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 2014  gennaio 23 Giovedì calendario

L’ILLUSIONISTA


[Rosario Crocetta]

Sono 38 le pagine. Ma non ce n’è una, nella legge di stabilità che la Regione Siciliana ha appena approvato, in cui non vengano assegnati gettoni, rasserenate panze e precari, mantenuti lettighieri senza lettiga, forestali fraudolenti, acquedotti senza acqua, «liquidatori di società già poste in liquidazione».
In Sicilia l’unico bilancio economico è lo scialo. E però neppure il presidente Raffaele Lombardo, che era campione di spregiudicatezza, si era tuttavia spinto dove è approdato il suo successore Rosario Crocetta con il bonus della vergogna. È questa la pezza più spudorata della legge finanziaria siciliana, e come tutte le mascalzonate è impilata alla fine del testo (art. 47 comma 16): un capoverso che in poche righe riconosce ai pensionati di ben 14 anni fa un’integrazione sulla già regale pensione da dipendenti regionali, quell’indennità di posizione e di risultato che solo successivamente è stata istituita e che a distanza di un decennio si vedrebbero assegnata. Parliamo delle solite quiescenze da emirato arabo che si tradurrebbero in infamia, come prevedono gli stessi studi fatti in regione, dato che un direttore generale che oggi percepisce 100 mila euro lordi passerebbe a 199 mila, mentre un funzionario regionale beneficerebbe di un abbuono di circa altri 4 mila euro (passando da 39 a 43 mila).
Con l’attenuante nobile quanto plebiscitaria del «noi non facciamo macelleria sociale», Crocetta in due anni è riuscito a fare della Sicilia una socialdemocrazia alla ricotta, il vaso in cui tutti i poveri diavoli senza lavoro possono continuare ad affondare la forchetta. Pure Luca Bianchi, assessore all’Economia, galantuomo di partito e proprio di quel Pd che ha appena tolto la fiducia a Crocetta, sa che questa finanziaria è il solito fascicolo diseducativo di clientele: la conferma che in Sicilia l’unica multinazionale è la stessa Sicilia. Palese è qui l’oltraggio che questo consiglio regionale infligge all’Italia affamata con i 180 milioni di euro che anche quest’anno vengono assegnati a 28.542 mila forestali. Attenzione: sono gli stessi forestali che, come ha rivelato Crocetta, avevano diritto al rimborso chilometrico costato nel solo ultimo anno 20 milioni e che ha scandalizzato l’Unione Europea. Qui infatti i dirupi sono emolumenti, le baite sono seggi senatoriali, la cresta è scienza politica e la doppiezza di Crocetta («sul taglio ai rimborsi chilometrici non faremo passi indietro») è il machiavellismo straccione di chi declama ma non cambia. Facendo finta di schiaffeggiare e punire, Crocetta ha infatti disposto il rinnovo del turn over di questo battaglione, insomma una carezza data in privato e la fedeltà assicurata alle prossime elezioni.

Ha ragione Giorgio Ciaccio del Movimento 5 stelle, quando dice che forse questa è una finanziaria pericolosa perché «dà a tutti i precari l’illusione di essere regionali ». Basta leggere l’articolo 30, che promette «l’assunzione a tempo indeterminato» di tutti i precari e tra questi ci sono i misérables di Palermo, 3.516 lavoratori che qui chiamano in acronimo «Pip» (Piano per l’integrazione al lavoro), guastatori che ogni anno incendiano e minacciano la città per estorcere il rinnovo del sussidio e che Crocetta ha gratificato con 24 milioni di euro. Ma i Pip non sono il prodotto di un’emergenza sociale dato che solo con un aspro ostruzionismo, anche questo del M5s, è passata la norma che cancella una volta per tutte da questo elenco coloro che dichiarano un reddito Isee superiore a 20 mila euro, un parametro che rimane già altissimo ma che solo qui è definito emergenza. È faccia tosta e impudenza anche questo fondo Famp che assegna, pensate un po’, 48 milioni e 499 mila euro per gli straordinari dei dipendenti regionali, in una regione che è pletorica quanto la nomenklatura del partito popolare cinese con i suoi 17.993 travet: una carovana per la quale l’ente spende 655 milioni di soli stipendi e altri 682 milioni per pensioni.
Siamo nel vaudeville e Crocetta sembra affetto dalla sindrome di Zelig, e non a caso sono piroette e successivi inganni anche le annunciate chiusure di quei gusci bacati che sono le società partecipate siciliane, aziende che Crocetta aveva dichiarato di voler liquidare, estinguere, sopprimere e alle quali invece oggi destina quasi 39 milioni per il loro malfunzionamento. E torna in mente la Sicilia e-Servizi che il governatore ha affidato come giocattolo e paracadute all’ex magistrato Antonio Ingroia, esodato e bocciato dagli elettori che Crocetta ha ricollocato e spesato. Senza neppure rispetto per il Crocetta liquidatore, il Crocetta governatore dichiara la Sicilia e-Servizi d’importanza strategica, e insieme a essa 11 altre società partecipate. Sicilia e-Servizi è la stessa greppia che è costata 25 milioni l’anno per la manutenzione di software di regione, con 450 mila di euro d’affitto, e che ha svolto la funzione di ufficio di collocamento per figli e parenti di deputati regionali di destra e sinistra per quelle che sono le larghe intese informatiche dello sfincione. Se non fossero le stesse parole pronunciate dall’assessore Bianchi: «Chiudiamo Sicilia e-Servizi e rivediamo il sistema dell’informatica della regione», non si potrebbe rimproverare l’ambiguità che qui diventa linea politica, dissimulazione ed evidente menzogna.

Con lo stesso metodo, la regione ha infatti dichiarato strategica anche la Spi, una società che non ha personale dal settembre 2013, ma che in passato ha spremuto 80 milioni per inventariare gli immobili. E imprescindibile è questa Seus, un’altra partecipata che ha più barellieri che barelle (3 mila dipendenti, di cui 300 amministrativi) e che ha prodotto un danno erariale di 10 milioni di euro: anche questa strategica, indispensabile, irrinunciabile. Non dimentichiamo che Crocetta la stessa cosa ha fatto con le province, che dice chiuse ma che nella legge finanziaria foraggia con 10 milioni.
Leggendo il bilancio della regione viene da pensare che l’unica pratica agricola necessaria nell’isola sia sradicare. E l’esempio migliore è quella pianta ovvero l’Esa (Ente sviluppo agricolo) che non esiste in nessuna regione italiana, ma che sopravvive solo qui come gramigna e che Crocetta si appresta ad abbeverare in questa finanziaria con 12 milioni e 192 mila euro. Ma come dice Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura e coordinatore regionale del Nuovo centrodestra, con la discrezione dell’avversario onesto che non polemizza ma disvela, la debolezza di questa finanziaria è soprattutto nella copertura economica e nella strategia dell’illusione: «Ci sono spese e sussidi; non c’è rigore, non c’è sviluppo. Non si aiutano le famiglie, ma si dice di aiutare le coppie di fatto. Non si razionalizza. Il colpo per la Sicilia è mortale».
Per giustificare un’entrata da 60 milioni di euro, la regione ha messo agli atti la cessione di partecipazioni in società non strategiche, ma è la stessa che si dice pronta, e lo scrive, a riacquistarle qualora non dovessero essere alienate. La cessione maschera il riacquisto ed è il solito trucco contabile dispendioso quanto perverso, non da amministratore ma da broker che cerca di salvare la ditta e se stesso con l’artificio. Ma qui l’unica impresa commerciale è l’amministrazione pubblica che Crocetta maltratta e carica di sovvenzioni distribuite come ente di previdenza, un elemosiniere che legittima l’accattonaggio e l’indolenza dei siciliani.
In questa finanziaria l’unico taglio che esiste è di 100 milioni di euro alla sanità, ed è una ferita che non scompagina e non aggredisce la sanità che in Sicilia è la rendita della politica, il suo business. Sono da inventariare come spese paradossali e però sono, come scriveva Honoré de Balzac, «quelle dimostrazioni in cui il potere prova la propria forza nel singolare abuso di qualche assurdità»: i 200 mila euro destinati al Museo Cozzo Disi di Agrigento, che sono una glossa di questa finanziaria; 399 mila euro al Cerisdi (Centro ricerche e studi direzionali) di Palermo, svergognato sempre da Crocetta: «Lì si organizzano matrimoni»; 399 mila euro per la partecipazione della regione a organizzazioni internazionali; 599 mila euro per «enti ecclesiastici e morali»; 499 mila euro «per iniziative di carattere culturale rilevanti»; 200 mila euro a un ente fantasma come l’Arsea (agenzia incaricata di pagare i contributi europei agli agricoltori) che ha speso 500 mila euro di stipendi e affitti a vuoto senza mai essere operativo ed efficiente; 441 mila euro di «spese per la conduzione di viti americane»; 40 mila euro per lo «sviluppo e propaganda di prodotti siciliani »; 8 mila euro per stampare i tesserini venatori, 5 mila euro per un «notiziario regionale dell’emigrazione e dell’immigrazione».
E ricorda ancora il Lombardo che comprava casse di Giù al Sud, il libro di Pino Aprile, e che voleva la lingua siciliana come materia d’insegnamento, un comma voluto da Crocetta che «avvalendosi delle collaborazioni previste», autorizza la spesa di 200 mila euro «per la redazione e la stampa di manuali di testo da destinare agli studenti siciliani». Crocetta infatti dovrebbe capirlo che non si amministra l’arretratezza e non si ricollocano i dipendenti soltanto con assegni come quelli che la regione da anni ormai devolve alla bellissima Lipari e agli ex dipendenti della Pumex, società di estrazione della pietra pomice, licenziati e incamerati nel piccolo municipio dell’isola come si fa con gli immobili dismessi. Sono 600 mila euro i fondi che in questa finanziaria sono destinati a Lipari e non sono fondi, ma sembrano solo le casse dei viveri che si destinano ai naufraghi.
Questa regione che Crocetta utilizza e amministra come fosse un Monte di pietà non può essere ridotta a un grande ospizio di terremotati e neppure a marchetta internazionale da immolare all’antimafia. Il consenso che Crocetta spaccia e arricchisce di diritti civili, coppie di fatto, cattolicesimo pasticcione e presenzialismo televisivo, non è altro che il solito successo fondato sull’aiuto. Stracciata questa legge finanziaria, la Sicilia rimane un buco nero, il solito deserto imprenditoriale. La Sicilia è ancora la nostra Italia da liberare.