Vittorio Malagutti, L’Espresso 24/1/2014, 24 gennaio 2014
PATRIOTA ANCH’IO
Ad Antonio Percassi piace remare controcorrente. Mentre i soci imprenditori di Alitalia, i patrioti di berlusconiana memoria, non vedono l’ora di abbandonare la barca, lui è salito a bordo con l’aria di chi si appresta a fare una piacevole scampagnata. Il biglietto d’ingresso è costato all’incirca 15 milioni. In cambio, il nuovo investitore ha ricevuto quasi il 4 per cento del capitale di una società scampata (per ora) al disastro grazie all’intervento delle banche creditrici (Intesa Sanpaolo e Unicredit) e ai soldi pubblici delle Poste. Mossa azzardata, sentenzia più di un osservatore nel mondo finanziario. Un patriota fuori tempo massimo, scherzano altri. Ma Percassi, 60 anni, bergamasco di Clusone in Val Seriana, noto al mondo sportivo e non come presidente dell’Atalanta calcio, rischia a ragion veduta. A sottoporgli l’affare Alitalia è stata Intesa (primo azionista della compagnia aerea) e non era facile rispedire al mittente l’offerta.
L’istituto milanese, in particolare la controllata Banca Imi guidata da Gaetano Miccichè, è di gran lunga il principale sponsor del gruppo controllato dall’imprenditore lombardo. Un gruppo diviso in due. Da una parte l’immobiliare, che punta sullo sviluppo di outlet e centri commerciali. Dall’altro la moda: dall’abbigliamento (negozi con marchio Nike, Levi’s, Polo Ralph Lauren) ai cosmetici Kiko. Proprio l’Imi di Micciché ha organizzato il pool di finanziatori che negli ultimi anni, a più riprese, ha fornito il carburante necessario per il lancio del marchio Kiko. Un successone. L’azienda che vende ombretti, smalti, creme e profumi grazie a una rete di oltre 500 punti vendita si sta dimostrando una vera macchina da soldi. Nel 2012, ultimo bilancio disponibile, i profitti di Kiko hanno toccato quota 47 milioni su 360 milioni di fatturato, in crescita di quasi il 70 per cento sull’anno precedente. L’espansione però costa cara ed è stata Banca Imi a organizzare i prestiti in pool (l’ultimo per 150 milioni risale a pochi mesi fa) necessari per finanziare lo sviluppo.
Secondo indiscrezioni sarebbe stata Intesa a fornire anche i 15 milioni per pagare le azioni Alitalia. Conferme in merito per ora non ce sono, anche se va detto che la nuova avventura non è certo la più importante tra le tante operazioni concluse di recente da Percassi. Il quale, meno di un anno fa, ha diviso la sua strada dal resto della famiglia. Con un contratto datato 12 luglio 2013 il presidente dell’Atalanta ha rilevato il 20 per cento circa della holding Smalg intestato ai suoi due fratelli Rino e Santo e agli eredi del terzo, Giuseppe, scomparso diversi anni fa. Il compratore si è impegnato a pagare ai parenti 71,8 milioni. Come dire che in quell’occasione il gruppo è stato valutato oltre 350 milioni di euro.
Una volta chiusa la partita famigliare, l’attivissimo Percassi non ha rinunciato a mettere una chip anche in Alitalia. Una scelta che per la prima volta ha proiettato il riservatissimo imprenditore bergamasco sul palcoscenico di un affare di portata nazionale. «A 23 anni avevo imparato a correre ma volevo continuare a farlo confrontandomi su terreni più affascinanti di un prato verde», ha raccontato di recente Percassi rievocando i giorni in cui decise di abbandonare la carriera di calciatore professionista con l’Atalanta per diventare imprenditore. La prima scommessa si rivelò quanto mai azzeccata: una catena di negozi in franchising con il marchio allora in grande ascesa degli United Colors. Ancora adesso Percassi ricorda Luciano Benetton come un grande amico e maestro. Ben presto però l’allievo si mise a correre sulle sue gambe. Prima importando in Italia marchi come Calvin Klein, Guess, Tommy Hilfiger. Poi, nel decennio scorso, con Zara, i rivali spagnoli di Benetton. Infine buttandosi a capofitto nel business dei centri commerciali. Uno su tutti: Oriocenter, decine di negozi a due passi dall’aeroporto bergamasco di Orio al Serio. E poi il Franciacorta outlet village, nel bresciano, per finire, più di recente, con il Sicilia outlet, sull’autostrada Palermo-Catania, a 20 chilometri da Enna.
Percassi trova i terreni, ottiene i permessi edilizi, sviluppa il progetto per poi cedere a terzi la gestione del centro commerciale. È un percorso a ostacoli. Per arrivare al traguardo sono indispensabili i via libera della politica e delle banche. Il nuovo socio di Alitalia ha sempre dimostrato di sapersi muovere con abilità su entrambi i fronti. Dei legami con Intesa si è detto. Cattolico, democristiano per tradizione famigliare, l’imprenditore bergamasco ha coltivato ottimi rapporti anche con gli uomini delle istituzioni. L’ex governatore lombardo Roberto Formigoni, 18 anni in sella tra dal 1995 al 2013, era un suo fan. Ma per non sbagliare, le società di Percassi hanno finanziato anche le fondazioni di Filippo Penati, l’ex presidente della provincia di Milano targato Pd. Se poi c’è da rilanciare il centro termale di San Pellegrino, nella bergamasca, ecco che anche il nuovo governatore lombardo, il leghista Roberto Maroni, è pronto a dar man forte al progetto targato Percassi garantendo investimenti pubblici per milioni di euro.
Il lieto fine non sempre è assicurato. A Segrate, per esempio, alla periferia est di Milano, è da anni sulla rampa di lancio il progetto di un centro commerciale, uno dei più grandi d’Europa con 150 mila metri quadrati di superficie commerciale. Formigoni e Penati a suo tempo diedero il loro via libera nonostante le proteste degli ambientalisti per la moltiplicazione del traffico in un’area già congestionata. Di recente è stato siglato anche un accordo col gruppo pubblico Fintecna, proprietario di una parte dei terreni. Tutto inutile: i lavori non partono. E così, in attesa di tempi migliori, Percassi ha puntato sull’ex compagnia di bandiera. Mica per niente: il centro commerciale di Segrate sorgerà a due passi dall’aeroporto milanese di Linate. Tanto di guadagnato, allora, se Alitalia continua a volare. Più passeggeri, più clienti nei negozi.