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 2014  gennaio 24 Venerdì calendario

MUSICISTI MALEDETTI


Sesso sfrenato, amori complicati, droghe quanto basta e anche oltre, crisi creative, estasi e disperazione. Non c’è dubbio: le vite di cantanti e musicisti sono già copioni cinematografici e c’è poco da romanzare. Ma ci deve essere qualche altra ragione per spiegare l’ondata travolgente di biopic. Forse il bisogno di realtà, dopo il filone degli eroi da fumetto, o il bisogno di emozioni, visto che abbiamo davanti esistenze spesso votate all’autodistruzione, su e giù nell’ottovolante del successo. Come quella di Janis Joplin, morta di overdose a 27 anni, artista tormentata e straordinaria che avrà il volto di Amy Adams nel film di Lee Daniels "Get It While You Can". C’è tutta una letteratura e una mitologia sul "Club 27", che ha come "soci" Kurt Cobain, Jim Morrison, Brian Jones, Jimi Hendrix e, ultima arrivata, Amy Winehouse. E c’è una costante: la ribellione, sentimento di molti in questi anni difficili, e scelta di vita.
è il caso di Nina Simone, talentuosa interprete jazz e amica di Martin Luther King. Due mariti, una figlia, legami d’amore con uomini potenti e violenti, Nina ha vissuto ovunque, è stata dimenticata e poi riscoperta. A portare sul set i suoi turbanti colorati è Zoe Saldana, criticata perché troppo bianca e bella, nonostante il trucco, le protesi, gli effetti speciali, e la volontà dei produttori di glissare sui dettagli scabrosi per non fare arrabbiare eredi e fan. Sarà il pubblico a giudicare. "Nina", di Cinthya Mort, in post-produzione, uscirà nel 2014. E non è certo l’unico a tradurre in immagini l’aura maledetta che accompagna il mondo della musica, con l’alcol, la coca, le groupie. Per uno come Mick Jagger che non si è fatto mancare niente, donne e droghe di tutti i tipi, follie e sperperi, ed è ancora sul palco, inossidabile, altri cento si sono bruciati, e pochi sono entrati nel mito. Freddie Mercury dei Queen avrà il suo film, anche se il protagonista non c’è ancora (scartato Sacha Baron-Cohen, scese le azioni di Daniel Radcliffe, salgono quelle di Ben Whishaw, visto nel ruolo di "Q" in Skyfall e in "Cloud Atlas"), come l’avrà il trasgressivo Kurt Cobain, fondatore dei Nirvana e profeta grunge, a vent’anni dalla morte. Diretto da Brett Morgen sotto l’occhio attento della vedova Courtney Love che ricorda il marito "dolce e acido", può contare su una gran quantità di materiale inedito. Pochi sanno che Cobain, notevole artista visuale, ha lasciato un tesoro in fumetti, dipinti, pellicole super 8. Per adesso è uscita una graphic novel di Danilo Deninotti e Toni Bruno,"Kurt Cobain, quando ero un alieno" (e lui era convinto di esserlo). Amy Winehouse avrà un docu-film con la regia ad Asif Kapadia, che ha firmato "Senna", una formula narrativa che sta funzionando. La famiglia ha dato l’ok e annuncia che la vita di Amy sarà filmata «con sensibilità, onestà e senza sensazionalismo», un mix cinematograficamente poco promettente. Ma potremo scoprire dettagli curiosi e intimi della ragazza maleducata che non voleva andare in rehab. Una valigià piena di foto raccolte poco prima di morire. I suoi vestiti, le sue scarpe. Calamite da frigo, libri per bambini e un tema scolastico, di quando frequentava la scuola di teatro Sylvia Young. La prima chitarra. L’intervista al "David Letterman Show". Amy se n’è andata il 23 luglio 2011, in casa, da sola, alla fine di un percorso straziante di esaltazioni e tonfi, un matrimonio finito male con Blake Fielder-Civil e qualche tentativo di tornare alla normalità. Le ultime apparizioni erano state un disastro: non riusciva neppure a cantare, barcollava sul palco mentre i fan invocavano l’uscita di un nuovo album, ma si sarebbero accontentati di una sola canzone. Apparentemente trasandata, troppo tatuata e truccata, labbra rosse come una ferita aperta, la famosa "cofana" cotonata, non subiva le mode, le creava, ed è da questo concetto che parte il film. Alex, fratello di Amy, vuole che la gente la conosca meglio: «Questo è un flash sulla ragazza che era, una ragazzina ebrea del nord di Londra con un grande talento, una che voleva essere fedele alle sue radici».
Perché loro? Perché così tanti cantanti e musicisti e proprio in questo momento? L’antropologo Ugo Fabietti, ordinario all’Università di Milano Bicocca e autore di importanti testi divulgativi, dice che è logico: «Proprio durante le crisi si avverte il richiamo verso la "vita spericolata" cantata da Vasco Rossi, il bisogno di andare oltre i limiti, oltre la routine, contro un sistema dove ci dicono chi dobbiamo essere, che cosa dobbiamo mangiare, che cosa dobbiamo comprare, come ci dobbiamo vestire. Alla domanda di normalizzazione, queste vite rispondono con un no, esaltano il talento, la volontà di esprimersi e valorizzare la diversità. Diventano modelli di stile, di successo per i giovani - pensiamo ai grandi concerti, alle folle adoranti - di trasgressione. Non ce ne siamo accorti, ma sono le nostre divinità laiche, i nostri nuovi super eroi. Anche se non vincono, perché hanno fatto qualcosa di meglio: hanno lasciato una traccia».
Spesso, però, il prezzo di questa parziale immortalità è davvero troppo alto. Che dire di Jeff Buckley, annegato nel Wolf River a trent’anni? Figlio d’arte (il padre Tim è stato un grande cantante), ha fornito materiale per tre film: "Greetings from Tim Buckley" di Dan Algran, con Penn Badgley (Dan di "Gossip Girl"), "A pure drop" dell’australiano Brendan Fletcher e "Mystery white boy" di Jake Scott. Jeff, spaventato dal confronto con il padre, trova il coraggio di esibirsi nel ’91 e da lì inizia una carriera culminata con una delle raccolte più amate di sempre, "Grace". Molti lo ricordano per "Hallelujah", di Leonard Cohen, d’accordo nel dire che in fondo al Wolf River si è spenta una stella. Non che l’annegamento sia una fine frequente (lo è di più la droga) ma è toccato anche a Dennis Wilson, batterista dei "Beach Boys". Ospite sullo yacht di un amico, si è buttato in acqua ubriaco per recuperare un oggetto perso in mare sei anni prima (non era in sé, ovviamente). Come soggetto non è male: il film è "The Drummer", con Aaron Eckart. Amico di Charles Manson, tristemente noto perché la sua setta è stata responsabile dell’assassinio di Sharon Tate, sposato cinque volte (due con la stessa donna) Wilson ha abusato di qualsiasi sostanza nociva, alcol, fumo, e droghe, arrivando al tuffo fatale a 39 anni.
«La musica tocca corde profonde. Chi la sa leggere ha una marcia in più», spiega Laura Bonato, che insegna Antropologia culturale all’Università di Torino e da ragazza ha lavorato per anni in una radio che proponeva rock, soul, blues: «Comporre non è come studiare economia. Dare voce alla rabbia o al disagio esistenziale di una generazione, come è successo con il rock e con il punk, significa mettere in moto complessi meccanismi di identificazione. Prendiamo gli anni Cinquanta, quando il rock si è assunto il compito di sovvertire la morale dell’epoca. Oggi siamo nella stessa situazione: crisi di valori, sogni traditi, voglia di cambiamento, trovano nella musica un livello potente di espressione (alcuni cantanti sono veri performer, artisti a 360 gradi). E non bisogna sorprendersi se a Parigi, al cimitero Père Lachaise, la tomba più visitata - turismo macabro, d’accordo - è quella di Jim Morrison; se fioriscono leggende metropolitane sul fatto che Elvis Presley sia ancora vivo e qualcuno cominci a dirlo anche di Michael Jackson. Abbiamo un bisogno disperato di miti e il nostro modo di farli ri-vivere è raccontarli attraverso il cinema, il luogo dove si consacra la cerimonia del ricordo».
Tra poco, il primo ciak per il film sul genio del soul James Brown, dall’infanzia difficile in Georgia, passando per i trionfi degli anni Sessanta e Settanta, quando era il re delle discoteche, fino agli anni difficili segnati dalla droga e dalle accuse di violenza. Alla regia di "Get up", titolo d’uno dei suoi pezzi più famosi e ballati, c’è Tate Taylor, reduce dal successo di "The Help", mentre Mick Jagger collaborerà alla colonna sonora. Il protagonista è Chadwick Boseman, arruolati d’ufficio anche Octavia Spencer, Viola Davis e Nelan Ellis.
Ci sono poi le grandi operazioni nostalgia (non dimentichiamo che Hollywood punta al business). C’è la voglia di rievocare giorni felici, quando nessuno sapeva che lo fossero. Mickey Summer, figlia di Sting e Trudy Tyler, era emozionata quando le hanno proposto di interpretare una leggenda vivente come Patti Smith in "Country Bluegrass and Blues" (CBGB) nome del locale di New York dove hanno suonato le più grandi band punk-rock. Ci sono tutti: Joel David Moore è Joey Ramone, Kyle Gallner è Lou Reed, Taylor Hawkins è Iggy Pop mentre Malin Akerman è Debbie Harry dei Blondie. In America è uscito l’11 ottobre ed è piaciuto.
Ma per ogni film che arriva, partono altri dieci progetti. Il più intrigante è "Last Train to Memphis", biopic su Elvis Presley. Basato sul bestseller di Peter Guralnick, racconterà la sua trasformazione da studente irrequieto a star. Le selezioni sono già cominciate. La 20th Century Fox ha aperto il sito Internet "Young Elvis Casting": ci si può candidare inviando un tape contenente dalle sei alle otto battute musicali delle canzoni di "The King". Se qualcuno ha voglia di provarci, buona fortuna.