Paolo Siepi, ItaliaOggi 24/1/2014, 24 gennaio 2014
PERISCOPIO
Chi, da queste ultime vicende politiche ne esce male, malissimo, rimpicciolito oltre ogni misura ragionevole, è Enrico Letta. Prometteva qualcosa, perbene e beneducato com’è, ma ha mantenuto niente. Giuliano Ferrara. Il Foglio.
Lo scandalo delle tessere fasulle nel Pd era prevedibile. Mentre i riflettori erano accesi sullo scontro nazionale, a livello locale è proliferato un processo di frammentazione senza precedenti. In pratica si è affermato un arcipelago di notabili di apparato che usano due canali di raccolta e misurazione del consenso: il voto degli iscritti attraverso le primarie e la preferenza unica. ilvenerdì.
Berlusconi è lui, e sempre lui, solo lui lo statista in grado di prendere decisioni e fare scelte visionarie e lungimiranti. Dal ritorno di Forza Italia, ai Club Forza Silvio, all’intesa con Renzi sulla legge elettorale. E questo solo negli ultimi sei mesi. Forza Presidente, lungimiriamo con lei. Renato Brunetta, il Mattinale del Gruppo Forza Italia della camera.
Scriveva Bastiat nel 1848: «Ecco ciò che ipotizzano i comunisti partigiani della sovranità del popolo: Essi suppongono che la ragione umana abbia il potere di scoprire le leggi (...) e che, nella pratica, sia a seguito di un libero dibattito tra le opposte opinioni che queste leggi si scoprono (...) che se non c’è l’unanimità, se c’è divisione anche dopo la discussione, sia la maggioranza ad avere ragione (...) di conseguenza essi decidono che le decisioni a maggioranza debbono fare legge, e che la minoranza sia tenuta a sottomettersi». Bastiat scrive queste cose prima del trionfo di Marx tra i comunisti, e prima della catastrofe russa. Ma la sua definizione del comunismo, come abuso del principio di maggioranza applicato dovunque e perciò perverso, resta più interessante e vera anche dopo la fine dell’Urss e dei partiti comunisti emanati dal marxismo. Geminello Alvi, Il capitalismo. Marsilio.
La forza di conservazione e di espansione di una società è quasi sempre nella intensità del suo sentimento religioso. «Si vous avez une burgade à gouverner», disse Voltaire, «il faut qu’elle ait une religion» (se voi avete una borgata da governare bisogna che essa abbia una religione, ndr). Ma le religioni, come tutte le creazioni della storia, seguono un ciclo. Al principio, sono ricche di élan vital (di spirito vitale, ndr): sono aggressive, passionali, impetuose. Poi, a poco a poco, perdono del loro slancio vitale, e si burocratizzano, si sclerotizzano, invecchiano. Viene la ragione, e mette tutto in discussione: critica la religione, la analizza, la dissecca, la uccide. E dà inizio alla disgregazione della società. Augusto Guerriero, Tempo perduto. Mondadori, 1959.
Dicono Travaglio e il Tonino del Terzo millennio: «Mori assolto ma i fatti li ha commessi, solo che per i giudici non è reato». Uno: in tribunale si va anche per quello, per cioè stabilire se i fatti sono reato o no. Due: i moralisti un tanto al chilo hanno cambiato idea. Infatti dissero: «È stato assolto, punto». Accadde quando l’ineffabile gip bresciano decise che auto, prestiti, telefonini e abiti Tincati del Tonino del secondo millennio non erano reato. Frank Cimini. Il Foglio.
Giuseppe Mazzini o il conte di Cavour? Sappiamo che nel Risorgimento convissero e si confrontarono due diverse idee di nazione. L’una, di origine illuministica, che concepiva la comunità politica come una comunità di cittadini, e che era impersonata dalla prassi di Cavour. L’altra, di origine romantica, che concepiva invece la nazione come una comunità di credenti, e che si incarnò nella predicazione di Mazzini. In teoria fu l’idea liberale di Cavour a prevalere. In pratica, nello stesso stato liberale, i liberisti coerenti si trovarono presto all’opposizione, e prevalsero, via via, il nazionalismo, il socialismo e il fascismo: tutti, in un modo o nell’altro, imparentati con la visione mazziniana, anche se presumibilmente, nei suoi esiti finali, Mazzini non si sarebbe riconosciuto. Roberto Vivarelli, Italia 1861. Il Mulino.
La Russia, insieme a Israele, è l’unico paese industrializzato dove, negli ultimi vent’anni, la percentuale della popolazione che si dichiara religiosa è cresciuta. E negli ultimi cinque anni, i matrimoni e le nascite hanno ripreso ad aumentare e il numero degli aborti a diminuire. Rodolfo Casadei. Tempi.
Le zone (che le popolane della mia città chiamano con riservatezza «da bass», in basso, ingentilito con la zeta nella versione italianizzata: ho un disturbo al «dabbazzo») sono attualmente teatro di un’offensiva martellante: ondate di pannolini per infanti e signore e pannoloni per la terza età hanno schiuso la nuova era assorbente: il sistema metrico decimale è stato travolto, la carta igienica si misura a piani, le antiquate saponette polivalenti sono state sbaragliate da reparti di flaconi, intimi, lavande intime, detergenti intimi, salviette intime, senza spray non c’è più intimità: se una signora attacca a dire: «Sinceramente nel mio intimo», crea subito equivoci genitali. Luca Goldoni, Lei mi insegna. Mondadori.
Il Ginetta finì col trovarsi a capo di un gruppo di rifiuti del fascismo: il Cercueil, respinto a causa dei suoi precedenti penali troppo specifici, il Pelitti perché, mancando dell’indice e del medio della mano destra, non poteva eseguire il saluto romano senza fare le corna, il Bordigoni per ignavia e per il ridicolo aspetto della sua persona. Piero Chiara, Il balordo. Mondadori, 1967.
L’aroma dolce e un po’ orientale delle caldarroste investì i ragazzi, come ogni giorno all’uscita di scuola, simile al profumo della libertà. Con la sua strizzatina d’occhio, la sua manaccia carbonizzata che entrava nelle tasche colme di castagne, nessuno più di Gigi il caldarrostaio abbatteva in un attimo la tirannide del professore, sostituiva alla disciplina tetra dell’aula la festosa anarchia della strada. Le scolaresche irruppero fuori dall’edificio come se scappassero da una casa in fiamme. Quelli delle classi più piccole, con risa e schiamazzi, salti e piroette, sembrava che si sarebbero sollevati in volo se la zavorra delle cartelle non li avesse trattenuti sul selciato. Gigi li aspettava sull’altro lato del marciapiede facendo saltare le castagne nella padella. «Gigi! Un soldo...Due soldi...A me. Non darmele marce!». E lui rideva e serviva sotto il berrettone unto, a visiera. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori, 1963.
Non ne posso più di poterne ancora. Roberto Gervaso. il Messaggero.