Stefania Ulivi, Corriere della Sera 24/1/2014, 24 gennaio 2014
FABIO E LA PROVA DEL DNA: ORA MI CHIAMO MODUGNO VOLEVO VERITÀ, NON VENDETTE
Come nome d’arte continuerà ad utilizzare quello che per 28 anni ha pensato fosse il suo, Fabio Camilli, ma per l’anagrafe ormai di cognome fa Modugno. È il figlio non più segreto del Mimmo nazionale, nato a Roma nell’agosto 1962, su cui la stampa ha iniziato a ricamare da almeno un decennio. Il Tribunale di Roma nei giorni scorsi gli ha dato ragione, riconoscendo i suoi diritti come erede di Domenico Modugno. «La soddisfazione più grande è sapere che avevo ragione, che la verità è stata riconosciuta seppur con i tempi, lentissimi, della giustizia».
Una vicenda che ha dell’incredibile, racconta l’attore al Corriere della Sera . «Io stesso l’ho scoperta per caso, grazie a quello che all’inizio sembrava un pettegolezzo. Con il terzo figlio di Modugno, Marcello, ci conosciamo da tempo, frequentavamo gli stessi ambienti dello spettacolo. Spesso ci facevano notare la somiglianza tra noi, ci scherzavamo su. Un giorno una mia amica — con cui avevo avuto una relazione e che poi si era fidanzata con Marcello — mi raccontò una sua confidenza: le aveva svelato che eravamo fratelli, pregandola però di non dirmi nulla». Glielo disse, invece. «Per me fu una cosa sconvolgente. Come fai a credere che quello che pensavi fosse tuo padre per quasi trent’anni in realtà non lo era?».
Si chiamava Romano Camilli, ingegnere, lo chiamavano «l’angelo custode del Sistina». Morì nel novembre 1994, pochi mesi prima della scomparsa di Modugno. Collaboratore di Garinei e Giovannini si occupò per decenni delle relazioni publiche del teatro. Lo stesso teatro dove lavorava come coreografa la madre, Maurizia Calì, che incontrò Modugno per il Rinaldo in campo . «Ci ho messo del tempo a parlarne. Lo feci con un amico di famiglia e mi resi conto che il pettegolezzo girava da tempo. Come in un Truman Show : gli altri sapevano. Io no». Anche Marcello e gli altri figli di Modugno sapevano, sostiene l’attore che alterna il teatro con la fiction (Romanzo criminale , la serie Una mamma imperfetta dove interpreta il collega di studio della protagonista Chiara). «Certo che ne parlai con Marcello. E all’inizio la reazione fu: siamo amici, questo ci lega di più. Tutto cambiò dopo la pubblicazione di un articolo sul Foglio che nel 2001 raccontava la mia storia. Per loro sono diventato un nemico, mi hanno dato del mitomane, truffatore. A quel punto è iniziata la mia battaglia legale durata 13 anni. È stato durissimo, devo dire grazie al mio avvocato Gianfranco Dosi». Il legale che ha commentato nei giorni scorsi la sentenza («Giusta, ben scritta e ben motivata che mette in evidenza anche tutte le resistenze che hanno fatto i figli di Modugno in questi anni. Nel rispetto della verità dei fatti e delle scelte che hanno fatto parte della vita di Modugno, che è stato un grande uomo, tutti questi anni di tribunali e palazzi di giustizia si sarebbero potuti evitare») mentre il suo assistito era travolto di richieste di interviste e apparizioni tv. Tutte declinate. «Sto cercando di non farmi travolgere. Di vivere la mia vita. Questa vicenda ha cambiato tutto, anche il legame con mia madre». Inizialmente negò tutto. «Ha negato fino all’ultimo. Per un po’ non ci siamo parlati. A parte il supporto continuo di mia sorella, maggiore di due anni, spesso mi sono trovato solo». Ora il rapporto con la madre è ricucito. «Anni di analisi mi hanno aiutato».
Quello con Marcello, Marco e Massimo — nati dal matrimonio del cantante con Franca Gandolfi — suoi fratelli come ha stabilito il tribunale dopo la prova del dna, certamente no. La battaglia legale continuerà. E la questione, ora, è tutta economica. In ballo gli aspetti patrimoniali, anni di diritti d’autore Siae. Un contenzioso esplosivo. «Capisco che ci sia chi pensa che questa sia stata la spinta, ma per me invece è stato secondario rispetto all’importanza di sapere chi sono e di essere riconosciuto come tale».
Pensare che nel 2001 Marcello (in arte Mercuzio) e Fabio, entrambi appassionati di musica, scrissero un pezzo a quattro mani. Fatto di te s’intitolava.