunali di molestie sessuali nei propri confronti. I documenti indicavano inoltre che nel 2006 Vanderbilt aveva lavorato come impiegata in un centro di riparazioni per automobili. Vanderbilt perse quella causa. In aggiunta, per un altro caso, nel 2011 fu condannata a pagare quasi 800mila dollari a un costruttore edile. L’anno successivo fu costretta poi a dichiarare bancarotta, a fronte di debiti per circa un milione di dollari.
Hannan contattò allora Leland Frische, un dirigente del comune di Gilbert, che confermò che Vanderbilt aveva lavorato per loro: aveva fatto richiesta per un posto da dirigente ma fu invece assunta con una qualifica assai minore. Frische aggiunse che Vanderbilt non perdeva occasione di rimarcare quanto fosse troppo qualificata per svolgere quel lavoro, e che aveva trattato male sia il suo capo che i suoi colleghi in varie occasioni. La licenziarono e a quel punto lei avviò le pratiche per la causa. Il comune cominciò allora a investigare su di lei. Scoprì che probabilmente nel corso degli anni aveva cambiato nome, e le chiesero di rivelargli il suo vero nome. Lei rifiutò, ma più avanti accettò di far cadere le accuse nei confronti del comune, il quale abbandonò le ricerche sul suo conto. Frische, a quel punto, suggerì ad Hannan di considerare l’idea che la dottoressa V. avesse negli anni cambiato sesso, e che un tempo fosse un uomo. Hannan scrive: «un brivido percorse la mia schiena».
Hannan indagò ancora e scoprì che la dottoressa Essay Anne Vanderbilt era nata come Stephen Krol il 12 luglio 1952. Ricostruì che fu sposata due volte, e il cognato di una delle mogli gli disse che aveva almeno due figli. Era stata un meccanico in un distributore della compagnia Sunoco a Bucks County, in Pennsylvania. Aveva fatto causa alla Sunoco, e in un secondo tempo lasciò cadere la denuncia. Si era trasferita in Arizona dopo aver sposato la sua seconda moglie, nel 1997. Aveva avviato le pratiche per cambiare nome a Pierce County, nello stato di Washington. Nello spazio riservato alle motivazioni, scrisse: «IL VECCHIO NOME NON MI RAPPRESENTA PIU’». Negli ultimi anni lavorò come direttrice di un bar per omosessuali a Kent, nello stato di Washington. Infine conobbe Gerri Jordan, che divenne la presidente di Yar Golf. Hannan scoprì inoltre che Vanderbilt nel 2008 aveva tentato di uccidersi, chiudendosi dentro a un macchina accesa nel proprio garage. Attaccato al finestrino dell’auto c’era un biglietto sul quale si leggeva: «dite alla bella Gerri che l’amo».
In cerca di ulteriore materiale per il pezzo, Hannan contattò anche Phil Kinney, un pensionato che aveva investito nella Yar Golf circa 60mila dollari. Kinney raccontò che aveva poche speranze di avere i propri soldi indietro e che aveva avuto diversi scontri personali con Vanderbilt, ma che continuava a considerare Oracle un ottimo prodotto. Hanna scrive, nel passaggio che poi sarà forse il più contestato dell’intero articolo: «La cosa più sorprendente della mia conversazione con Kinney è stata il fatto che sia rimasto assolutamente calmo dopo che gli ebbi detto che l’astrofisica che conosceva era stata in realtà un meccanico: un uomo. Disse: «beh, suppongo di essere un bel credulone. [Però] Avrebbe potuto prendere i miei soldi e scappare. Ma non lo fece. Li prese e realizzò un grande prodotto».
L’ultimo scambio di mail fra Hannan e qualcuno della Yar Golf avvenne mesi prima, quando la presidente Jordan gli rispose che il suo articolo avrebbe dovuto essere pubblicato «sul National Enquirer [uno screditato tabloid americano], giusto accanto all’articolo sui marziani». Dopo la conversazione con Kinney, la presidente Jordan lo chiamò al telefono offrendogli di studiare alcuni documenti che provassero che Vanderbilt avesse frequentato sia l’MIT sia l’Università della Pennsylvana; Hannan però, in cambio, avrebbe dovuto firmare una liberatoria che gli avrebbe impedito di scrivere della vita privata di Vanderbilt.
Hannan rifiutò. Jordan interruppe la conversazione augurandogli di «provare a vivere da persona perbene». Vanderbilt scrisse ad Hannan un’ultima mail, in cui in modo piuttosto sconclusionato tentava di avvertirlo che i documenti di cui era entrato in possesso erano riservati e protetti dalla legge contro l’odio di genere. Hannan ricorda che in varie conversazioni avute con Vanderbilt era stato accusato di essere una spia assunta da un’azienda rivale, e a volte minacciato. Durante la loro ultima conversazione, Vanderbilt disse ad Hannan: «non hai idea di quello che sono capace di fare». Fu l’ultima volta che sentì la voce di Vanderbilt, che il 18 ottobre fu ritrovata morta nel proprio appartamento con un sacchetto di plastica attorno alla testa e un flacone vuoto di pillole non identificate sul bancone della cucina.
«L’unica persona che può fornire un finale adeguato a questa storia è colei che le ha dato inizio. Queste cose me le disse durante la nostra ultima conversazione, quando stava confusamente cercando di convincermi di cose che non avevano alcuna possibilità di essere vere. Ma sebbene sembrassero provenire da una persona disperata in uno dei momenti più complicati della propria vita – che peraltro ne aveva visti parecchi – era difficile controbattere. “Nessuno conosce la mia vita tranne me. Tu non sai quale sia la verità”».
Dopo la pubblicazione
L’articolo è stato pubblicato il 15 gennaio e da subito è circolato moltissimo online. Per due giorni aveva generato quasi soltanto complimenti, a fronte di una storia effettivamente eccezionale. La cosa strana, secondo il direttore di Grantland, è che le prime lamentele sono arrivate soltanto due-tre giorni dopo la pubblicazione. Improvvisamente moltissime persone stavano scrivendo ad Hannan su Twitter accusandolo di aver contribuito al suicidio di Vanderbilt e di avere tenuto nell’articolo un atteggiamento scorretto, irresponsabile e sostanzialmente omofobo, per aver fatto outing di Vanderbilt – rivelare la sua prima identità di genere – senza il suo consenso e senza pensare alle conseguenze.
Dopo moltissime polemiche, ESPN si è scusata brevemente per la pubblicazione del pezzo. Lunedì 20 gennaio Grantland ha ospitato due editoriali sul tema: uno di Christina Kahrl, una giornalista transessuale di ESPN che si occupa prevalentemente di baseball, e uno del direttore Bill Simmons.
Nel suo articolo, Kahrl spiega che Hannan è stato disonesto e poco accurato:
«Non era compito di Grantland sputtanare Essay Anne Vanderbilt, ma è stato fatto ugualmente, senza pensarci. Non solo con la pubblicazione postuma della storia – quel tipo di crudeltà gratuita è comune negli omicidi di vittime transessuali nel nostro paese. No, quello che ha fatto Hannan è più grave ancora: dopo aver fatto l’inevitabile scoperta che il passato di Vanderbilt non reggeva, non l’ha rassicurata sul fatto che la sua identità sessuale non fosse pertinente al problema più grande che la sua storia aveva evidenziato. Ha invece condiviso la sua notizia con uno degli investitori della sua compagnia, in un meraviglioso momento “ti-ho-beccato” che evidenzia quanto poco importasse ad Hannan della sua identità sessuale».
Nel suo lungo editoriale, invece, Simmons racconta cosa è successo dopo che il pezzo fu consegnato da Hannan, e il lungo processo precedente alla pubblicazione che coinvolse decine di persone. Simmons riconosce che «abbiamo fatto una cazzata» e si prende la responsabilità di aver preso la decisione definitiva di pubblicarlo.
«Hannan ha interagito con Vanderbilt un numero limitato di volte e non l’ha mai minacciata di “sputtanarla” su Grantland. Stava raccontando una storia e verificando cose che non tornavano con la versione fornita dalla donna. Tutto qui. Ha solo scoperto delle cose facendo domande in giro. È quello che fanno i giornalisti. Lei ha venduto un putter “magico” millantando credenziali che non aveva. Tutto ciò che aveva detto a Caleb, tutto, si è rivelato falso. Non c’è stata nessuna persecuzione. Nessun tampinamento. L’errore più grosso di Caleb? Sputtanare la dottoressa V. rivelando il suo passato di uomo a un suo investitore, mentre lei era ancora viva. Non credo che abbia capito le conseguenze morali di quel gesto, e, francamente, non lo aveva capito nessuno nemmeno qui a Grantland. Io stesso l’ho capito ieri, dopo averne discusso con Christina Kahrl. Ma questo riguarda la nostra ignoranza collettiva riguardo i problemi che affronta la comunità transessuale, e da qui il nostro errore più grave: non aver approfondito la questione prima di decidere se pubblicare il pezzo».
Simmons racconta che la redazione affrontò la decisione ponendosi vari problemi: l’aspetto legale rispetto ai possibili problemi successivi alla pubblicazione, l’eccessiva “pesantezza” della storia, le accuse riguardo l’avere in qualche modo provocato il suicidio della dottoressa V. e il fatto di omettere possibili riferimenti alla transessualità nel pezzo («e se qualcuno l’avesse scoperto dopo la pubblicazione? Cosa sarebbe successo?»). Simmons aggiunge che «tra 13 e 15 persone hanno letto il pezzo prima della pubblicazione, compresi tutti i caporedattori e il responsabile di espn.com. Tutti sono rimasti sconvolti. Tutti hanno consigliato di pubblicarlo».
«Abbiamo commesso un solo, enorme errore. Ci penso da tre giorni interi, e ho esaurito i modi possibili per incolparmi. Pensavo: «Come è potuto succedere che nessuno di noi ci ha pensato? Come? Com’è possibile che TUTTI abbiamo commesso questo errore?». Eccolo, l’errore: qualcuno vicino alla comunità transessuale avrebbe dovuto leggere la bozza finale di Caleb. Questo non è successo. Nessuno l’ha mai suggerito. Se l’avessimo chiesto a qualcuno, ci avrebbe probabilmente detto queste cose:
1. Manca completamente il contesto. Non avete mai menzionato che nella comunità transessuale il tasso di suicidi è estremamente più alto della norma [Kahrl citava un recente sondaggio per cui il 41 per cento dei transessuali statunitensi abbia provato ad uccidersi]
2. Dovevate chiarire che Caleb non ha mai minacciato Vanderbilt di “sputtanarla”.
3. Dovevate specificare che prima della sua morte non avevate mai parlato della possibilità che la dottoressa V. venisse effettivamente sputtanata.
4. Avete pasticciato sull’uso dei pronomi, lui e lei, per il quale esiste un’apposita guida riguardo il loro utilizzo quando si parla di persone transessuali.
5. La frase «un brivido percorse la mia schiena» suona davvero male.
6. Caleb non avrebbe mai dovuto sputtanare la dottoressa V. con uno dei suoi investitori; l’errore doveva essere ammesso e specificato nelle note del pezzo o in un articolo a parte.
(e, forse)
7. Esiste la possibilità che il pezzo di Caleb abbia coinvolto la dottoressa V. in un modo che non avevate previsto o compreso.