Carmine Fotina, Il Sole 24 Ore 23/1/2014, 23 gennaio 2014
DEBITI PA, NEL 2013 PAGATI 22 MILIARDI
L’operazione sblocca-debiti si è chiusa nel 2013 con poco meno di 22 miliardi pagati ai creditori. Non si è tagliato il traguardo inizialmente fissato per lo scorso anno, 27,2 miliardi, ma nel complesso l’operazione ha messo nel circuito dell’economia reale benzina pari a 1,6 punti di Pil.
La macchina organizzativa è comunque ancora in via di perfezionamento, soprattutto per la parte che spetta alle amministrazioni locali, e manca ancora all’appello la ricognizione dei debiti complessivi che era addirittura attesa per lo scorso settembre. A metà febbraio, assicurano dal ministero dell’Economia, il ministro Fabrizio Saccomanni e il Ragioniere dello Stato Daniele Franco spiegheranno le soluzioni trovate per accelerare il censimento. E nella stessa occasione, con ogni probabilità, proveranno anche a dare una prima risposta alla Ue che, con il commissario all’industria Antonio Tajani, ha preannunciato per l’inizio di febbraio l’invio al Governo italiano della prima lettera di messa in mora per il mancato rispetto della direttiva Ue che fissa tempi certi di pagamento a partire dal 2013 (si veda «Il Sole-24 Ore» del 21 gennaio).
Il bilancio
Innanzitutto, le cifre di partenza: per il 2013 erano disponibili circa 20 miliardi messi a disposizione dal decreto 35/2012 e 7,2 miliardi provenienti invece dal decreto 102/2013. In totale circa 27 miliardi, ai quali si aggiunge la dote di 20 miliardi prevista per il 2014.
Il piano di pagamenti è scattato lo scorso luglio e, alla fine del 2013, ha portato a 24,5 miliardi liberati a favore degli enti debitori, dei quali sono stati poi pagati ai creditori finali 21,6 miliardi(il 79% delle risorse stanziate). Altri 2,9 miliardi sarebbero in arrivo in tempi stretti.
Per Saccomanni l’operazione, «con la quale abbiamo immesso nell’economia reale liquidità vera al ritmo di 3,6 miliardi di euro al mese tra luglio e dicembre, ha influito positivamente sul risultato del terzo trimestre 2013, con la caduta del Pil che si è arrestata, e inciderà sul segno positivo che ci aspettiamo per il quarto trimestre».
Il quadro a livello locale
In particolare, Province e Comuni hanno pagato 5,9 miliardi, Regioni e Province autonome (12,9 miliardi), lo Stato 2,8 miliardi dei quali circa 330 milioni da parte dei ministeri (per il dettaglio si veda la tabella in pagina).
In alcuni casi, le Regioni non hanno chiesto liquidità o non hanno completato tutte le tappe necessarie per chiudere la procedura. Lo stesso ministro Saccomanni ha chiesto un incontro al presidente della Sardegna, regione che non ha fatto pervenire alcun atto in relazione alle risorse (160 milioni) che sarebbero disponibili per pagare i debiti sanitari della prima tranche (quella del decreto 35). In altri casi, le erogazioni pervenute alle Regioni (vedi la Campania) sono leggermente inferiori a quanto firmato nel contratto con il ministero, in attesa dell’approvazione del rendiconto regionale. Più problematica la situazione della Sicilia. Per quanto riguarda i 140,2 milioni relativi al pagamento di debiti non sanitari previsti dal Dl 35 mancano ancora piano dei pagamenti e copertura. Risultano invece «atti regionali in corso di perfezionamento» sui 606,6 milioni previsti, sempre a valere sullo stesso provvedimento, per debiti sanitari. Il caso siciliano è particolarmente complesso ed è arrivata una presa di posizione anche dal mondo confindustriale. «Ci attendiamo che l’assemblea siciliana che è stata convocata per questi giorni, arrivi alla soluzione dello sblocco di queste risorse» sollecita Luca Palermo, presidente di FiseAre (aziende private di recapito), aderente a Confindustria.
I nodi irrisolti
Resta in alto mare la ricognizione dei debiti complessivi, passaggio necessario per capire come utilizzare i 20 miliardi del 2014 e per sbloccare il sistema delle compensazioni con i debiti fiscali. Il Dl 35 stabilisce che la comunicazione delle Pa debitrici, da effettuare attraverso la piattaforma elettronica della Ragioneria dello Stato, equivalga di per sé a una certificazione del credito, indispensabile se un’impresa creditrice in alternativa al pagamento diretto vuole farsi scontare il credito in banca o intende puntare sulla compensazione con i debiti fiscali da accertamento. Ma il censimento sarebbe fermo a poco più di 3 miliardi (oltre ovviamente a quanto già pagato) e sono ancora troppo poche le amministrazioni registrate sulla piattaforma. I risultati ottenuti finora, spiega il ministero, «non sono soddisfacenti, ma si lavora a soluzioni che verranno rese note a metà febbraio». Quando Saccomanni dovrà anche fornire a Tajani le prime risposte sulla capacità delle nostre Pa di pagare (finalmente) i fornitori nei tempi fissati da Bruxelles.